sabato 17 dicembre 2016

279


 - Apeiron -

Il caso per i deboli sentimenti è il trono dei ladri d'amorevoli sogni. I fenicotteri tra le vie sporche, gli zingari sul divano del sonno. La pelle porpora sgualcita nube che applaude, mescola i fili del prato, allucinata ripara la cerniera nel lampo, per chiunque vi passeggi la visuale nella penombra. La lenza rimane impagliata dal poderoso jab. Sul divenire l'equazione ha i numeri che rotolano nella rassegna. Et voilà le jeux son fait, il croupier sferra la spinta. Sulla groppa il cane da cappotto fiuta la recita, tragedia in piume su cui vola l'errata corrige grappa. La felicità un fulmine di miccia esplode tattica sul rombo risorge macro. L'occhio contempla i minuti infagottati maltempo. L'acquisto la sensazione scorrevole ed idilliaca, la pancia vuota della clessidra rovesciata riempie il tempo. Mi raccomando. Di sabbie dorate, nella Chiesa sconsacrata, un pulviscolo di riso da matrimonio, refugium peccatorum dal basso premuto contrabbasso. Inutili gli angeli negli occhi, l'ingegno della danza è la natura non per caso. Festeggio l'entità dell'uomo, nasce, rinasce, rinascerà, nel farlo vede provvede. 

sabato 10 dicembre 2016

278

 - L'appuntamento -

E' la tua conversione che mi regge. In noi l'essenza profuma d'idee l'infinitesimale ci percepisce. A piedi nudi affondo nella battigia, conchiglie insabbiate s'inclinano, non riaffiorano. Di salsedine lieve la tiara depositata sulle tue labbra. Vi scorro la lingua intingendomi di umida carne, la cucio col filo per raggiungerti. L'attesa non è un dire indefinito.


Pubblicata su FB. 13 / 6 / 2021 

277



- Glam -

La vita tribola sulla cupola di zolfo, capocchia, spillo senza aver avuto l'impressione che ci siano ingerenze s'inchina a festa paesana. La posa fluttua sulla camicia al banco del pesce poco fosforo. Da li, la strada segna il vocalizzo della tragedia pop. L'impegno fuori misura ripara il non volere tranne il dibattito, caparra insoluta. Nel tramestio di gente indosso il ciglio della mantella ricoprendomi di veri bisogni. Soddisfo i calzoni chiari dalla paternità disunità del non detto. L'antipluvio dietro il ringhio spiuma dal gasolio privando il prezzo nella norma. L'avvenire inchioda l'orda del capire svicola nella prateria la tasca del comando, apre chiude l'inverno, fisarmonica d'un portone col telecomando. Tu dimmi se rimani batti il colpo, quando sull'opuscolo il desiderio si esprime tutto tondo, a grandi passi le labbra sono il bene che ci concepisce. L'oro zecchino scivola senza un perchè i nodi non giungono al pettine. Se la vita dicesse non sono per te, mi rivolterei a chiaviastello nella toppa dell'aurora.





venerdì 9 dicembre 2016

276



 - Chatouche -

Mi siedo davanti alla vetrina di fatti reali, nella lampada decò scorre il groviglio a cascata di capelli luminosi. La Musa muove nel cestello il ghiaccio aggrovigliato ipnotizzata dal sufi s'inginocchia sul bordo del tappetino. In direzione della rosa dei venti il dondolio a Cipolla d'oro regge il mare che si unisce al cielo. Divido la doppia identità nei bruchi ad intermittenza ridisegno l'orizzonte. Sul pianto qualche foglia è bava che striscia color argento dalle tenebre. Fingo la caduta rimango nell'equilibrio. Ad alta quota il fiordo di neuroni maestra di vetture con le sinapsi accende i fari a dinamite. Oltre la barriera riecheggiano di tumulto soprastante. Le slot machine a verticale d'ebrezza sono la minuscola elucubrazione. Le sentinelle sorvegliano. Il destino a pag. 302 del romanzo vede i rapinatori fuggire saltando il muro dai seni avizziti. Con le armi in pugno intrattengo il lume del caffè nella moka. Sul tavolo bambù e panno strofinano macchie solari. E' bella la mostra di sè. La pelle nero verosimile al portafogli cui tengo le banconote in fila indiana sfila. Pago il conto del ristorante, ci ripenso lo pago col tocco di fumo con cui apro la carta stagnola. L'orrore per tutti è la sagoma delle spalle armate. 

domenica 4 dicembre 2016

275


- Fine-

Le spille ti reggono i capelli lo spatitraffico ad aureola di calore galleggia al finire dell'architettura. La pupilla non ammette toni stanchi dall'odore scarso. Livree sul fiume rincorrono il mare, l'osso smosso dell'isola in noi ha il passato che ci esclude. Sopra la pelle l'intima fiaba fora l'attraversamento dei pensieri. Predico il viaggio con lo straccio implume sul molo, ribalti il diniego, al ritorno lego la cerniera ai pioli. Accendi le ali al pellicano di contrasti spazi per una sciabolata di cosmesi, la bava della tela ad occhio piange in noi. Frusto l'intima speranza nel livido dell'estensione, la preghiera che recito cola sulla testa di Dio parte di crocicchio sulla carne. Di gioia non ci si consuma. Attendo la memoria con le ciglia lunghe da prima donna, amo i tuoi occhi quando dentro c'è il mio lieto fine.

sabato 3 dicembre 2016

274


 - Flàneur -

La voce dell'aldilà ripetuta sino a diventare fatto è il canovaccio attraverso cui ti auguro l'amarezza. Le sigarette nella manica dell'inverno alla fiera delle vanità gridano lo scompiglio, rappresentano il sogno calpestato dalla voce della creazione. Il quarto di notte si sviluppa nel tranquillo e sereno fine settimana. Se ti vedo ti sento, nel caso tu sia priva di passione, cammino sulle vibrisse della voce, se non fosse possibile, senza clamore pubblicità di sorta, entro nella presenza che non c'è. Per sicurezza trasporto il tuo busto in marmo sotto l'ascella invisibile. Il collo odora di arte erotica profuma ancora infinitamente di baci su tutti i vestiti dentro cui tutti guardano: nessuno vede. La frequenza della serpe sullo sterrato è innocua, l'acquitrino sfuma la preda nuda negli artigli dell'aquila.


Pubblicata FB 13 / 6 / 2021 


domenica 27 novembre 2016

272



 - Fidel -

Sovrappongo la litania al rombo elastico che funge da calibro per farfalle, api, coleotteri, ogni cosa che possa rendere un'opportunità incluso il creato asperso a gratitudine respiro di Dio non avendone l'autorità la caratura certo. Aggancio il senso del dovere all'uguaglianza: è la divinità umana che lo richiede, conservando l'inusuale debolezza foro nell'anca, il cranio col medesimo foro, la crematura del nemico tavolozza a contrabasso su cinque corde per l'addio. Per ciò miro all'ordine dall'eternità, il tempo non è che l'augello. Tu seduta li dentro nel lessico d'istanti poi minuti da musa percepita amore ti schiudi in corolle coscienti. Petali soggettivi su gambe braccia corpo oggettivi, forestiero nel regno dell'abitudine ti scorgo nell'intùito da donna. Silente esplodi il battacchio ad animo circonflesso, con l'arco scagli frecce su cui oscilli colpendo la campana sgretolarsi nell'umido del suono di un crash. A calci lucenti rovesci le radici rinsecchite su cui cammino in controluce. Il monarca di bronzo dietro la finestra milita sacro sul desco dove ozia, gloriosa la distanta, occupa la rinascita fissandolo. La morte è fioritura molteplice, dinamica dall'estetica sorniona, taglia i fili fin dove vuole. Il giogo propone la noia dell'esistere. Tra le moltitudini mi lavo i panni interiori laggiù, nel crollo di ognuno si edifica la nostra fantomatica liason dangereuse. Al fiume il forte dolore per la zattera che riemerge in corsi / ricorsi dai flutti sventola bandiere nere. I tronchi da cui scendo odono minuscole ferite ai talloni che sorreggono gli speroni negli stivali di pitone. Barbiere hipster taglio la barba al cadavere, accurata toeletta per l'ultimo viaggio. Ad occhi vuoti galleggio nella morte, di soppiatto gl'infilo nella tasca il pass in carettere d'oro / rosso porpora, viatico per il Paradiso.


Hasta siempre.

giovedì 24 novembre 2016

271


- Mannequin -

Quando individuerò ciò che mi abbandona unanime lo svelerò all'idillio della servitù. Tintinnio dove scodinzola la tormenta di usci, finestre, cardini, bestemmie d'ingegno ed equilibrio. L'ala fattasi rutilante dipinge le dita frattali sulla toppa. Sull'era la mania a tazzine macchiate di rossetto a tavolino divampa inesorabile, tratteggia le direzioni dei venti nodosi. Poi il bivacco salottiero alla base rurale che spinge, alzandomi il lembo del parka, la tela yuta, Dio che riconquista. La prospettiva è la porcellana sonora, magicamente si sfiata il refrigerio gocce di pulviscolo nell'occaso, il sentiero poco dietro l'angolo dilava l'ennesimo bivio. Puntello i frutti dal quale si riconoscono gli alberi alla foce. Lego il solito parabrezza, parcheggia dove nidifica l'ibis. Le parole fluttuano in cima l'architettura, librandosi cicogna a endecasillabo suit. Vestite dallo stillicidio sorvolano gli edifici all'aurora delle periferie. Uomini e donne in sala d'attesa indossano il loro cashemere che sale dalla borsa in pelle di rettile al suono del flauto, bocca, naso, turbante sono cuore e testa nelle fiamme che anneriscono.

giovedì 17 novembre 2016

270


 - 2 -

Ci sono molteplici fogli molteplici probabilità. E' il nitore dello squillo con cui si aprono le braccia che ci distingue. A personale arma la divisione globale si spiega nel sè. Sul grembo la Madonna avverte la lacrima sottile lama affluente in territori arsi. Dove è facile imbastisce il mio amore che non scompare per ciocche di capelli, ago, filo, cruna, cammello. Sul fine dell'estate taglio la barba che riluce paglia infiammandosi cavallo, compongo l'etica in dovere civile. Nello scafandro lego la tinta indovino il bordo crema del diverbio. L'angelo spicca il volo trascinadomi nell'affresco aggrappato al tallone. Si dispiega l'intro a fusione nucleare con un bacio d'addio per chi continuamente ritorna.

269


- Starnutire -

Non dirmi bugie, la porta ammorbidita dal frastuono incombe su di me, radura da cui oscillo anima a barriera suonata. La sacrestia è un'accappella algebrica, lampadine intervellata dal vetro a brina discesa. Il diapason non conosce movimenti sincopati fuori dalla riga del vespro. Noi immodesti, gli occhi crepati di blu, di giallo, vermiglio le unghie a donna sulla spiaggia, assolati avvolti a fazzoletti legati attorno alle città notturne bendati di lercio, vocalizzi su due zampe di cotone, polverizziamo l'ennesimo schermo. Carta che si sbriciola su di noi vetro zigrinato a gambe per aria. Al mattino ci bagnamo in laguna, vibriamo increspati come cenci coperti dall'eco; è il corpo che impera d'amore.

268



- La campana -

Intento al crollo del mito i lavori di casa li mostro al promontorio tartufato. Muso progno redarguisco lo speleologo dei sentimenti. Qualche mese in vacanza nella zona grigia supera la brezza. Mostra le faville il sorriso che ispira il non detto, trafigge la normale cadenza nei ferri del principio, la fine un colpo apoplettico. Nero in buca l'appettito dal ventre ferisce la pianta scalcagnata. Il rozzo cabotaggio del forestiero scolora il tarassaco tra gli ulivi, la morte a falce nella diretta apre tutte le finestre. Felpa da fenice la visita tra campagna città, dal trespolo passano i parvenù devastati dalla grammatica carnale. La penombra di voci leviga il candelabro la campana è sempre del legno.


267



 - Il giorno dopo -

Il nastro rulla la rumba tratteggia il sasso del buon vino. Dal basso ruota il caos bislungo in cui vige il numero del cuore. Fossero bravi cowboy dalla sussunzione feconda, come non puoi sai, comodo ghiottone sul divano stendi il capanno del gusto predicando muto. Nuda tragedia s'insedia dietro l'ilarità unica nel calibro oro del Giappone. La lingua d'aria da giullare, buffone, tetrante per ognuno, finge la teatrale comunicazione d'umore d'ardimento. Nell'hangar d'un'esagerazione l'indole dal passo anchilosato privilegia il sacro al regio, amore che attinge al patrimonio pop. Lo sa il campo gaudio al volo di sussulti e insulti, piccoli schiamazzi da sagrestia solenne ed inutile. Sottosuolo stucchevole in cui viaviamo timor e angoscia, la Grazia a intellettuali frustrati dall'anonimato a gogò. Amiamoci.

266



 - Alter ego -

Si schiudono i petali. Di mezza sera la quota del sole rovescia l'estate nell'acqua. Disposto al perdono il filo d'assenzio è la fiamma che brucia le notti annerendole. Tieni a parti invertite la commedia, il grigio sciacqua la mole di stelle in pellicola. Copro il pemeabile distanziandolo dal lume. Vegeta il palco, l'alga fluttua amorevole orrore nell'imo. Il nubifragio sulla radice, selvatica spuma la sabbia che occhieggia la staccionata duna laggiù. Riluce la morbida luna a corolla tra le nubi immerse di ècrù. Nel menù estemporaneo il nuovo nato s'agghinda al destino, dal vetro l'ugola suona le maracas. Il comitato è d'imperdonabili musici. Gonna di tulle, testa camouflage, la dinamica femminea slitta sulla mano gigante, cavalca nel bacio di cruda bellezza soffiata dal finestrino del tram della città.


domenica 13 novembre 2016

265


   E = mc 2

...non il liberismo fu l'artefice del momento, ma l'equilibrio cosmico e centripeto nell'essenza umana, roteava maschio, femminile, filiale, una coincidenza suprema che andava oltre ogni ideologia asfittica moderata, spampanata odierna, lampada fulminata. Un'orda d'idee uguali / amorevolmente contrarie diseguali / salvifiche di ferocia rivoluzionaria incontenibile nell'imo, sentenziavano al nostro destino il loro soffio vitale d'umanità perfettibile, la quotidiana romanza: nessun dorma...

sabato 12 novembre 2016

264


 - Thaìs -

Avvito corolle d'anice in rami sul rovescio. Al profondo temporale mi assicuro la vetta. Innevata stabile a capofitto, nuda nel mare in cui esercita capriole. Il lago sciopera, la curva batte le mani: quattro frecce da mula incendiaria. Privilegio il cono dell'ombra tra noi. La demarcazione a formula numerica è l'amalgama di molteplici graffiti. Si esprime fisicamente, la logica è nei baci sulle labbra.  

mercoledì 9 novembre 2016

263



 - Pinna -

Qualunque cosa sia, lontano da lei illetterata gelosia di cui non sono abituato: ad antro oscuro riemerge dal passato remoto. Diadema colorato ad estro cotonato, drug queen rende magici i deliri circensi sulla groppa dell'ingenuità. Dirigo il disastro con poesia. La religiosità del corpo è perizia da vino novello. Il sentimento un precipizio che non riconosco, la disarmonia di suono e immagini mi rimettono al fuoco dell'arduo giudizio. Magma stellare nei filamenti ad artigli provengo a capelli arruffati. Mi vedi: dietro ogni vetro muovo gambe sproporzionate, braccia allugate, teste macrocefale, nasi abnormi: il teatro dell'assurdo. Sono io. Illustro il movente non chiaro: l'amore che non c'è lo prendo; vi lascio a secco di idee, le esprimo nella meraviglia che non seduce, al futuro che non sento, ciò che è verosimile mi piace, mi conquista. Silenziosa la gondola cruda sul palmo, ad algoritmo guarda il mare, mi sorride. Viceversa tu, sei la perla di pesce pregiato in cui lo sfregio è il tatuaggio miracolato sottovento. Nei marosi la pinna nera è della balena al buio.  

domenica 30 ottobre 2016

262


 - Bip Bip -

Piegai il ferro battendolo nel gas. Immersi la fotografia seppia nell'acqua santiera colma di paillettes. Al macchinista diedi la tavola da surf su cui pigiare la fortuna. Bendato come un pazzo avrei visto facilmente la punta dell'iceberg. Le briciole di pane ricordarono i sentieri celesti da consegnare al postale galoppante. Dal pozzo grappoli di versi sulla verticale a presa sicura tra una pietra e l'altra  cercarono la fuga. Il fiore segue l'unica via di accesso, la corolla fontana per gli homeless. M'immersi nell'odore profuso del tiglio accalorai i sensi tra noi e i nostri sguardi scossi dal riff acerbo.

261


 - Delirio -

Non mi pare un'idea la genuflessione dietro la barricata della vigna rende il fiuto candore frugale. Il guinzaglio in cuoio è parete che visita la tenda in centro al cuore maniero del karma. Le corone transitano, afferro l'artiglio, sorvolo l'aliante illune. Il baratro in vetro modifica la prospettiva aurea, nell'angolo chiunque è nemico da abbattere. Tolgo la mammella, ottuto il cratere, la bruma in retromarcia si candida pietra col fusibile. La tormenta si arrotola nell'acqua. La lente con la camicia quadrettoni autotrasporta i gesti della vastità nel panorama del doppio fondo. Ridicolo lo spazio temporale, il pizzo ad aquilone nero sale scende sulla scala di Esher, dall'aeroporto al vespro.

260


 - Psycho -

Metto in contato la divinità col tempo irsuto. Nell'ostrica la roulette impiega tempo per generare perle. Ad alta quota la follia dei volumi inchioda l'aria appesa. Al brandello affumicato, bicipite di vaiolo lunare il marpione Satana siede con la figura scheletrica di fianco. Indico la rotta della cuffia al wi-fi, i fili olezzano di nano secondo. Al velluto raccapriccio la bocca d'aspirazione traduce la gamma mortuaria in filigrana da gioco. Il succedere è nel pianto secolare orbo d'incompiuta maestà. Sotto il braccio marmoreo la salopette fieno nell'intreccio di brillii ctonie comete. Pressurizzo la conca dalla mano lucente. Cinfrusaglia di camicie in ferro, la schiena di Sisifo è una serra a mazzi di fiori.

259

 - Icona pop -

Troppa gente nell'occhio smerigliato dello stagno. E penso al diniego della parure avvolgendola al collo albino del foulard. Tu mi pensi allacciato alla spilla del crisantemo, viceversa mi soffermo al sinuoso respiro della sintomatica estremità del tuo volo. Smisto danaro sul fiume, la branda minata a lirica dell'ovvio genera quantità di cenere mai vista. L'infinito è nel boomerang a spacco di gonna. Vestito da sera nel far l'amore con la Musa fui colto in fragranza di reato, indignato gettai alla platea petali venefici i quali si trasfrormarono in insetti pensierosi con l'inclinazione ad imitare Nietzche. Clichè di una piaga sulla spalla degli sconsiderati. Vuoti a perdere cui mancava il pieno del tuo volto. 

sabato 29 ottobre 2016

258


- Periferia -

La stella polare della superbia parcheggia nel traffico giovane, lo chignon convulso dalla grammatura crede imprecando. Libero in ciò che perseguita, le strette a curva di mano le rende grottesche. Cubi cementizi al sole algebrico ed enormi ragazzi irrigiditi dal gioco, festeggiano la polvere in cui sei sarà la polvere in cui ritornerai. Al fumo della nebbia diseredata, mezza via sui trampoli nel teschio, si cogita l'alto pianto. Il batuffolo a cometa segue la moto sullo sterrato: l'amante si dilegua.

giovedì 27 ottobre 2016

257


 - Pensieri -

I pensieri conoscono la strada; è assolata, abbagliante, lucente. Se odo il cuore gemere alcuni li tolgo, modellandoli cambio loro il peso specifico, li rivolto, li imbastisco, cucio l'orlo, accorcio le maniche, li curo. Verso loro un bicchiere d'acqua, di birra, di Chianti, zitto li rianimo, li faccio parlare, indico il modo, li distraggo con un'immagine d'amore. Spesso hanno questo atteggiamento: volpi; giudicano acerba l'uva che non riescono a raccogliere, ma quella che hanno raccolto non lo svelano. Li inganno continuamente, si fanno ingannare ingannandoti, ho persino dei dubbi circa la mia personalità invisibile, la percepiscono. Lavoriamo insieme, creiamo folla nella follia trasciniamo tutti nelle mani dell'amore. Non potevo scegliere pensieri migliori: mi canzonano lasciandomi nel dubbio. Hanno sottoscritto il contratto in mia vece firmando: I love you.

256



- La spada -

Fatti trovare con la spada nel fodero la calzamaglia e la solita zucca di bronzo. La maschera di Dante nel gesso del nostro passo si muove felpato. Non saprei dirti, ma le ruote sul disco ad aria compressa formano la luce che ruzzola sul disegno. Attorno al segno si mescola l'arco tirando la fune: dialoga con l'amato. La mattina serale contiene il violino diurno, acquiescente solubile insiste. Sulle strisce la dignità, la demarcazione avvia il lavoro dalla vita condivisa. Non ci considera uomini, ma supellettili nel degrado. La campana suona l'ossimoro per i vivi, raramente le costole di legno sui defunti ardono. I sordi non odono nè vedono la deriva nel così è. Ma così non deve essere, portatrice di stragi nei gesti, gli odori più dei sentimenti oltre i sentimenti. Solo la torrefazione dei corpi avvolti dalle vampe ci resta. Rimpiango i filosofi con l'epistola tenevano in pugno il battesimo. L'alterità insegna, cancella il senso della vita. Il gioco inesauribile galoppa sul destriero dell'amor per caso divenendo caos. Amo la fragranza miniata nell'oro Musa di millennaria precia. Non ci deruberete il programma per la vostra estinzione, il bacio doloroso che si fonde in noi profuma nella carne in noi.


255



- Smack -

Indissi la massima attenzione in me, odorai l'aria animale, tacqui nei suoi capelli. Nell'agitazione più lieve, lessi il salmo del suo incedere. Estrapolai alcune immagini, i sensi li resi umidi nel clamore di cui ero vittima; la commozione svanì formando la nuvolaglia laggiù. Dense lacrime per chi non ama. Rimasi al sole del suo acuto vedere. Indossavamo entrambi, l'abito asciutto per le grandi occasioni. 

domenica 23 ottobre 2016

254


- Frankie goes -

Calpesto la nube polverosa, il crocifisso d'ambra brilla salmo imprigionato nello jus sanguinis. L'onda di platino mi sorvola la parrucca tagliandomi l'occhio in due emisferi. Siedo al piano, la coda di rondine sulle labbra, bicchiere di Martini nel lucido ocra, al centro del quadro la punta del mio naso. Il riverbero dell'alfabeto nell'universo si batte attorno le note. Rielaboro circonfuso di santità. Per la platea il fondale nero, nero il cappotto sino ai piedi. Nudi li intingo nell'acqua tinta dal petrolio increspata  nel vortice ventilato, non evapora agitandosi al suono della song. Canto nell'oscurità il divenir belle note decise dal rapido scalpitar degli zoccoli. Distinguo il rosa shocking, se trasporta eretto la fortuna sul palmo delle mani, invio un bacio su ogni porta non illudendomi d'immortalità. Vissi diverse vite nell'unica che resta ad ali temerarie canto per voi il mio passato. I Love You.  
   

253


- Wodka lemon -

La vettura indossa la parrucca di foglie rossastre, pensa al gesto significante del cuore compulsivo quando lascia orme leggere: eppure profonde. Sul dorso la terra arata nella mezzeria è l'artiglio da cui sfugge la noce; rotola sul cemento, scalcia facendo l'amore, l'intenzione non sfuma. Digita poi ritrova il costume. Seduto sul davanzale della baracca l'orso di peluche sotto la pioggia ricorda il frinire della tramontana d'estate. Il verso sul filo di lana s'insabbia nel mesto che diviene noia. Dalla nebbia sbuca la moltitudine di piccole teste, piccioni ad ali tese che incalzano sullo sgabello in pelle. Il vuoto non regge l'ubriaco colmo di wodka lemon. Esistere per intrecciarsi con ciò che ci conviene è un fatto. L'amore è più forte di noi sotto di noi quando non stabilisce altra priorità che se stesso.

giovedì 20 ottobre 2016

252

 

Vedimi e non rincorrere il senso. Non troverai risposta. E' innocuo ciò che ci unisce, profondo e insondabile intreccio che non si svela in noi, ma fuori di noi. Nonostante ciò ci lega, mistero come fosse prima di noi. Così è amare.

251



Prima della tempesta, quando il sole tra le nubi filtra di santità insolente irraggia nel gesso gli alberi dipinti dalla luce. Al vento il fosso divampa brucia sulla staccionata, il verde s'incupisce non brilla ammutolito. Fermo al semaforo penso sia bello incontrarti, sapendo come il silenzio mi unisca a te conversiamo nel mistero di noi mentre parli non so guardare altro che nel nitore dei tuoi occhi.

lunedì 17 ottobre 2016

250


 - Banana -

tenetevi forte ninfette è in scena il secolo scorso, tenetevi forte matusalemme è in scena il qui ora nel mezzo ci sono io il vostro Dj con l'arpeggio di vibrazioni; i saluti alla spalla per le strade secondarie poi l'orbita in un punto migliore di questo. Per catturare le farfalle la camera ardente al motel, i denti posteriori se non hanno l'appettito consueto moderano la nube in cotta di ferro. A secco di carburante sto sulle tracce dei luoghi in cui traspare il flusso dei passi. Traversine che sottostanno alla velocità del trotto, andatura scarsa, capacità vocali a patto che siano in cassa al duplice bacio. Chi mi risveglia di cuore non è che la polvere sul divenire cipria. Ricordo il numero, mettetevi in contatto con wath's up al culmine del diapason, se risultano novità musicali le scarico.

249

 - Analphabet poem -

Dai tornanti ghiacciati agli sterrati infuocati tu vero protagonista senza paura, leale, coraggioso, non chiedi, cogli l'occasione, la crei, la fortuna sbendata altrettanto, ti segue nei sentimenti. Bendiamoci noi futuri innamorati viviamo la nostra follia all'inverosimile, abbracci nel girotondo a mosca cieca, ed ogni volta che ci manchiamo togliamoci un indumento al gioco della carta più bassa. Noi più bassi del morire quaggiù, tocchiamo il fondo a prenderci la spinta ci eleviamo andandocene sempre più giù, sempre di più, nel blu dipinto di blu, insieme all'inferno felici di stare quaggiù mentre il mondo ingessato sparisce invidioso del nostro amore, più lontano di laggiù.

domenica 16 ottobre 2016

248


 - L'uomo di corazza -

La coda di cavallo è la ramazza che ci dipinge, pendolo la musica delle galline tra gli zoccoli dorati. Il silos incide nella prospettiva la cupola in ferro pare il cappello di Don Quijotte, la stalla tinta di bianco, poco più in là, lo strofinarsi nel diverbio tra la chioma eccelsa e la brezza mi accompagna nel fruscio lesto al sole. Il pensiero mi stritola, caracolla, accelera folto di colori, dipinti dal vento osserva ad occhi gialli, sul velo la pece. L'arco ad abbraccio discende diluvio d'innumerevoli parole, sui nostri volti il rovo, rose gialle che ardono. E fiammeggia la passione che ci cavalca potresti farti capire attraverso le vele dell'aquila ghiaccio per sciogliermi d'acqua di luce. Mezzo morso di distanza dal polpaccio, la cresta dell'occaso è acceso sull'oscurità: mi abbaglia. Appeso all'angoscia giaccio cadavere vermiglio per qualche minuto, poi mi riavvio. Mi intendo di te, candida campanula, lungo il silenzio corto è l'abbaio. Se non mi fai attendere molto, ti aspetto per tutta la vita. 

sabato 15 ottobre 2016

247


- Andy Wharol -

occorre che mi dica molte cose in questi momenti: rassetti le nicchie, oli le porte, metta gli stipiti nuovi, inchiodi gli spifferi, suggelli la lingua alla pagina giusta, il gusto lo riattacchi al suolo camminandoci sopra, apra la porta agli estranei e subito la chiuda. Attendo la faccia della grazia, l'ubriacatura, una donna con cui fare l'amore, una fitta chiacchierata con l'amico, la normalità. Comunque sia ringrazio il mio Dio che mi ama, oppure è distratto e volge lo sguardo altrove: mi distraggo anch'io e bevo l'ennesimo drink. Fatevi fottere.

giovedì 13 ottobre 2016

246


 - Oil Canvas -

Poi arrivi con l'incedere dei seni guardi avanzi nell'innamoramento. Algido m'incanutisco nella mano guantata, impugno il vento sacro nell'acqua che traballa. Pozza in un frammento a rete ghiacciata sul muro: lo fisso acciambellato. Spiove petali di rose sul corpo del nocchiere che viaggia sotto la visiera dell'eden nel cartone sotto l'ascella ripone il fragile esistere. Serbo lo scrigno del sorriso, risplende a passo colto il verbo che agito con cura preferito dalla luna lo incornicio sul fianco ai venti. Cintura a fibbia dell'ostrica li lego alla circonferenza del mondo. Iperboreo il confine dell'io diviene pubblico calzone nell'universo. Se riposto a digiuno non cala in modestia, ogni scettro ha diamanti subacquei. Sul podio a farfalla dibatto nei giorni più frementi. La linea del volto è nello strepitio delle tue emozioni, discendono a perle rotolanti cui raccolgo luminose sul fruscio di dedali impreziositi. 

mercoledì 12 ottobre 2016

245


- Musa -

tu sei li, ne immagino la postura, i colori in cui sei immersa, non conosco i tuoi pensieri, conosco i miei, in cui ti avvolgo vestendoti elegantemente Musa.

244


- Ad hoc -

Col mio dire col tuo fare nella turbolenza che si crea ad hoc malinconicamente ci sovrasta rendendoci incoerenti ogni chiarimento non avviene seduti al tavolo di cucina il punto esatto sfugge gatto da una sedia all'altra in un balzo si dilegua nel controbalzo tacendo parli io taccio per poter capire. 

sabato 8 ottobre 2016

243


- voulez vous coucher avec moi -

Fisso dado e bullone alla parete ideologica. Guido la ruota alchimista registrando lo sguardo nell'aria, svirgola dopo la morte la privatezza di specchiata fedeltà. Nel pensiero prematuro il cordone tra villa e casa di campagna è l'ideale per approvare il cubo compulsivo. Godo nel nitrato dell'odio poichè la lancetta vestitami dall'utopia interrompe il suo muto soccorso. Al compasso di gambe divaricate ogni avventore balbetta metereopatico ruscellante. Al vociare del chiodo d'argento appendo con stile il cammeo del tuo vedere srotolo cose che non si dicono si sanno semplicemente per amore. 

242


- Il sorpasso-

Uno spicchio di sole limone che si irraggia macedonia sulle parole, conversiamo, ridiamo sulla strada a velocità dell'amore, ti accarezzo calda benedetta tu sia, siamo sciocchi, buffi, superficiali, sai ? non ti credevo così meravigliosa ? nessun unguento per noi feriti dall'euforia e travolti dall'amore. Hai le labbra umide di rugiada, stella alpina sul delta di venere violentemente ci amiamo, l'unico rimedio che conosco: carne sulla carne il mugghiare di respiri annodati ad inconnsulti abbracci.  

domenica 2 ottobre 2016

241


- D'emblèe -

Il crinale tatuato dall'arancio rilascia l'afrore al vento sulla linea razionale che rivendica l'amore.  Rumoreggia sul volto volitivo il cuore della Dea offre la natura svaporata riversandola spenta sulla valvola di non ritorno. Leggo l'alfabeto braille alla base del quinquennio, ognuno conosce la frattura e ogni luogo del proprio creato, compendio di uomini frutta alla mano. Deambulo sui cadaveri con gli epitaffi in fronte, il filo spinato lega la ricchezza ai polsi. Gli amori vanno e vengono raccoglierli in una saetta è geniale. Sii spietata con me, insuffla l'amore che desidero: è necessario. Sono io che devo avere cura di non ferirti. Il linguaggio degli interessi ci ha resi nemici ci si rovescia per amarsi.

240


 - Monastiraki -

La felicità sibila sul monastero. Sull'orto presso il timpano gli ulivi di marmo in pietra a vista hanno radici in legno che raffiorano in un bacio a fiocco rosa alle chiome aurifere. Decantano il vino oltre il muretto a secco. Il vento tramontato vermiglio scheggia nel giallo fonda la rosa dell'aurora lontana che non miete la notte a sufficienza vedo l'ora in cui passare. Con ciò l'amore è strategia contro l'idea di violenza la violenza dell'idea è sapere di non essere amato, un tormento liquido sul filo di diamante che infilo nel sacco del cratere. L'acqua dal rubinetto scorre dalla bocca di leone allaga e sommerge il senso d'oblio. Immergo le mani dove gallegga la barca di carta cappello da muratore da cui leggo la pagina di cronaca inghiottita dalla bocca di bonifacio. Non commetto l'orrore della resa. 

239


- La goccia perfora la pietra -

In ogni stella vi è il foro da cui il filo di nylon passa chiude la portiera a Jaqueline Onassis. Macchio di gesso il confine al tailleur piedi fissi sulla piattaforma le corna a terra mai sulla testa del toro. Con un colpo di tauromachia Pablo Picasso getta dal finestrino l'arcobaleno che trasloca sui cigni in trionfo, nello stagno circondano tigli e pioppi a tutta velocità. Al sabato pomeriggio in fila Italiana al negozio futuro nella mano eccetto me stesso, si acquista la collana di perle sulla grancassa di zinco e corallo. La spiaggia è torcia con cui mescolo il fuoco da alchimista nell'ordine stabilito dalla gravità del discorso di Robert Kennedy. Sangue versato su cui scommetto quattro mosse di gemelli al polso. Tratto di stile a camicia sulla regia del film dove la debolezza è pagata con l'ecatombe. 

238


 - Snob -

La giornata soleggiata si arresta plumbea all'inizio del pomeriggio. Il bianco diviene candido furore nel gesto di pietà ed inquietudine che mi tocca dove non vedo. Nei dintorni lo spruzzo nero fumo che tutto oscura si accende contrario al cielo. La libertà di essere sempre dentro lo stesso orario delle ceneri piega la notte ignota parallella ai sogni di una doppia vita. L'energia delle cose ultime illumina gli occhi, le gocce di pioggia rullano l'argento sul nero asfalto. Sfilo il rosario lo addebito sul conto dell'amico dal volto arrorolato in dollari. Ho un desiderio che centellino ammaestrandolo sul trespolo con ciò mi astengo dal firmare. Ho l'appuntamento  sino ad allora il tempo scorrerà per 3 / 4 sotto i ponti del monitor individuale. Ho la fortuna di amarti non vederti e di morire rapidamente sul volto. 

237



 - Very Important People -

Nel trambusto a gerani di flusso la gente attende la propria visione, la libera uscita con cui rifletto a mani basse ammicca l'autostrada divenendo turchese. Maglia di cotta e cotone sulla ressa dei bicipiti la palizzata è attillata a suon di jeans, m'infilo i Dr Marteens luminosi alla fermata delle corriere retrò. In angolo gli scacchi bianco rossi si muovono al ritmo del cavallo che trotta, la torre sul corpo della ragazza sotto la pensilina sventola soffia il pelo lungo del cane. In casa passeggio annerito come un estraneo la zanzara di ottobre affila l'obbiettivo da camera mortuaria profumandosi al mio orecchio. Al decollo del mattino al giorno supino, il brano waths happens tomorrow dei Duran Duran è trasmesso alla radio sul davanzale il vaso contiene le begonie alba, rubens, aliquam. Vedo la vita dalla finestra: siamo programmati per il successivo saggio che non verrà se non dopo ogni errore.  

giovedì 29 settembre 2016

236


- L'amore è la felicità -


Nella metà del tuo sguardo intercetto un pensiero che ci riguarda. Nudo e mortale ci segue cantando la solita strofa inarrivabile. Cerco d'infrangere la finitezza di aurora e tramonto lontani dall'eternità. Gli spiriti non indossano nè vestiti nè forme, sempre si reggono al cavallo dell'amore. Travestita in qualunque modo in qualunque luogo ti attendo a qualsiasi ora. 

235


 - Spazio e tempo per l'amor perduto -

Il discorso tra me si fissò tra i cespugli al confine dell'osso, dove i datteri di mare reggono la porta. Secondo la parure del talismano l'angolo di medusa conteneva l'idea primigenia dietro lenti spesse. A fronte d'ogni sentimento colorato inossidate fungevano da cancello. Non aprii i florilegi che tenevo nella tasca, avrebbero restituito deserti Biblici. Come nulla fosse, nel pieno della finzione recitai la forma. La gamma aurifera dei suoni cavalcarono lo scooter alla partenza, feci in tempo ad osservare il panno sul vetro strofinato dalla colf. Il giglio stava esatto nell'amor fuggito sulle labbra del consueto amore, col volto radioso viveva nel rosso che ti dona sul crinale ventoso del piano. Amo si, chi quando legge non capisce nè di amore nè di guerra nè nulla di chè tentando di sapere i fatti.

domenica 25 settembre 2016

234


- Drunk -

Ubriaco avvisto i due cacciatori sul campo arato, il cane nero libero di annusare tra i solchi. La cuffia ad alta visibilità decolla dal capo di ciascuno a proiettile luminoso. Le traversine parallele distanti anni luce gravitano sulla pagina sottolineata dallo scienziato. Sulla sedia a rotelle la luna in orbita detiene il potere di non farsi vedere di giorno. Il sole detiene il potere di illuminare ogni cosa anche le ombre. Non prego mai, dovrei, ma non sono illuminato a sufficienza nonostante il sole. Le uniche parole che riesco a capire dal breviario sono impetrare la volontà. Discuterei volentieri di amore con Dio. Se è vero che l'amore soffia dove vuole per quale ragione non ho un amore davanti a me da poter scegliere di amare o non amare ma un'affinità elettiva cui non posso ignorare per rarità !?

domenica 11 settembre 2016

233



 - La vettura -


Si coagula il sale bianco trasportato dal legname a valle. La pietra parcheggiata sugli estremi muove la coda. E' sempre la stessa storia. Nel sacco breve il lapislazulo non vede nè sente la fessura da cui proviene il suono della fisarmonica. Poi l'arpa accompagna la gazza nel volo tra il davanzale della finestra il ramo del ciliegio. Nella gazzarra imitare la divinità posta all'entrata del giardino è arduo. Il paesaggio lunare compare nella grotta sul monte. La luna rovesciata s'introduce negli occhi vitrei dei cadaveri. Non vi è traccia di me nella miniera. Sono esanime amore blu nella vettura parcheggiata.  

232


- Il fumo del turibolo -


Il sudore avvistato sulla fronte è la ciclopica vela imperlata all'orizzonte. In bianco nero l'arcobaleno deposita nel caveau le molteplici mani sul velluto. Sparsi a terra i bossoli simili a denti con la voce da contralto redarguivano le truppe sulla linea dell'equatore. Ogni enclave nell'entroterra favoriva la nube alcolica al banco degli imputati. Color marrone le vestigia di padre e figlio scomparsi sull'argine del fiume davano cenni di risveglio. Non vi è donna che non sia amante del futuro, l'incandescente  ipnosi di mezzogiorno rovina la traettoria fantasiosa dei purosangue. Il ponte di cristallo crolla sotto il rumore degli zoccoli, l'odor di asfalto e calce regge la scia del treno al decollo sui binari.   

231


- Questo amore impossibile -


Sgonfio la luce del faro sulla motta forestiera che inietta a tutti la messa del sacerdote. Fiaba di una farfalla dalle ali di cotone che recide il cordone ombelicale. Si ritrova nelle contrade della metropoli sul cofano di una Limousine. Stentoreo nel corpo traspare la notte sulla tela come esorciscmo col pennello unto. La pece dipinge la donna innamorata nella mutezza che parla sulla punta della lingua. Spiagge di corallo fremono silenzi condivisi. Al vento deambula il cuoio cappelluto trattiene e vidima il tutto che pare essere non lontano, il giorno in cui ci vedrete camminare mano nella mano.

230



- Enchantè -


Poi tu riconducibile ad uno sforzo di memoria sepolto da millenni in me. Travasato nel calice di vino l'intenso aroma vi fiammeggia effervescente. Il baluginare negli occhi, mi ritaglia il mistero di chi vede oltre le carezze del nostro ondoso frastuono. La dentatura bianca, le labbra rosa, l'intensità del volto, ti bevo l'intima ebrezza che mi seduce il cuore amando ci culla tra le dita a corde d'arpa.

229



 - Il cuore meccanico -

Il letto d'aragosta si muove sulla brina, t'incontro rosa, fossa delle marianne sulla cartina di tornasole dove il writer incide la propria immagine. Il foro si spezza, la trave marcisce, la nave decolla, lo spillo reagisce chimicamente nel divenire nobile oro. Il nugolo di ali in volo è di uomini in mare sulla tavola da pic nic che borbottano mosche blu svestiti nel dipinto di sole arrossito dal digiunare. Le imposte sbattono al suono del sax. Il jazzista all'angolo col cappello dai piedi colmi di note spicca il volo immergendosi nel  conio a cencio ripiegandosi sulla moneta. Il bivio del cent passo dopo l'altro ruzzola dal mezzogiorno alla storia buffa delle contrade polverose di palloni e umili proiettili.

giovedì 8 settembre 2016

228


- Pink floyd -


Mi comparve quieta, magica nell'incantesimo con cui si accende la luce spegnendosi, principio e fine d'un amore ininterrottamente. Nel fluido ci vedemmo in noi, accergendoci d'esserci sentiti sguardo.

sabato 3 settembre 2016

227


- L'amour toujours -

E' un semplice indizio con cui ti scalfisco la pelle. Il probabile suono ti è sconosciuto se rabbrividisci. Nell'animo il gioco di entrambi noi sciame a unghie alate che ci visita. Ci percorriamo i corpi in quel tocco universale in cui dimoriamo, periplo d'amore a palcoscenico illusorio da cui si dilegua.

226


-  Il giardino dei miracoli  -


La scala ghiacciata si edifica nel marmo che pende, il militare guarda il nugolo umano nella foto di rito. Tubi teli alla mercè del vento che soffia osannati a cappotto di spilli del battistero. Tra le secche i camminamenti le siepi verdi e geometricche, nello spicchio della nube s'impone la maleducazione, si spalanca l'orizzonte. Angeli eretti a loculo. Il capitello sulla colonna sdraiata protegge foglie blese. Nel taschino zingaro il porta gioie, racchude alla bene meglio il concerto di archi dalle corde pittate. Ventriloquo nel fianco monetario, riaffermo la potestà dell'edificio dipinto a parete. Diedi al ragno la chiave della sfinge ad aria compressa, da un orecchio all'altro si smuove il ciuffo di capelli. Detengo preziosi dietro la lente sfocata. Sulla dimensione scomposta del corpo ho la maschera di viltà. Non mi si spegne e mi compiaccio, accampato sull'erba dei miracoli la regia è un minuscolo pannello solare.

225


- In lontananza -

Troverò la bellezza in questo squallore di recita muta da vicolo cieco. La cuffia di sole che tuona esce quando m'infilo all'ombra del saliscendi, per non tornare più. Incontro i miei sogni disegnati sul volto di peltro svaniti al decollo e resisto. Dove non torno lascio lo striscio che traspaia al vespro qui mi trattiene mano stesa dall'elemosina. Sull'isola è cresta di camaleonte il profilo al fresco, la cinghia del sandalo non ha fini slacciati sul ponte sospeso. Corde che ama per l'ignoto. Troppo è maledirlo fragile nonostante me vorrei il tuo passo fosse scalzo in lontananza e smettesse di solcarmi le vette chiare.

224


 - Passione -

La luce di sensualità impertinente si sovrappone curva su gli invisibili sorrisi. Dilania gli esclusi cui m'incateno bizzarro ed erotico lo sfiorarsi: vive l'arte del tacere. Mi concedo la gloria nel tuo intrepido incedere. Quanto di più splendida tu sia scultura nell'ingegno dell'amore umano. E strana qualità l'astrazione del tuo volto, sfugge dissovendosi nel mio nulla di fatto colmo di amore.

223



- L'abisso in superficie -

Il poco più di niente s'inabissa, non si espone. Eppure vivere a piccoli morsi audaci è teoricamente abile se si concretizza la moneta come ballerina. Le esistenze su aree prive di pensieri hanno la loro danza: parte di stabilità. La spensieratezza non in voga di una cartina di tornasole copre con la mano sul volto e riscalda i ricordi durante la ristrutturazione. La non trama del noi è il solito repertorio di voci a perdere, di nido chiuso dal setaccio: giunco tirato a fune che chiude l'evento al particolare. Per me il buono che non c'è, ci visita negli intenti sfidandoci sugli arpeggi d'immodestia faccia faccia. A vederci nell'imo ti scorgo estiva mentre incedi muovi i capelli frizzanti di voluttà.

222



- Cocaburra -

Nella corolla di pupilla hai un daino che bruca. L'ebreo sulla catasta del legno lo accudiva di fianco al camposanto in cui viveva. Al di fuori di noi gli stregoni indossano il suit e calzano scarpe marroni. La lente d'ingrandimento osserva i loro diamanti gambe idrauliche che versano l'animo intagliato di grezzo. Abbattono il suprefluo cresciuto a dismisura si eleva cattedrale vegetale. La dittatura dei gesti per sordomuti ingabbia il cocaburra mai estinto si libra in volo atterra sul ramo. Conquista gli sguardi selvaggi d'ogni anima salvata che riaffiori dalla corrente del fiume. L'addio è ritorno polveroso fatto di versi controversie. Dal balcone al pian terreno sento la tua voce come fossimo al telefono fianco a fianco s'incaglia il cuore lana invischiata nelle spine del rovo, possibile non amarti ?  

221



 - Una notte come un'altra -


Da qui a qualche tempo non ci rivedremo. Nè io qui seduto al tavolo mentre bevo birra, nè voi di là alticci con la felicità del sorriso bendato da barbe voci, bicipiti tatuati, abiti informali di chi sta bene è sempre nel posto giusto. Il passo leso la verità blesa quattro concetti non prudenti e misfatti innocenti gli abbracci a persone che non conoscono ardori vitali; velocemente il destino incalza quando indossa l'abito. Rapido insegna a stordirti illuminandoti non ti regge non ti governa, che non ti fu affidato dalla pietà celeste. Uscite dal bar entrate nel bailamme di fiamme in fiore il silenzio cala mesto sulle cose che avete lasciato alle vostre spalle.    

venerdì 2 settembre 2016

220



- Piscina -

Indosso gli slip asciugati al vento, gli abiti ai ganci dell'ombrellone trattenendosi alla staffa bianca  innescano resistenze di bandiere oblique, la mia ombra spedita sul telo giallo con la lucertola è fissa sul lettino a scultura nera priva di capelli. Quei pochi mossi lievemente a vegetazione rada sono steppa, le ginocchia bagnate, la canicola, aumenta l'intensità del calore, normalità che si riappropria la propria entità trasformata dopo l'immersione nell'acqua. Un insetto atterra sul block notes visita da turista le parole che ho vergato sfregandosi placidamente le elitre. Nell'uomo il superfluo è identità divenuta precipitevole. Si spegne il sole. Al richiamo di ogni nome si riempie l'aria immediatamente svuotata si ricolma d'urli giochi schiamazzi d'acqua spruzzi cristallini, perforati dalla luce riaccesa e ludica; sensuali i corpi si decorano illuminandosi alla tintarella bruciando. Quella donna laggiù con gli occhiali da diva prende il sole ed è meravigliosa nella sua lucentezza ambra.

219



- Skirt -


Il bagliore mi conquista l'imo in cui felicemente sto. Tranquillo spolvero la linea del tuono, paralizzo l'amen lo piego riponendolo da parte. Cerco la furia del vento che ti cade a dismisura, non combacia con ciò che da sempre penso di te. Illudo l'egemonia che bagna. Nulla di diverso mi attacca eccetto gesti astigmatici d'amore: impressioni privi di trucchi, molteplicità che torturano la quiete. Dalla cavità del quadrante sboccia il millennio, su di noi deposita i ricordi a nastri col fiocco d'avorio. Per religiosità assopite è l'ennesimo sciabordare di rughe che ci resistono. La santabarbara del cuore è legge automatica, imprime modestia mentre sbottona la gonna che srotola nel cielo damascato.

218


 @:-)  i feel love -

ti bevo ti vibro sulla lunghezza dell'anca mossa di calore e nerbo, ti spingo sul fuoco ad occhi chiusi ti riacciuffo non mi vedi, odi l'orda dell'aria che ci accoglie nel sussulto il movimento rispecchia ciò che è per noi ombra sull'ombra i nostri corpi incendiati di terra e fango convulsi avvoltolati d'amore morte danzano sotto l'egida del soffio d'inesprimibile sconquasso, è l'arte umana: s'infrange inesorabilmente epiteto in ciò che sarà in noi con noi nella parabolica diversità del noi uguale.   

giovedì 1 settembre 2016

217


 - Quando m'innamoro -

L'albume romantico odora di traverso s'incolla allo stellio del bivio. Al marciapiede fiorito di Diana la caccia è aperta all'onestà del diritto, il portiere chiude la serranda. La botte gravida dimenticata da chissà chi deforma il liquido che scivola nella crepa del romanzo. Assurge a totem policromo ogni livello di colore dall'orbita sfoglia l'occhio, acquista la modestia dell'immortalità. La bandiera dei ricordi ha ciò che desidero. Sul letto le foto divise dall'ignoto si dissolvono, protocollo necessario per vivere. La lapide è iscritta nel rombo consueto. L'ortica rilascia la coltre di aghi e se ne infischia di elemosinare a corte il piumaggio dell'oca che miete. Le vetovaglie sono spesso algebriche, se spiumo l'arca  penso di poter spegnere la luce quando lo desidero. Lo spettacolo sia fine mentre m'innamoro.

216


- L'amore al tempo dei Poeti -


La risacca dei rumori mi dirige sul mondo delle cose che non vedo, mi appisolo sulla schiena il vento notturno mi edifica la frescura di una chiesa. Scivola lo spegnimento della luce, i pensieri nascono a cespugli muoiono nell'oscurità privi di segni. Resta misterioso ciò che non sciolgo e taglio rimane per me inspiegabile: come mi senta illeso di un amore che m'induce ad un furioso e pacato disinteresse.  

lunedì 22 agosto 2016

215


- Je m'en fous -

M'ingollo nevrosi damascate al piedistallo di carta. Non mi placo se ti vedo, penso ad una spinta fuori programma: graffetta letargica che scivola dai fogli. Sulle tue arti erogene per chiudere le porte cambi vetri al piano alle finestre. Il zigrinare dell'aria al morso della cimicie vira all'angolo acuto che si spezza in arma doppia. La conquista torreggia sulle rapide, fluttua a voli radenti in ali millesimate. Nell'eremitaggio sto a gambe all'aria, reduce a piccole entità con scommesse di sguardi. La folla reale informa ciò che vede. Non sopporto la normalità. Il collier sulla clavicola mi uccide, ogni tensione è schiaffo, la brezza, l'uragano, il pianto, l'emozione, tu che vedi e osservi più di ciò che esiste, tacendo anticipi l'intenzione. Arrossa in te il giardino dipinto all'alba nello sguardo che pulsa. Il valore di un uomo lo misuri se ti è contrario. Seduto soffio l'eterno, precludo squilibri, vivo in mezzo a questo bailamme, non vedo la riva di qua nè quella di là. Marchio e giro il torchio d'amore piacevole ed insensibile. Fossi qui la mia pazienza a grandi speranze resusciterebbe da morte certa.  


giovedì 18 agosto 2016

214


 - Tranne il cielo -

Appena più grande del diametro ghiacciato il gelso si declina capello. Sgocciola il vento asciuga. Ad ampio spettro il fumo di sigaretta sulla scarpa, si sversa fuori dalla stagione. Le ragioni millimetriche hanno la loro giacchetta bianca blu al molo di mariujiana. Si gioca sulla rampa delle tre carte tranne il cielo, collima con la fine del mondo dietro di noi. Nel rispetto della nuvolaglia la cresta ventre giallo cresce a stretta di luce, scendo e ti vedo il volto pietra nobile nel taglio d'un cameo.

213



- I'am -

Sfuggo per me stesso al brio, alla noncuranza sino alla leggera tensione del nulla. Che uccide di sana pianta il pugno disordinato; è stordente il tuo stormire profondità egemoni di firmamento. E'indubbio ti amo, all'ombra di un periplo inciso sul labbro pruno, di passione t'incontro nel bacio. La conquista nel pieno della controversia è rosa, il carminio esanime sotto la chiglia dei respiri ama, di tutto punto il vestito ti scivola a terra. Affosso il disco del sole e guido alla velocità della luce psichedelica. Privo di scopo furono gli anni dove l'esistere ha ricordi a cura del nulla beffando con stile. Furia la morte priva d'aria senza l'amore che nutre, rinsecchita deambula. Potessi ridere di me nell'afrore della tua pelle respirare la danza che ammalia e sul cuore poggiassi il capo vivendoti coscienza.   

212



 - Us -

Corico la testa sul cuscino di notti sparigliate odo conchiglie nella risacca. Il suono si schiude rotola lemme sul nostro fondo. Nel fremito l'inconscio mi ricopre a fronde sentieri su cui il brogliaccio in tempi all'aperto ci sveglia. Sul crinale i motivi si avvicendano la coda del tuo occhio è l'emozione che ci dirige. Da un corpo all'altro plano a voci avvoltolate riconosco la mia la tua. Nient'altro eccetto noi. Scalo i pioli dell'emozioni iniettate all'amo l'ambrosia ci ricama discende dalle labbra ai corpi nudi.

211


 - L'amore nell'aria -

Tu che illumini di chiaro il resto siedi, manipolo di pensieri a pastello aggrovigliati in corde di violino accese di sensualità. Cristallina Dea delle acque, non scompari inghiottita dalla nuvola grigia, come la luna rossa al tramonto ricompare inesorabilmente per tutta la notte, così vige in te l'epiteto giravolta che si pettina su di me nell'amplesso. L'abbaino socchiuso sull'ode magica di una carezza, il maniero parallelepipedo di ghiaccio vetro sul corso del bosco che sfioro, s'illumina il tuo coperchio stellato. Ti reggi con la gamba accavallata sull'altra, guardandomi reciti un colore deciso da tempo dall'imo adorabile per me spettatore amante conclamato di amore che vedo ti seguo e taccio.  

210


  - Men at work -

Ci sfogliamo di pelle nuda al sole, siesta sul declivio del bivacco ognuno si sdraia nel suo mondo. Sul sedile alcune mosche ronzano nere sulla spirale dell'aria dell'afa, dai calzoni di fuoco stanno distanti per luminosità. Il sonoro dall'alto vibra nel corpo sudato, entra nel timpano lo percuote animandolo di lirica napoletana. La lingua del regno delle due Sicilie stempera i lamenti convogliandoli sulle ciglia, l'ombretto calpesta il carbone distendendosi s'imprime sul tempo, lo osservo nel lisergico riposo che mi abbraccia. Spada e fodero d'un giorno sotto la canicola li sento abbaiare d'emozione in attimi primitivi di silenzio. La bonaccia dalle nubi che vedo mi acclama. Qualunque altra meraviglia occulta si dipana entrandomi d'invisibile appartenere a mozza fiato. Oltre la coltre dell'io il fuoco dalla benedetta lingua in bocca mi si annoda d'amore colorandomi il paesaggio di volti amati.   

lunedì 15 agosto 2016

209


  : - )

è un vortice che mi assale una musica che non ha tempo, vedendoti so di averlo desiderato, sebbene non fossi in ansia. Mi avvicino non provo nulla eppure attrai più di qualcosa di superficiale, ti bacerei se tu sorridessi al mio cuore. Colgo la seduzione della tua femminilità mi travolge, vedo gli amanti di cui non sono geloso. Rapido mistico il battito silenzioso del tuo cuore, ti cerco fuggi tenendomi la mano senza ferirmi rosa nella quiete. Vivevi tempesta nel malinteso nessuno dei due ha amato l'altro, eppure l'amore è possibile per chi guarda negli occhi senza timore ed irreale col timore nell'apocalisse che non giunge porgendo sentenza definitiva: nulla di tutto questo. Eppure nel nulla pare tutto accadere e non accade mai. Potrei amarti sapendo di perdere nel parlar di amore: pura utopia, eppure avrei decine di frasi che ci aprirebbero il cuore mentre osservo i volti incontrarsi nel desiderio felice in noi. Non so se sia amore, per non morire non ti amo abbastanza. Ma so che mi cerchi non vedendomi come desidero e vivo lontano da me dove non sempre ci sei; che l'occhio non veda il cuore che duole ti dimentico sulla regia delle fiamme in fiore con i tuoi occhi che sono in me.      

lunedì 8 agosto 2016

208


- Sull'autostrada assolata -


Non penso ad altro. L'inganno è intessuto di forza e pazzia se ringrazio il morire. L'abbraccio è l'anima d'un bambù dentro il picchio: serve la brina al crisantemo. Sapore di terra. Ascolto il fruscio che non rende presso la volontà. Incede la ragione superba di gran corsa. Virulenta la palizzata al buio cromato, non dà spiegazioni, allusioni, verità presunte. In orma su triplice copia battezzo la corolla in un bacio, mi avvicino, mi avvicinerei di più. Ammiro l'odore che emani, non sento. Volto per il delta, immagino cruna la duna di vesti, pudore tra le dita scivoli sabbia. La manica arsa dal giorno esausto sul dorso lirico del tempo. Mani segnate, le cicatrici dolenti dal morbido soffio. Il frullo motore, una stilla nell'aria, mieto chilometri d'amore platonico rileggendoti sempre di nuovo.


domenica 7 agosto 2016

207


 - Musa -

Ed è la vastità del tutto che cancello consegnandomi ferito. In ogni amore distaccato al canto, ne traccio la via riponendola sul viso. Così m'involo sulla superficie del nastro vi pattino sul ghiaccio in bianco nero, eroe per i film di notti fonde e insonni. So bene mi consideri figurante sul palcoscenico dove fluttuo vincitore d'un abbraccio già mio, non per questo ti amo. No davvero. Mi tradirei, cerco l'immortalità con la mancanza, il nulla resta celato al peso che cerco vago. Mentre tutto cio che tocco mi resta estraneo scompare e non finisce depositandosi alieno e vero di non essere mai, benedetto sul piatto dorato. Per amore in me, su di noi, sebbene io non ti abbia mai conosciuta col mio amore.

206


- Plectro -

Non ho nulla che mi susciti amore. Un capo burrascoso dall'alto plectro mi discende sull'occhio, fico maturo preda dello storno. Le radici della chiglia tintinnano sull'acqua che inttravedo, il sughero mi rende la battigia al volo sommerso del condor. Sulfureo di pianto mi adagio sulle gambe. A piedi nudi in avanscoperta seguo il codice dell'emozione, i fari accesi impagliano i tuoni in lontananza,  aggrego l'espressione all'amore d'un pensiero. Taglio la periferia, l'acqua oscilla a bordo pianta. Il fulgore di ciò che verrà lo porto in me, nella spiegazione onirica delle quattro arti al vento accordato al destino.

205


 - Alla fine della fiera -

Sulle scarpe inglesi lamine per chi lo sguardo lo ammira senza cuore nè cura e consegna l'amore universale. La gratitudine la invio sul bacio in fronte. La polla d'acqua sulla luce asfaltata poco tempo ai sensi poi all'occhio determina il momento liberale sul piedistallo in carta. Col compasso seguo la mezzaluna in salita la marcia rende il miscuglio privo di sapore. Alla fine della fiera le conchiglie son ossa sbriciolate la parte viva scuoiata gettata all'ombra del caos nella borsa. Chiusa dalla zip, confabula infiammata. A bordo riviera, su cosa la libertà del bikini avesse espresso nel lilla, è l'odore preferito del concetto della moka del caffè che borbotta dietro la finestra. La questione si risciacqua sull'arenile, sente biasimare l'eccessiva bruciatura del nerbo floreale che si toglie levando il poncho.  

204


 - Tuba jazz -

Le tracce a ponente, via principale in cui l'errore permette l'investitura ai panni sporchi. Sull'altare la pecunia si erge a svolta lunare bendata. L'ostensorio colmo di fiori recisi schioda l'approdo al molo modesto. Il portone quattro mandate si schiude, fora l'aria maledettamente. La mono espressione con cui divoro il trancio di torta ricorda il sole relegato ai margini. Piove sul luminare giorno, l'afa col sudore plana nel dodici pollici d'inchiostro. Una libbra di distanza l'amantide religiosa mostra il taglio sul seno laico. Coro di ferri del mestiere traspaiono nella loro opacità, dal sangue meteora l'orbita ferita. Libero la farfalla dal pugno, apro il palmo decolla la sfera legata al filo caotico. Lo snodo è la traiettoria: rivela la propria debolezza. Candore la biacca metropolitana che rinvia la neve sine die.  

203


- Ave -

La saldatura degli arti, paleria di una tenda mai montata, frizza sotto il soffitto delle fragole. Inclusi i sassi la pirite brilla con la gonna a spruzzi marini sulle ginocchia. Ciascun albero frondoso mi ricorda la felicità d'un amore fugace, spensierato. Vero quanto uno più consolidato, vieta il passo eccetto le gambe solide piantate nella fanghiglia. Sul lunotto posteriore il riflesso degli artigli dell'aquila, ferma le piume felce oro suona e frizza l'aria. Le frecce di stazionamento inventano il lampeggio negli occhi del rapace, veglia d'amante la migrazione di migliaia d'uccelli in ferro battuto. All'interno il vortice. Mezze uova d'argento forano la calotta se l'uragano denuda specchi d'albume.

202


 - Hip hop-

Sono il possessore unico del mio occhio quando centinaia di barbecue accesi fumano al confine. Carne alla brace. Migliaia di uomini danno il lustro alla loro immaginazione tra le rovine individuano Pokemon Go, attraverso il cricco alla pallina virtuale, colpiscono lo inglobano. Tra le vie della cultura messa in tavola col companatico vi sono kalashnikov, bombe a grappoli, pendono code d'aglio dalla porta Greca e Slava. L'arte siede. Il teschio ha la fodera ad acqua di rose, la barba rossa dell'imam sventola sul litorale del sud. Il vento non è propizio non lo è più. Il ricamo in cotone nero tinto filo sulla frequenza ordinaria, fluttua statico sul bagnasciuga. Mi abbronzo steso sul lettino in piscina il sole lo chiamo per nome riappisolandomi sul letto. Attorno a me il vociare, slip, abbronzanti, creme.   

sabato 6 agosto 2016

201


- Eppur si muore -

Fu monumento impiegato sul fronte dell'acqua, i piedi li vedevo immersi, la testa nel cielo colmo d'ossigeno, la vita secca solcata dal vento del ghibli. A terra il rosso mal pelo acquattato fiutava la libertà. La povertà dell'idolo in vetro si frantumava ricreando fattezze dalla rosa. Maschio femmina ruggine limone, stesso bicchiere astringente acclamato dai più. La magia del lusso rende immortali e immorali. Simile tempo ritmico scolpito dai bicipiti ai glutei, legati carne, proclamano la mortalità e l'ansia della fine. La caducità è colpo di falce che si vive, ci consuma sino alle ossa su cui si muore.

sabato 30 luglio 2016

200


- Tinto legame -

L'orto col prezzemolo cresce a passo d'uomo rincorre il sole dalla favissa in groppa all'orso si accosta a labbra di gesso e merito. Intingo la ghiaia nella pece vi navigo col fiuto. Sull'ermellino il prosieguo transita, stramazza al vento, un paio di olendri di guardia coprono il guard rail. La cupola smossa di foglie scatta sull'effige, la moneta punge l'eremo. Al riparo dalle intemperie i semi sgarbati assorbono l'invidia che riaffiora. Dietro la tenda l'unghia tonda, svista al culmine del taglio, elargisce in plastica il traforo delle ragioni. Riposa in pace la sedia aerobica, i campi d'oppio si perdono dalla vista dopo aver conquistato l'aria. La frequenza nata si sfiora, a crepapelle l'ossido stira il chadir negli alveoli. L'ubiquità del petrolio lo mostro inciso al turchese. Il sentiero montano sente il segno della rilegatura recintata a pentagono. Il frastuono vi fiorisce, manca l'aria per l'animo inquieto.

giovedì 28 luglio 2016

199


 - Chiacchiericcio -

L'onestà negli occhi congela. Atterrisce Cloto, Lachesi disturba, Atropo passa col cane al guinzaglio. Il girasole collo ritorto specchia le lenti blu dalla pupilla virile. L'intro House Music centellina l'acqua si rifugia nel canale dove sventola pesci e natanti incolori. Ciò che mi circonda il lazzo del tempo lo amo. E' il potere della frescura serale che sfiorisce l'estate. La testa chiede il rigore dei fatti se sono in area non al centro del mazzo. La mezza luna scolora gli scrosci dei tuoni e piega il gomito del mare. Mentre il sale di lana registra lo iodio, la radio si sveste sul rostro in volo. Cammino al volo sull'ostro, al minimo respiro soffia sul palmo della mano, la nevrosi del boss è l'acero che sfugge dal ricordo per divenire santo molto normale. Mi acquieto sullo saliscendi dello sguardo da cima a fondo.     

198


- La signora sexy -

Il loro legame è una propaggine in carne rossa, tra fiori di loto si amano di unguenti. Le farfalla posa sulle ciglia, la statua vede il fiume. La resina bouclè gocciola e rigetta i fossili accatastati. Mi asciugo la fronte. Matasse collocate nel grunge di periferia si alzano. Medita la trama il vinile, che suona ed esclude le pietanze dalla rupe. Le cuffie in testa mi nutrono. Al banco gli amputati gruppo di gangster lancia la tangenziale in cielo legandola. Veli di polistirolo allungano la simmetria della nuvolaglia. Il mal tempo scorre e si aggrappa sui pigmenti a tempera del lenzuolo, balza a terra il ratto sul gradino sconsacrato. Lo vedo nascondersi nell'umido. Ripongo il fazzoletto in fiamme nella tasca. Il ruglio dell'epopea s'accende sulla coperta dei fili d'erba come mazzo di fiori diafana e donna.  

197


- Pizzetto -


La balla in fili d'oro disegna le pose in abito di struzzo. Nel grandangolo il fotografo imbastito da viti arrugginite sorseggia l'aperitivo nel foyer. Un abbraccio alla vetrina del poi non riflette alcun astro sulla diagonale. Questa storia non regge l'infinito è materia querula disposta in malo modo per il nido del cuculo. La tauromachia ad aloni solari è prospettiva unica. Per vivere lucido sotto la canicola è must lo stato brado. Nel vederti ti ho vissuto sulle labbra, il tuo odore mi è sintassi in fili elettrici, la tesi musicale, pantomima squadernata nei tratti sul vetro. Il treno sfreccia e supera la casa colonica, circonda gl'innumerevoli chiodi lanceolati. Amo, recito la veridicità tra rane e bietole sapide. Rescissi le lenti a contatto nella posa maestra. Colsi lo spettacolo in curva stampai il logo sulla gamba.      

lunedì 25 luglio 2016

196


 - Indovina -

Le mani reggono l'intelligenza assiepata, gli occhi di primo sguardo senza pena nè giudizio son fibra a chiglia sulla battigia turchese. Non vi è nulla di male nell'oncia di affetto indissolubile, la traccia retta dell'intenzione ha illuso. Chi ama per via aerea reclama la degnità aurea, chi vi transita circola nell'orbita e acquieta il brillio della rinascita. La mangusta nel morso trafora la misura. Negli occhiali il cobra rinuncia all'effetto. Sulla piccola chiatta il disavanzo algido soffia di anelli stopposi. Ripiego all'indietro e sferro un calcio al meltemi, sul polpaccio l'invito di corte abbaglia il promontorio. 

giovedì 21 luglio 2016

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 - Scia di cenere -

Normalmente ascolto musica dal potere concreto. Scivola dalle mani di corniola da cui defluisce il sangue la bellezza che ne scaturisce dalla cicatrice salva il gruppo di bonsai sulla linea della vita. Con leggere ali di cuoio il processo incalza d'erosione: è l'impulso alla libertà. La tirannide con la bilancia metà oro / metallo paralizza l'arte. Sbottono la gonna nella sensualità mi arrotolo col liuto all'insù. Spolvero il piovasco a polvere magnetica nel desiderio contromano che segue l'epidermide gestualità. L'ossido dell'ombra è plurima, sul letto del piacere intravedo la pantomima. Chiudo la mina d'oro con luchetti a fiato privi di trucchi. L'esperienza di cittadinanza è da insediamento umano perspicace. 

194


- Tungsteno view -

Il filamento in tungsteno si svolge sul grecale in tutta autonomia. Preserva sul cruogiolo il rostro del respiro animandolo nell'equazione nobile in cui il rubinetto perde baci. Sulla piattaforma nessuno si lamenta del rumore che fuoriesce dalla fessura. La sorgente nello scorrere al mare crea più frastuono del solito. Immobilizza il silenzio agli insetti costruendo gabbie cromate. Il cuculo grigio nell'eremo tace di consigli per appunti sulla memoria. La strage occulta trattiene le vibrisse alle rondini amando il pasto che sfiora la pupilla. Così l'acqua brucia sul tempo mentre incenerisce il presente al passato.

mercoledì 20 luglio 2016

193


- Apocalipse now -

La concupiscenza è tenaglia per estrarre spighe in lire dalla moneta. Il braccio ruota sul barbeque. Freme alticcio poi barcolla. Retrocede sul corso dell'anno che verrà. Il brandello d'api laboriose pende dall'ostro, a miriadi cadono nella polla in cui limo pietre d'elettrico recupero. Il fumo nell'aria privata resiste al gomito menomato, un nido di vespe recide il malloppo. Sull'onda di risacca il pesce spada a cubetti trita con salvia e origano il finale barocco. Accartoccia i morti, li prepara per le settimane di noia. L'anchor man con sospetto passa la linea per commentare l'apocalisse di profumo nel subway.

192


- Who next ? -

Chi mi precede alimenta figli interiori a pianerottoli di fuoco. In avanti il capo si rinnova nel passato in parziale eternità orrido di campagna. Sulla retta destino a frattali le conchiglie in terracocca sono basi lunari del sè. Lo sbadiglio copre la tenda col metodo champenois, dripping di un saliscendi aiutato da Jackson Pollock. La video camera lo segue sino al coperchio della bara d'argento. Multiplo di ogni cosa, il tronco apotropaico lo getta sulla costa mentale. Un pezzo di limone a bordo vasca e il piano riemerge dal mare: confonde le acque con le note a gas del pentagramma. Sfiammo il dosso con la lama, tolgo l'amo dal palato del manichino, il vento smussa il granchio. E' un piacere lavorare.  

191

 - Lume -

La cometa in subbappalto è la scimmia che forma la traiettoria. Il peaesaggio d'oro floreale acquista l'anemico viola di globuli nei raggi, la vetta nel profilo mostra al magnate le carte in mano. Ribalto la cruna da cui il termometro passa e dissolvo le alette di pollo messicane. Le tracce unte dalla posa in ferro comandano al cemento amato la scia che intesse il casco sulla vetta del go-pro. Dal tetto il volo: lo struzzo ammara sui cingoli. La pieve in minigonna lega la seta in bocca ai temerari. La menzogna che incontro infila la mutevole collana, abbronzatura da muratore in groppa agli assetati.

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- Elisir -

 
Sul corpo del mondo la pelle ruota tracolla nelle strade. I sigari, compagni d'avventura economica, fumano volte di cattedrali; lo spegnersi dei punti cardinali a rettile crea giardini mondani. La carta alcolica ne assorbe l'accordo a costellazioni immuni sulla testa. La campagna chiusa d'alberi mima gli spaventapasseri e alterna i fiumi secchi al molo del domani con la donna vista dal terrazzo sul mare. Cammina sul lato opposto della via tra un garage e l'altro la mummia con l'ancora legata ai piedi. Dorme sui flutti sagomati di vermiglio, s'abbevera nelle taniche di wiskey, tace. La partitura del tacco d'aurora nell'occhio bascula di soppiatto la fuga conserva la lingua in posizione da nodo di montagna. Spiuma il battito dell'artiglio mentre regge lo sguardo. La carne fiore di verruca dell'aquila, conquista il crollo dell'artista. La pièce s'incolla sull'unghio plastico teatro sull'omicidio, tratta l'orma. S'infila tra le orecchie nude in compagnia del passaggio nel filo dal volto che vibra.
   

domenica 17 luglio 2016

189


- La fontana rosa -

Le farfalle bianche attorno al rubinetto in bronzo, intercettano la goccia che cade in cristallo prezioso sulla grata. Il maniero in balle di fieno si staglia silente sulla collina, dona al vento qualche sbuffo, la giornata è defunta dal sole. Il cenacolo, chiome di chignon alti, bassi, laterali, lega con la cinghia le ceste alla groppa dei somari. Sotto il cappello in paglia il volto segaligno è la comunione col ventre della donna per la notte. Il disco del sole lega l'occaso a sè, si stempera nel condurre al gruppo di case sulla collina se piego la visiera. Il sentiero in graniglia: al frinire delle cicale notturne la luna piena lo irraggia. Il tramestio, ghiaia ferita sotto i miei passi, segue. La finestra illumina la vista. 

188


- A' la fin du soleil -

Al termine del sole giunge la valigia in pece nel tramonto, imbratta d'oscurità il cielo la tramontana d'abbracci mugghia. Stamane la scintilla dell'aurora riaccende il congiungersi, l'universo brilla. In uno sbadiglio floreale la sonnolenza delicata si dissolve ai raggi. Apro la finestra, di spalle il letto di sogni fuggitivi si è dissolto, rivedo il giorno sobrio nell'abito di frescura. Vorrei poter dire ti amo da morire; è la mia novità. Si dipana ignoto il tempo, cortometraggio a colori di Damigella sul vetro.  

187


 - Amanti -

M'isimprime il triangolo di te sul foglio d'un mare aperto, dove il piglio terra cielo confondono le tue forme transeunte in me, lievi incedono in sciabordii dure dolci di santità illegittima con cui amarti in giochi d'accensioni, d'acque ripetute circonfuse di segrete cripte cunicoli esaudendo il non sapere, del nostro amore crudele fiore in ogni proiettile, con cui ci colpisce ci sfiora ci protegge di cuore, lasciandoci cicatrici sul corpo esausto ovunque.

lunedì 4 luglio 2016

186

 - Star -

Lo sguardo color rosa di sè s'impietosì: tra i cespugli sempreverdi era secco di amore. Il tuono serrò le braccia, gli aquiloni levarono le ancore, le nubi distribuirono le dita sulla carta. Bella come il sole si tuffò nervosa. Come il balzo del ciondolo mosso dal collo, uscì da perfetta danzatrice dell'eros. Stava in piedi, Regina degli scacchi ovunque, sul disegno incatenato di uomini e luoghi comuni. 

185

 - Pill -

La lucciola in seta indossa luci stroboscopiche, con strisce di falpalà nega l'amore a chiunque. Parole di organza fuori tempo, salvano il gesto dall'odio manifesto. La cresta modula i cucchiai di caffè, la barca di carta imbevuta affonda in costole nere, ai ganci perdutamente. Fulgido trastullo è il torpore del vortice, la miseria sulla giornata frantuma teschi di candido relax. Col bulbo nero mostrano come la dentatura sia greto di fiumi universali.    

sabato 2 luglio 2016

184

 - Televideo -

Sciama esterno il nugolo di brace previsto nel gallo da cortile. Il parcheggio dal passo lesto muove la scala mobile dell'oca col carbone al collo. Ogni volta riprincipia tirando tramonto e aurora, il lenzuolo di colui che dorme al risveglio. Semi antica la finestra accende l'ultima preghiera. L'orologio escluso dal muro, celebra il nuovo orario 06:30 e rinuncia al sole sulla brandina costruita in pietra. La parità non è un diritto se il distico si compiace della coperta. Ammiro il cielo a braccia conserte, mentre travaso neve dal fango. La finestra ovale dirimpetto, scoperchia mille passioni nella pineta marittima. Mi rivesto, maneggio il tenero arbusto: incendio la ciocca di capelli sul fondo del pozzo. Conquisto le monete d'oro, i diamanti grezzi ruzzolano dal pendio esausto. Il successo agognato .    

183


 - Osaka -

Il piede in mare chiude diagonali a stringhe su scarpe inglesi. Il phon di manica corta priva il senno per la linea dell'equatore. Chiunque vi passi, scorge il cane del fucile guaire alla luna zoppa. Riflette l'intruso equilibrista. Spinge la fuga su trampoli con calma propria. Sullo fondo sfuso nido di cicogne, il cotone ambrato ricuce rocce sgretolate. Permette al fine dello scarto di ripulire le scorie. Recupera inferiorità alle membra raccolte in preghiere di massa. La luce stringe la pazzia sul dorso della mano, fiori di sospiro varcano il bordo d'un soffio al cuore. Sull'anulare posseggo il gorgo estremo, la soglia insegue ovunque i connotati del portafoglio. Un colpo di tacco, salta la pietra nello stagno, la goccia nata segue l'haiku che tesse il paracadute al ragno. L'inchiostro invisibile taglia la parte opposta al color dell'aragosta che disegna il pontile per l'attracco. Interviene la pioggia oltre la traversa.

mercoledì 11 maggio 2016

182


- Clown -

Brusco come un ricordo il riflesso di schiavi in acciaio svirgola nell'aria e piove. L'acqua defluisce dal punto cardinale dove normalmente il lume dissalda il filo in ferro. Innesta il connubio di terra e di mare in un salto di breve fattura. La vetrata verticale di cui si ha rispetto, si svincola goccia di fuoco. Sull'avambraccio un tremolio sinistro arrossa il panorama rovescio della brughiera. La bruma in pelle decolla portandosi cucita sugli occhi l'aurora faccia vista. Mi annoia m'incupisce come la morte sia perfetta morale. Dello scettro si spezza nel vento il baule, ne risuona il fango di giubilo. L'estremo nord è vuoto che vara sui sentieri gas acciotolati, steli dalla gomma piuma. Sulla corsia di emergenza il faro illumina l'occhio del coniglio. Dal costone di roccia penso che ogni frammento lavico sigilla lo spazio acustico. Che qualcosa di autentico si muovi in questa vita aldilà di noi è pacifico. Il più è scovarlo e metterselo in testa come un cappello da clown da mostrare come fosse un passepartout. 
    

181


 - Apostolo -

Per illuminare i dormienti la cuccagna partorì il testicolo del ciuccio. Cipolla origano una testa d'aglio pecoreccio il saluto romano la gabbia si aprì. Un orso tinto a piume ellittiche interruppe l'orma lunare lo spaccato sound rise di gran cassa. Riprincipia il violoncello sull'altura becca l'acuto dove il gospel armeggia nel vinile del disco mondato. Chiacchiera di periferia. Di carnevale pittata, il nero si stacca dall'ugola, frutta fresca oltre la porta che si chiude ed è complice. Mareggia il vento, mani in tasca il vangelo apre sul leggio le pagine smosse; consecutivamente ne odo la rete da pesca allestirsi a muro. A quote millenarie appeso al palo la porta il Cristo pubblicizza i suoi libri blu dipinto di blu. 

180


 - Il completo -

La modestia non appartiene ad alcuno tranne ai morti che indossano l'abito per l'eternità. Dimentico l'indirizzo di pensieri con cui credetti di non domandare il prezzo per il viaggio. Nel bicchiere non vi è versata grammatica al mantra enunciato. Mi derubrico in coscienza: ascrivibile verso d'architrave in blocchi, l'ideale confonde le acque. Mai torbide a dir il vero, al medesimo sussulto combacia sempre la distanza. Lo dissi al re il quale nascose il fante nell'intercapedine, allungò la bretella attraverso i baci, che rinnovai al trotto con la cornice carrozza in stazione. Il graffito mappa dell'aerografo tinge il tesoro con l'enigma a spirale ad otto mani sotto il lavello. Pubblico chi mi diede retta, da equilibrista dico chi non sei e non sarai centrando l'endemico dell'ovvio. 

martedì 3 maggio 2016

179


- El cuerpo y en alma -

Sul pallet di muschio la calce balza nel fiore all'occhiello. La madama retta d'acqua limpida racchiude le pupille di mare tumultuoso, le governa con le palpebre dell'oro. A labbra conserva roccia e copre i molluschi. La sfera nel vetro rapidamente esamina le impronte sulla condensa. Il cruscotto farina del mento, ha macerie di un delitto. La pietra morbida macina ogni benedizione sul tratturo. Accadde a fil di macete sulla groppa del maremoto. La televisione sorse diniego, la radio in sottofondo graffiava i venti saltati degli ulivi. L'orizzonte a cilindro d'inferno, biella serrata zigrinava paesaggi a miraggio dentro i cuori. Annerito dalla solitudine l'uomo e la bestia condividevano lo stesso spazio tempo color della morte inconsapevole. Entrambi ammettevano il basso ventre sulle poesie.

178


- Watercolor -

Il peso è lancinante un gorgoglio di accenti che solo i soldi traducono in parole. Il fiuto annuncia il torpore l'umidità dei muri resuscita la coltre di mezza via. Ogni mago irrompe sul cratere anno dopo anno, l'indivisibilità dei cavalieri col flauto riempono la cintola. L'astro sotto schiaffo geme sempre vero o falso sia l'encomio. Nutro cartoni animati con la voce a pezzi del sesto acuto, si sgretola la notte nostra spalla avvolta nell'amore. Elargisco il futuro, non mi darà nulla più di questo per l'estatta colpa che devo espiare, il piano lo suono nel silenzio delle stoltezze. Attraverso il pensiero dimentico attuo vita se mi appartiene. Sono il pioniere di me stesso accudisco il corpo con spirito disinteressato. Srotolo l'incudine a polvere di ferro la raduno sul magnete a corto circuito. Mi rialzo come l'aurora.