mercoledì 31 dicembre 2014

104



 - il muto -


poi in
 nome  di chi
non parla
furono tenebre doti, riarse
dal fragore 
di ogni culla
fiammeggianti;
sotto le volte degli 
arenili i corteggiatori 
indossavano il volto dell'amore;
al volo il rostro graffiava l'arcobaleno
schioccando brillanti a ciascun aderente,
che l'avesse intercettato nel biglietto 
vidimato nell'altorielievo d'oro dove
il monte lucida le botti di barrique
versato per il turista unico 
di anni a venire le
copie  sono
incartapecorite dalla                  pelle del viandante

103


 - il male -

il
 male
stretto al male 
crebbe attivando marce al danno
 scalzo;      preso 
dal tornante accelerò
sull'arabo lo zucchero
a tonnellate, temette
gli umidi 
canneti
in baci; e le
certezze sotto
l'albero videro
laggiù la campagna
 preghiera in coordinate 
che acquieta l'anima
vista e appoggiata alle
gronde dai rispettivi lati si
piegò nei pensieri l'apertura e
dal chiostro la goccia irruppe
cadendo stilla in lino fusa;
 così variò la
 soglia
lacera
 del portico
stratificando i vertici; ma
da quel foro la chanson francese emerse
e colsi l'attimo: rubai l'eroe strinato al colorante

102


- genius loci -

se 
bevo 
un 
drink 
intonando il 
quarto Dio lo 
annuncio nel nevischio 
calato lo depongo al guanto  
baciando il frutto mi ritraggo come 
un geco in vetro dove non ci son sconfitti 
e la vittoria è un'illusione; libera dal concerto;
la foto ritrae un panno  sotto la misura tagliata nella
maschera che risuona e spinge le filosofie nel tuorlo
quando la manica frulla i gemelli al quarzo
e il bacio al vocoder è
ripreso col calzino 
rotto l'alluce
del verso
all'alba il
tramonto 
smembra
lacche 
della 
messa
 in piega
 e la scriminatura
strappa i petali ad ogni 
sguardo applaudendo la
 barba non cresciuta sul cemento

sabato 27 dicembre 2014

101


- profezia col gelso -

 se si
 muove è
 il bianco degli
amputati, il mito 
rimasto acerbo 
tra primavere
e autunni;
fermi 
alle 
roccie
 nelle calli in
cui nessuno scalda
il trapianto temporale;
tanto meno il ghiaccio, se 
fumante sullo stipite del piano si
ammansirebbe, divenendo fiore imbalsamato
capitolato tra architravi a testa in giù; dalle viscere
è benedetto e maledetto dai mugnai, infarinati ne traggono
il biancospino: sui denti rotola unità di misura nella sparsa gioia;
del belvedere ad ogni passo, in verticale la corona è obbligata a corte,
vede i monti il prestito e l'onere del podere, la donna stellata di vettovaglie
dal marsupio che saltando perde; la
stampa
i giorni
i mesi
gli anni
e l'esatto opposto. 



venerdì 26 dicembre 2014

100


                                                                                     - Blondie -


                               con ciò
                            si chiudono
             i petali
     del tomo
                         nuovi ad alta quota se ledono le brine 
                 incuranti al sole
  che è belletto in riva 
                          all'estro; così il greto si dispone al perdono
                       del compagno senza fili mantenendo tenera 
                          la notte, in parti della commedia col tendaggio 
                         scucito in anni, e nella mole dominano
                                               tre stille di cui la pellicola rotola
         seppiata
                       eccetto
                                l'autorità;
                                                     giacca improbabile
                                    che relega in
                     naftaline
                                                 gli impermeabili del menù, con
                                                         l'estemporaneità che nacque dall'infante
                                                     che suona le maracas mentre il comitato
                                                     promotore rimane all'erta, stendendosi sul
                                              disco dinamico
                                             sgrammaticato.

giovedì 25 dicembre 2014

99



- Apollo 9 -


la 
lirica 
di un fatto
 divampa nelle
midolla
 e nutre
l'utero maschile,
non suicida
fermenta i numeri all'addiaccio,
poichè dalla coda il gallo, ha il pendolo
oscillante innesta il malleolo e il pisside,
fuma di gran carriera muovendosi d'amore,
nel crepitio di guglie dal giardino verde presso
il cielo, raggomitola al tempo il volere delle carte,
per il gioco della divinità che desidera l'abilità della
preziosa navicella; la quale muta in fiori le ombre dei 
fanciulli amati per
acquartierarsi
nei pupazzi 
finti:
al tempio dei tempi

98


- desert storm -


come  i Padri suggeriscono 
sciolgo il voto fatto a Venere;
sulle ciglia d'irraggianti  fasci
il carteggio avviene al freddo:
lo si stringe arrotondandolo. Ci
potranno condurre lieti ai vaporosi
cocci in vetro che traspaiono sui piccioni:
insanguinati
al terminal 
rimasto
al lago.
E
l'economia
danza
tonda
sfera
ruggine riarsa
dall'Evangelo sbocciato
nel maledire il fiore con cui la mano 
mi ha appena ucciso per errore e rigonfio di
dolore; spengo la suola di odori acri del mio passato

martedì 23 dicembre 2014

97


Istituto Luce

Sereno
il meridiano legato al debole
modella e vaga al fiume con l'arazzo
dal vagito segna il collo mantenendo
il paradosso che risuona presso il simile
senza lente; la radio visse nel monocolo
l'ennesimo richiamo al vello della lira
tradendo l'asse sulle labbra
raggomitolate al sangue dell'autore
il quale spense la mortalità nonostante
il frutto; escogitando innumerevoli 
farfalle restò in equilibrio 
sul circuito della mano
bollita ai segni
compressi
ora
a terra 
noti al cielo 
augurava quanto
dalle finestre umane 
il plauso fosse aperto 
alle antiche novità
sempre assorte e mai assolte.   

domenica 14 dicembre 2014

96


 -  i bar di Belgrado -

Addossando il cappotto ricamato in foglie, propongo d'impilare il carro di palme al vertice; di laccate pelli ingessate per la moda di colpo al sale marino e tatuato in vernici; ci si'interroga col movimento in voil d'un arco dalla scia navale al molo; progettando lo scongiuro ammicco la pietra sulla costa del mio cuore; dormo la rotta in zucchero fidato dai passi vespasiani; la zona franca è fibra d'aria eretta e incentivata dal gabbiano che volando con i falchi da diporto sceglie la tinta slava soporifera.    

95


 - il bicipite biologico -


Dormo nel sotterfugio fotografico dove ogni scatto è un incubo tappezzato di cetacei; variopinte non mancano le acciughe impastate sulla prua accappella del disegno; incastrato alla sorgente col parapetto in fiamme strappo il pugno; per qualsiasi evenienza i mille pezzi li getterò nel cestino presso il pane; di modo chè le urla preventivate siano animate dai cartoni dalla fiocina; blesa nella corona in testa al gatto, la quale rivolta da mosche cieche, benda il bianco estraendo il serramanico.  

martedì 9 dicembre 2014

94

                                                       - lo zaffiro e il cacciavite -


quella genuinità di lui che confonde, 
quando vuole il sangue per sè,
sulle tracce di una marcia adamitica;
lei per l'assoluto che non incede 
 cristallizzata in un intento,
solitamente fuggevole,
l'essere schiocca così l'incanto 
nell'annuncio trapassando l'aria.
Ed è l'acqua plausibile a
tuffarsi capovolgendo l'ignobile
che transita al prezzo di rifocillare
il refrigerio con immagini senza peso,
che fendono verso quelle di un passato
recente sfocate anch'esse nel loro nerbo
di altre vite.

domenica 30 novembre 2014

93



- caprioli di cherosene -



trapasso l'areazione nei contrari dalla mandibola, ultima proposta se non tollera sbricciolarsi al mare; consunto come l'attività rugginosa che balla, penso all'importanza di muoversi stando fermi; la lastra è un buco a partire dal traffico inverso all'orario viceversa inchiodato; da chitarre depositate sulla schiena di chi corre a perdifiato con chiocciole nei piedi; lo zabaglione versa sulla panca nutrendo con pietre vestite il gran gala dell'aldilà; e un fiocchio d'occhio piove dorato per l'avvenire.

domenica 23 novembre 2014

92

 
 - niente di più che un carro -
 
 
Nell'enclave leopardata il giallo intuisce il proprio canto e le gru sono fiere mantenute al sole che non tramonta; è il rumore delle scale che incendiano il sempre avviato tra il nugolo di zanzare, chi attacca il sudore va sottopelle e rimbalza l'orso alla visione che meravigliosamente conta le anime su carte che non posticipa; l'arrivo della mosca è negli occhi rossi e deposita la cassetta di sicura ira per l'incendio attillato seguendo il sentiero con le Nike dal color vermiglio non commetto errori di baldanza; il sole è oltre il cappotto dello scritto, il verde che mi circonda è simile a se stesso.

mercoledì 19 novembre 2014

91

 
 - l'urina dell'icona di Madonne -
 
 
la bicicletta sul daino del crinale illumina il cappotto nero; la tubatura visita la cittadinanza fucsia: e prorompe agli occhi ocra del muto; di poche parole ma ipervedente da Dio con la rosa sulla coda del rettile; desquamata ferma in sosta nel pittogramma di una tazza di te; filiforme e idiosincrasiaca che irradia la razione giornaliera declinante di due gambe accavallate all'ora in cui i turisti tolgono la chiave dall'insediamento; planato sulla torre che si avvista lungo i ricorsi dei podisti sul confine; ci si augura dall'intercapedine che ogni voce priva d'eco sia stata interrata da buoi occasionali sulle scale; e la chiocciola divisa e affranta da tali concessioni sarebbe volata; e sbattono le elitre girovagando sui muri bianchi e confidenziali; d'accesso che premeditano l'introduzione erudita per la pizza di tutto un taglio; sanguinante dove la ferita squarcia il fulmineo piombo sceso in quattro parti troncandole; storpie e liberali.



domenica 16 novembre 2014

90


 - Di santimonia erronea  2 vs one -

Anello e gancio per raccogliere le prugne grigie di qualche anno dentro il cesto le mature presso il gatto obtorto collo riagguanta l'occhio con una zampata il conducator orbo tra quei frutti a piramide catasta le cascate i gorghi le correnti le spume sul meridiano perde rotola il tramonto d'un amplesso l'orgia sul vetro d'una lastra il bagno asciuga complessivo zinco focomelico non fa muscoli in tutta la magrezza s'indirizza verso il dente di pernice annotta la fauce è conca spalancata il novizio di un'idea svetta collinare irrora la maestà nana nel fango di cui son fatti gli uomini di santimonia erronea.

89


- Di santimonia erronea  1 vs two -

Frusto l'ipotesi di un paesaggio, nell'oportunità lenticolare di un'evenienza;a ridosso di una vacca che sbuca in strisce pedonali levandosi, pezzata sulla verticale della mezzeria con le zampe alzate; bipede che apprezza l'etichetta e la sottofesa legata al filo; dell'enclave nera rigurgita al branco fremente col marito; stampigliato sul pareo, camminando sull'asse in quel mostrar le ali; discendenti che fervono sul dorso: un pavone bianco dal calor solare; stelle, parruche e zuccheri cotonati dal femminile allure, filati che si gonfiano nel petto; gli apostrofi penzolano dai lobi e le carcasse si riempiono di morsi squinternati; dai suini deceduti secchi duri e ritrovati di malanimo le acque non più azzurre; perfide con il germe stampato sulle T-shirts gementi ancora; sul campanaccio placido vi è un nodo.     


sabato 15 novembre 2014

88



- il nome del nulla -


Non vi era l'immagine dei binari ma ti amai leggendolo secondo il nome; all'occhio di mare unico incenso con cui lo stagliasti al cielo, fiera e monca; per un momento scoppiasti l'asso tatuandolo nel paradigma: l'ambaradan fu più grasso. E l'amplesso alla noce in quota lo vidi esilarante: viaggiava di furori.  ( mod. FB ; 6 / 9 / 2019 ) 

martedì 11 novembre 2014

87

- marchiato biondo -


L'angolo di balena nell'abisso marchiato moro è il fortuito caso di vite trapassata sulle folle: rumina stoppando gli uni sopra gli otri accentrando le diversità dei cento metri piani divisori; amalgamati a piante nel fragore di realtà, accartocciandole agli scritti che pesano nella resta; per fama legati all'osso non tutte son di razza dopo avere visto l'armigero bersaglio del pastore; incamminato sulle vette dove la garrota è la transumanza stretta al toro; il buco nevica nei piedi a perdi fiato con l'ariete sulla faccia che guadagna la presenza laterale propria e di ragazze altrui.

sabato 8 novembre 2014

86


 - il pessimo Candido -

l'airone sul campo arginò clochard alati impalando i tempi con parole svuotate di budella; dilaniando ciascun frisbee al video sul cappello che volasse; e con la mano potresti dire ciò che vuoi se ti ostini a rubare gli angoli delle mete; vitrei odor del pagliericcio mescolati al fresco di coriandoli in fumo; la colla è a presa rapida sulle collane orchestrali che pesano all'umanità governata dall'amore scivolata nell'orbita di scalinate aeriformi; il coltello gioca scivolando zittito nei serramanici tra fegati e milze: indaga; il sacco di yuta che cammina nell'ombra centellinando il vivere e il morire: non sarà altro che un'estetica inadempiente; di modesto affare sollevai lo sguardo col violino e il gallo tatuato ai piedi mosse i vagiti gesticolando all'aria le novità dei propri sentimenti; Cristo visse innumerevoli volte cambiando il volto; la donna terminò un bacio e svoltò l'occhio su ogni penna confermandomi dall'aldilà che << ...l'incrocio del destino è inesorabile... è il tempo che disegna le opere...>>

 

domenica 19 ottobre 2014

85


 - la moltitudine comparsa-

quando finirai di mondarti vendimi il diadema da potermi preservare; le bottiglie ghiacciate sono in credenza e fuma tra le mani il vino; i panni appollaiati al freezer restano stesi a mani aperte: cucimi gli uncini cascanti il refrigerio sentirà margherite in ferro sulla schiena; le trafugherò al signoraggio legando budella a scomparsa, le fiamme spaventeranno il capolinea; il vetro cresciuto avrà l'età convincente per orbitare sulle rocce; lega i vassoi nella tempesta di meteoriti e raccogli i fazzoletti insanguinati; luccicheremo ondeggiando le madre di tutte le battaglie venose e perlacee tra risse e brodi di metallo; la pena rintuzza pagine pelviche che irrorano le onde calpestate; a terra tremano gli ingenui per le gioie crudeli degli scoli; noi lo sappiamo.




mercoledì 15 ottobre 2014

84



- sulla scena le gambe mordono incistate al cappio -


il coleottero di cashmere nel selfie all'angolo del labbro avvolse l'azzurro al cielo; impiegando il vizio per morire con denti nuovi e umanamente altrui; così le donne arricciate come gatte applaudettero la stuoia sulla pancia color d'avorio; osservando lusinghiere la cucina dallo sfondo nero riverberarsi negli haiku; sugli sportelli ardeva l'intensità della clessidra, sciacquata in sorsi mescolava il dilungarsi ombelicale delle filigrane dentro il maremoto; perdere tempo è l'egemonia della sottoveste e i collant di Chanel odorano l'attesa sotto le pensiline d'oro; bagnate sulla visiera carta zucchero dove la scritta scolorita del mangime umano, svetta nell'aria tetra di manie persecutorie; sin sui capelli da baseball ingrassati al bicchiere mosso in onde simulate; nella velocità il cucchiaio ritrova tavole apparecchiate per il surf dall'alba argentata; barocca se vista da finestre assolate dal rosario in tasca; un benedettino nel baule della vettura respira, esercitandosi alla plancia del diaframma. La via è statica sulla mano.


domenica 12 ottobre 2014

83



- lo sberleffo decaduto a rate -


il mite ombrello campa di fusciacche limando il bordo; enfiando reti innondando il wiskey acclimatato al fuoco dello spry; disboscando alveari al centro dell'angolo, retto prima o poi; rompendo ogni gruccia che sia montana nel vibrare; agganciata e illune fluttua come un verme all'amo; racimola strade decadute, le voci abbottonate per millenni nude e intonse sono udibili; si diviene albini in questo modo, privi di parure consegnando il collare ai gendarmi che abbiano gli occhi abbronzati dall'inferno infermo oppure no.

82


 - la fede ignifuga del transessuale doc.-


la camicia a quadri rotola sul pallone dei pendii infilandosi nelle nevi;  a cumuli rinchiusi in un pugno di sporche ali temporalesche; le cordate cantando agli impiccati alla fune di risalita; scegliendo l'ermellino al collo predetto da perle di ciascun nascodiglio; riposto sulle orecchie intasate dai rumori dietro l'anca d'una catena scesa a piombo; dal maglione rosso amato di vermiglio nella cotta lineare della funivia; dove il sentiero indietreggia allargandosi a macchia d'olio cistercense; sulla mano monca il lume di candela; svetta di mortalità dalla bocca torta illuminando le candeline per qualcuno che inneggia all'uguaglianza; defunta nei più poveri, viva nei più ricchi che nella disparità amano le pallottole; confezionate al mercato dal giallo d'oro che ignora la retta via; pensando al perdono della musa lacera d'amore incontrollato; e il perdono è definitivamente insaccato nell'oblio; così ti guardo nello spirito ingobbito del tempo: mi è necessario; lenire il tuo esistere colmo di colpe zuccherine che riflettono l'afasia dell'esistenza, illuminando l'illibatezza annerita.

81



 - la morbidezza delle diversità -


Il sorpasso nella galleria illumina la moto dell'alveare tornito da lane bianche sulla salita che genera addii che si inviano agli austronauti. Ripiena di led a maglie chiare sulla supèrficie gli scafandri forati da proiettili si staccano dal conto personale con la bandierina che sventola tracciante e incandescente. Di taglia larga col drink nel sangue di qualcun altro i trigliceridi decapottati in altitudine presso la chiesa caccia fedeli in mutande col santo pifferario tra i serpenti; il fulmine sul prato folto ripiega sul volo dimezzandone il guscio d'uovo senz'albume ripara con l''ombrello il tuorlo; stendo la biancheria dall'odor di caldo raffreddo il limite che punge di metallo mattiniero; reggo il pugno sul momento e trapasso le quattro dita di ordinanza. Conquisto il ditale d'oro pungiglione che frigge l'eterno che sale, sciolgo il limite in bolle nel vetro arso di manie. Lo zoccolo nel frattempo circola negli affluenti per quantità femminile e del volume delle unghie parlo sul dialetto che viola ogni lingua slava.

80


 - L'acqua borica sul manubrio senza mani -


La pelle del coniglio inietta il rostro al ragno che precipita legato al filo come un sasso; intessuto d'amantidi religiose sul crinale scolpite dall'asfalto; omicida colorato al fiocco su cui chiacchierano le porte inglesi manomesse; dalla furbizia che riscontra il sangue defluito nel canale con l'idrante rosso visibile: si contorce come una serpe; sussultando preghiere alle provinciali accendendo ogni piovasco eretto sull'ombrello; invia la fiamma monocolore dell'arcobaleno istruito ai pianti che per l'udienza tiene monete rotolanti; rame dalle tasche verso gli occhi edificano lo sgusciato imbroglio; impronta solita di una mano umida sulla carta la toglie in un rutto di pomice; nell'occhio contraccambiando lo scolo alla moneta dirigendola in uno scroscio; vibrazioni che si rincorrono nel coridoio; pettinandosi col tempo che odora di scosse e le pagine del fiume si rovesciano in fremiti; promettendo il trucco dei colori; le prospettive sono ardite per chi si umilia stringendo il gomito.



79


 -  Drum  piano e stratocaster -

La spilla polacca amoreggia la panchina in legno stratocaster; se ruzzola mortalmente sorvegliando il riso strafottente di ogni felino accovacciato; alla zampa flette colpi al collo alla cucitura della serata cerebrale, mordendo il gheriglio annerito nell'abbeverata delle vespe; che gironzolano sul tegame col buco in fondo; infliggendo chiodi all'acqua trapassando il buco attraverso cui passeggiano adorando le cure al vertice lunare; con l'ago asseragliato e secco finta lampada nell'addio; avvicinandosi al flusso che odora parabole di mare sul rovere; nei capelli mossi di suffragi e stambecchi con la teiera all'inglese sulla clavicola in fronte al the; ogni luce si riverbera picchiando ossa dallo zigomo ai piedi nelle scarpe; ogni carta predice il passo nel futuro cancellandolo, conquista legni attraversati dal veleno di sonorità; menzogne dalla balia esperta fuggono, profumando d'oro e cocaina ogni ambiente; sulla strada di mezzeria si rotolano i meloni in discesa allo sbaraglio sull'abisso del canale.




  

78


 - i diversamente tonti col genio dell'ignavia -


Le sinapsi desolate di teste stanche, sfibra le nullità usurate dell'allegria dell'ovvio; ricercando il banale mimetizzato al muro, individuandolo col pennarello disegnando; su per giù il cielo capovolto che non indugia a crollare di questi tempi; affacciandosi sull'elmo lineare dove una brezza in legno e cuoio s'agghindano marcendo il regno che suda; relegato a sotterfugi dai profughi appesi al turchese; al collo del malocchio il quale defunto applaude stando in piedi; scapperà gridando alle bambole di fibra e plastica contorte; " salvatevi "umettando le mani irrise a denti bianchi castrati nei loro sorrisi in mostra; universali cercheranno di enucleare l'esistente; spingendo glorie demenziali per condottieri dalle noie insonnie se la musa sepolta inciderà sulla sessualità dei poveri; questi artisti inscaffalati dalla moda hanno palle logore che lucidano i vuoti dipinti dai processori; invocando come siano fragili le prospettive dell'ovvio, colorando uova rivoluzionarie del senso unico.

77


 - La vettura sul petto dei coriandoli -

Il caldo dell'estate è il silenzio dei monti, dai monti il palloncino solleva la porta alzandola da terra. Attraverso il ricciolo d'aculei, calpesto paracadutandomi a camicia macchiata di sangue. Sul disegno gl'infanti mordono la mela nella penombra del cuore, la pelle dell'edificio screpola gli occhi. Visto sulla cresta dell'onda la rosa vocifera l'inizio del canto: pensa d'essere aggredita dall'innamoramento. Dalla magrezza vocale la finestra ode la donna del quarto piano, spazzola i capelli di blu metallizzato. Sgocciola frattanto lo specchio in una lacrima, lo svenimento dell'oceano affoga. Abbracciato al muletto sollevo l'idioma firmando la lingua. Chiunque in piedi pensa a quando non si è non si hanno frutti. Dall'albero secolare le radici intricate agli abissi si muovono a correnti sgomente d'ilarità. Morire nel destino lenticolare è la particola più originale che si possa trovare sulla pupilla. Sfiora l'aldilà, vegetale osservante, gambe giapponesi che incedono nei pantaloni blu scuro sotto l'ombra.  

lunedì 18 agosto 2014

76


 - Cromosoma N1b1 -


La mosca sul ciglio del bicchiere sbatte l'elicottero con le ali sollevandosi rovescia il latte sulla terra imbalsamata; respira il mobile contrariato in controvento. Scaccio il vetro dalla furia della bava; bella grandine dorata che a frammenti cade a chicchi trasformati rotolano su ogni viso; che rimbocca le maniche dell'olio all'uva, fuso e marcio convenuto in cielo addensato prima di esordire a festa; di tutto punto in pinzimonio nell'allure dell'anulare, il dito getta sulla battigia gialla seppur notturna l'indicazione per il lago che non muove tigli con piglio misurato; dal maggiordomo mestiere d'innumerevoli disoccupati per meglio dire unemployed: martiri di altezze sterili simili ai monti a tergo di bretelle affusolate a bigodini; arroventati in testa creati dalla cute di targhe alterne e numeri tronfi i quali sibilano come serpenti la loro kabbala; rimestando gli occhi innestati da pubblicità di radio amatori vintage in cabina di pilotaggio presso il nosocomio; dove il battito di una farfalla fugge intrufolandosi periodicamente nel radiatore di cucine rare; brandendo il remo che naviga indirizzando la chiatta sul ramadan e il coltello del soggiorno al passaporto per il paradisio adibito a lavaggi di vetture; nella notte insanguinata che sia breve con gli occhialini da lettura e l'abat-jour accesa nello zaino in cui traspare a spalle il guardia caccia; nudo guarda il volo di gabbiani, di piccioni viaggiatori disperdersi colpevolmente abbandonando ognuno le proprie nubi viola; albatros, ci abitano navigatori verdi al naturale non si accorgono di nulla; sfibrati costantemente dai velivoli che al decollo incollano costoro alle ali che planano di fronte a Tel Aviv accartocciando le lamiere; al ritmo di una Bibbia bianca ed oro, dormo guardando il muscolo dell'avambraccio coricato sull'onda che colora mille toni; dove geometria e filosofia stanno ferme applicando insieme il mastice vetrato della sapienza. Con un disegno a cui come poeta sono ispirato grazie a Dio.  

domenica 3 agosto 2014

75


L'olio febbricitante

Frullati alla la vita sulle proprie trame, il perdono pare sia imminente pruriginoso odore di limatura e saldatura temporale, cicatrice d'un elefante grigio dalle setole indorate, dalla parure di cretinerie; la donna magra si sveste le spalle coricando il tatuaggio, adagiando la scapola sul cuscino, il diadema luccicava vergognosamente sulla pozza di pazzie insanguinate, finestre e pianti; controllai miseri cenci d'una connivenza, accesi il fuoco, feci scorrerer l'acqua viola del fiume sino a valle dai rubinetti d'oro, le vasche di cristallo si riempirono di fiori; di montagna con la parola love ad altezza di uomo e donna: nudi di carnagione bianca caucasici probabilmente sepolti dalle radici da cogliere per non morire mai più di solitudine afasica; scrissi con ciò le note mobili dell'universo appiccicando il senso al tram, in un postik il numero di telefono in chiesa; parcheggiando il centro di ogni circense tra le calle, i carrugi. Aspettando che qualcuno lassù mi chiamasse per lavorare.  

74


L'unicorno tinto


L'incedere del ghigno di una nutria attraversò a semicerchio la strada; divisa dall'orgia calcolata e abbracciata, spiana la spirale col binocolo; vivendo d'anfibi a capitale garantito, colma spruzza; lo sparo a soldi immersi limonando la consulta; appiccicata alla lingua dell'ostrica che freme; a modo suo; sulla barca il lago ingiallisce correlato all'acido solare; sollevato da piante di piedi deceduti sui carboni; trainati dalla fune dei lavoranti dopo il turbine macchiato; che nell'aria a frammenti rilascia spuma a coriandoli ghiacciati; chi muove l'unghia individua il segno colto dell'unicorno inciso sulla fronte ardente.  

venerdì 1 agosto 2014

73


 Hashis


Quando il tempo cittàdino esclude il resto; convoca rotondità al verde accusando il colpo sparando l'imprudenza necessaria e conferendo orrore ad egemonie risolte; allo sguardo mattiniero di bocche vi sarà il pulviscolo; eterno farmaco logicamente allineato fuori da vene e arterie col passo geometrico annerito; dove chi rovescia l'acqua inghiotte cunicoli inservibili al mondo che indovini la produzione di sabbie per la clessidra; segnata della sventura nera i testicoli del cavallo paiono fieri dell'amaca aerodinamica; sorpresa di campanacci dalle campanule asseragliate presso il campanile; le anime morte a tavola chiacchierano sorde al bilinguismo; adducendo al caso la svista anonima ermafrodita tracciata dall'impronta delle infradito e le mutande di ghepardo; iene anziane che sulla poltrona d'osso mostrano in brutta vista la panoramica rinfrancata e l'ostia appiccata al palato d'oro; che deambula sulla carreggiata metallizzata coloniale di colori a olio e la madonna col bambino a braccio; la serpe nel canestro sbarra gli occhi con la X del risorto in mano e ogni immagine profuma 50 chilometri orari sull'oleodotto; levigato con le sfere color del fumo; rappreso al murato che tracima  pugnalato dalla vita riducendo il debito infinito; di soprassalto al ramo in noce, si addebita la relazione di preferenza dando alle lancette il carburante nascosto al freezer; con la luna dietro tutto, all'oscuro.

domenica 27 luglio 2014

72


Dense partecipazioni ridotte per le esequie


Dove i fiati al centro dello specchio agitano in una polla il mare più profondo; l'aria strizza cercando il varco aperto dal ruvido calore che sboccia; vivendo col becco la gravità macinata dall'energia; spargendo catadiotri semina l'apocalisse aggiungendo alla cucitura il punzone conficcandolo da nord a sud; agganciato ai fiori di metallo ciondoli rupestri si spellano per il tarpan alato; la cicuta all'ombra azzurra di una benda persa dalla tramontana avvolgendo l'albero; sventolarono la corteccia verde intorpidita di bellicosità; nell'anticipo in cui appassì il più debole dagli afflati poco mossi d'un click rimosso dalla coda tra le gambe; gli sconosciuti divisero la loro vista in piscina contando le carte di petrolio  riempiendosi le budella di cartone; sino allo scaldare i chilometri che li separavano dalle temperature molestate; dagli spigoli i pigolii che giungevano da orde polverose si posavano sugli occhi brucianti; i lanciafiamme incendiarono chi compariva loro davanti; irremovibili sposavano l'acqua inumidendo le siccità dell'anima e delle menti colpendo l'esistenza all'emporio; comperando la manutenzione di tapparelle che scuotevano scorrendo i graffi al vento bucherelllando i proietili; sull'avambraccio colpendo i buoi che ormai non pascolano più sul cemento lacrimando; poichè ci si bagna col tappo fermo in testa e la discesa tiene le mani e i denti allineati sul tatuaggio; della mano che nel muoversi tra l'indice e il pollice conquista l'ettaro di carne tagliata; con perizia nella molla della raccolta per strada sul passaggio pedonale; che il ciuffo del'inganno tiene fermo tra i cappelli all'aria, il quale  schiamazza il capo di ogni maschera moderna stringendolo tra le orecchie in un covo di fieno al fuoco consistente.





 

71


Le mine di luce legate alla schiena dell'asina


La madre col fazzoletto toglie i baffi all'attore finto; che nella realtà scalpita frenetico amante inviando lettere all'astratto; sottoscrivendo d'essere il mittente dall'idealità nell'aria e condizionato frigge; l'ora col fischietto richiamando i fenicotteri rosa ad un contegno; imbalsamando l'orologio da muro sgretolato appeso alla cortecia affusolata; pensile, pensante che la nube solitaria con la mano monca stringe tra le pioggie scarse ai seni; capogiri centripeti all'interno di quadri a olio che triangolano uccidono; il pinzimonio arrotato dal carotaggio spelato nelle cascate rettilinee; arcuate dalle scritture nottambule viaggianti col cappello in testa, a fari spenti accompagnano i film a braccio; campagnolo dove i corsi d'acqua sono convogliati alle bocche dei vulcani; che decollano decolorando gl'istanti salienti di ogni trailer; risalendo al pianto d'anni luce velocemente col pennello e l'anello al dito scaramantico; ricciuto e permanente, il quale sulla garritta sale assieme all'uomo psicolabile; m'innerpico scorgendogli la figura dalla vetta dove gli autobus psichedelici tramano il saliscendi; ai fiori del demonio pagando i candelabri per via che tengano i petali perennemente accesi; liberando le libellule sul filo che cinguetta strappando i numeri dell'alfabeto per archeologie industriali; scendo dalla vette e siedo non vedendo il mare, ascoltando l'ombra del pino marittimo che osserva i leoni nel loro marmo; ruggire una volta all'infinito al caos illegittimo dell'asfalto tecnologico; nero e dissestato che punta i piedi lerci ai piedi di pelle morta e conciata per le feste. 


sabato 26 luglio 2014

70


 No relationship


Le voci di sottofondo in provincia del lago trasmettono il video game dallo smarth phone; al gatto pelato che non sà che fare se saltare o dormire avvolto dalla gonna; presso la donna che leggendo il libro sdraia il telo sull'acqua della piscina; aggrappando i piedi lunari a libere pinne sull'infinito; dove l'immanente plastico trova gli occhi inforcandoli: spreme il cervello immaginando; qualsiasi amore nel sorriso di barbiturici blu e sinceri auguri; di biacca coprente negli adulti mostra pieghe e denti finti; rovesciando il fiume che non fa rumore, se lo si guarda dalla distanza esatta; promette al ponte la combricola testarda passando in bicicletta indossa il casco tra mani grossolane; del frate che fugge dall'inquadratura salendo le scale sante musicali; rapidamente affrancando l'incostanza con cui si ama gridando al mare ghiacciato che odora il sapore della palude da cui proviene; albero di mobilio misto all'aroma del caffè soleggiato; datore di calore nitidi per  diaframmi chilometrici appesi al ciondolo fortunato di chi vede; il fumo alla frusta legata al collo del dannato e dell'ovino che rosola danzante al fuoco; scoperchiato dal neon autostradale acceso al neonato che illumina guardando l'obbiettivo esclamando ..." matto..." in versione diagonale; col factotum dei giocatori che si alza battitore all'alba battezzato da Giovanni l'evangelista come il jolly delle carte.     

mercoledì 25 giugno 2014

69


 Il rombo di catapecchie e liuti, tranne il temporale


Dal sudore un favore l'errore fischiato dalla borsa; à la coque se le campane non sortiscono l'effetto; maculate dalla natura e l'artificio in un bacio è conclamato tra gli innamorati al limite del giardino; sul cornicione del riquadro dove l'aereo di cartapesta trapassa il dipinto; il quale posa stirandosi i capelli e dell'Eden usa occhi d'acciao; con entrambi fluttua assonnando particelle di vitalità nel rosso di fulgore e fulmini di bianco incedono di candore; pedalano in bicicletta muovendo l'energia di ogni occhio meccanico e lingua conca; la quale lesta per ogni lago che sia maestro che conviene spezza; lo svelenire in mille cocci friggendo separatamente e con la mano della cistifellea dà l'arrivederci; al regno di morti gratinati cadaveri allo spiedo attorcigliati col rosmarino aperto; come strilla tra fessure di un'apnea; noi nord africani nel pic-nic dei giardini privati prorompiamo mari da tutte le latitudini agguantando i sensi; incateniamo il primo della lista piangendo i maggiordomi armati nell'inchino con la fiamma bugiarda in mano; ci travestiamo di panni macchiati dallo scarlatto, tondo di fantasiosi atomi per salire il collo; mentre l'allungo degli occhi entra mescolando le cortecce filigrante.

mercoledì 18 giugno 2014

68


L'acqua compressa nel vortice di un bacio illeso e incattivito


L'anonimato del peristilio bivacca sulla fronda; l'innondazione dei pensieri molesti proviene dal mercato allineato da siluri; che ingoiano ogni cosa dal sottofondo rilucente lampada o lanterna che funzioni sulla lapide di vermi; in un pugno attorcigliato dagli encomi che distingue; a chi riceve la bordura da rifinire per l'incrocio che cavalca; togliendo i guanti dal peluche sulla manopola irridente; d'acciaio al taglio tramortito da qualcuno che non sa del fuoco; cosa fare uccidendo chi ferisce uomini senza capo e nemmeno coda; staccata dalle angurie di sonagli apparentemente illusi; nel disuso della domenica, il pane verticale con le scarpe salmonate sul grattacielo si distingue; in evidenza con il paio di jeans pisello tinto sulla città; che dorme colorata presso l'I-phone parlante voce femminile dalla cantina, la quale chiusa in frigo; in un tonfo vibra la caduta a pochi metri dal baratro fosforescente mietendo il sangue sui muri dove cammina; acquartierato dal murales che si frantuma nello scoppio a vetro dalle pareti di porcellana al suolo amichevole e triturato; smiccando nel monocolo ad una corda i movimenti apparenti di coperte e navi trucidate dall'infamia; suonando dove i bambini spengono l'effetto degli psicofarmaci; montanari col pediatra alla portata della mano; immota di motori a quattro tempi col foulard in tasca di qualcun'altro; proiettando dalla plastica alla fibra le noci da cui si preleva il gheriglio di defunti incerti; a gambe divaricate inverando la passamaneria e cooptando allo stesso tempo terre modestamente solitarie dividendole per quattro.






  

domenica 15 giugno 2014

67


 Rasentando l'escluso la palla dello zirconio infila il chiodo


Doverosamente il treno deragliò dai bicchieri; di uomini ciascuno illuso a cristalli corti; mensilmente osservanti declinare il giorno: chi sbracciò Saturno a bucce infilò anelli al naso all'universo attraverso lanci; chi immusonendo i colpitori promosse atomiche madonne annerite dal liquame; coibentando l'erotismo pronunciato da spettacoli per monili su colline; cicatrizzando l'allungo al viso sull'abisso incrinando per tutti l'amore filatelico ai Tupamaros; e ci si consuma in teologia liberando l'ambizione imbiancata di premonizioni; proiettate sul dolore, egli disse ed è la necessità che infierisce mirando gli occhi dissero altri; di puttane false e necessarie mentre i piccoli rinvii cancellano la catena spezzandola; nell'ambizione di morti contemplati da pensieri che non hanno; se stessi maschilmente al mento unto a bordo di ciclopi; dalle cui vite scoccano l'ora onnipotente a mazzi di fiori acquosi in mano e revolver nella sinistra; essi impugnano il clitoride in stand by vibrando accesi; sul ruscello abbattuto da uno scucito riff, di brutte bestie.










 

mercoledì 11 giugno 2014

66


 Col capo sedato la bilancia del maori giallo


Al mio risveglio ci si sbagliò e chiunque credette di vivere il barlume aerostatico presente; mentre con la foglia d'insalata dettavamo trame in fila ripiegando i sessi che ci dividevano nascostamente; il rumore frustò gli occhi immortalando i sensi sul vuoto del dirupo. I colori col cappio reclinato sulle spalle primeggiavano vezzo chirurgico di un boato cespuglioso; se vibrato di notte se vibrato all'alba la pagina avrebbe acquistato un doppio wiskey e un pacchetto di sigarette; l'avresti visto sgattaiolare col fiato avvolto come si avvolgono le foglie di sigaro cubani; perdendo sicuramente gl'innumerevoli preservativi che vedevi srotolati dai rami di ogni albero bianco e blu, parcheggiato tra le vetture nella città in movimento; una scala mobile inopportuna nella spola tra l'inferno e il paradiso avrebbe mostrato le narici nuove in platino, mentre la lucertola sarebbe sbucata sotto il buco sgocciolante; il governo avrebbe guardato indietro e rigiratosi avrebbe ripiegato il revolver nella fondina; la pulizia di uno scatto sarebbe stato premuto sul disco del creato il quale ammutolito dal turbinio del gallo avrebbe scelto l'andatura a fiori ipotizzati. All'oscuro di tutto, come una palla di fuoco si sarebbe incendiato per poi rotolare nell'acqua e friggendo fumante, avrebbe guardando il pendente parachute.


martedì 10 giugno 2014

65


 La tromba sibila colori provenienti dallo stile


Il movimento dell'occhio elettrico ha parole greche in acque lucide; di morfina con l'eco arabo che si riverbera; in bicicletta dove due energumeni tracciano il pallone sotto il gomitolo dell'ascella; la pelle nera in aria muta attorcigliandosi persa da serpenti per la strada; elucubrando l'acquisto di un display che illumini l'ombra strappando immagini di pazzi dall'aldilà; del solaio steso in calce struzzo sulla schiena d'un alligatore il quale agghiacciato a capofitto beve lava che infierisce; la modalità  di cui si sente parlare da testimoni alla fune del pontile; una radio multivalvole urla note e contro note cariche d'immensità; disturbando la gatta stravaccata sul tavolo di noce che nella biopsia del basket, dal davanzale guarda; l'occhiale sfumato d'una domenica mattina incipriata d'acqua santa che bagna le pieghe d'ogni divinità; per due volte santificando la calura di un cuore sullo zaino acceso della Tv; che sulla schiena passando pesa come il vento della sfinge vede, superando il vento nel plurale egemone di una nuda necessità diurna; nel cunilingus che lanciato da gambe irriverenti interviene di fronte al fresco.  

lunedì 9 giugno 2014

64


 Le chiatte svitate poi dimagrite


L'uomo con la pancia comprò la moto eludendo il problema; della donna la quale pensò ciò che le donne pensano degli uomini; ci si saluta solo se conviene; alla cura dei particolari frutti da rubare che illuminano le mani; attorcigliando l'occhio per dividere l'incasso cerebrale moltiplicandolo per 36; nel dominio dell'ignoranza e della superstizione mutande che sul mestruo galleggiano da bare ecclesiali; rumorose di fanghiglia rossa in curva piegando le ruote ci si arrotola rovesciando bulloni di grandine dai tetti; tra parabole a padella dove i ricchi con l'etica dei morti di fame gioiscono nell'odore rifiorito degli avvinazzati; non capendo le parole che trovano la pazienza in me; non mi rivedo in nulla e zuffolo ogni litania del freezer che mi attrae di questa calda notte; dove le bocche e le membra si esibiscono nel corpo a frantumi sbattendo la rosa urlando di lavoro socialmente inutile eppure come la vedo mora con gli occhi verde blu indefinibili;  m'innamoro di lei perchè è lei. E lei di me, perchè sono io.

venerdì 6 giugno 2014

63



 La neve in scala priva di corde affumicate


L'intelletto innervato di lamine nostalgiche introduce la sopraelevata intingendola di fari accesi al giorno; steso al sole, ausilio che passa all'aria circolando su rami rinnovando l'apertura di monastici zoom; in curva sciogliendo monti nervature rigommandole nel quoziente del salterio con chitarre mandolini preghiere; sostenendo cure moderne e vittime di esistere in polli senza cranio; sulla mano rivestendo le fiammeggianti  tuniche dell'oro rifinito di chi rispetta il cartello in orbita: è perduto;  in chiaro e scuro fantasticando i salmi e la carta stagnola appallottolandola illiberale bruciacchiandola di doppi sensi; rifocillando la risata del gruppo che bivacca seduto in lontananza incollato alla formica sulla zanzariera; la quale s'incendia in rete extrafine puntellando i saliscendi innoqui d'una scimitarra cavo d'alimentazione di molti i quali hanno l'interesse che Dio non esista o addirittura non sia mai esistito. E mentre percorro la via dell'universo; il santo in galleria mi sventola i cattadiotri dalle gambe aspirando dall'oblò ogni lettera proveniente dalla galassia di granoturco pendente, spegnendo le gambe che fuoriescono dal treno pieno di carbone.  




giovedì 5 giugno 2014

62


 L'ambo di pelo andino ruota allo stesso moda da millenni


Disponendosi l'uno di fronte al due per l'epica diffamazione, informò il permafrost individuando il nuvolo dal buco della rete; d'acqua marinata allineata alle marmellate confezionate sulla corteccia di ogni pianeta che dall'orbita per rispetto; punta il faro e non si adagia dell'età raggiunta bensì agguanta con la mano la tristezza nella risata emulatrice presso il nodo fatto con lo spago; bussola per ritrovare la via perduta ricreando l'ombra sufficiente per amare progetti che sian futuri per le parti. 

mercoledì 4 giugno 2014

61


 Il tuono che pende colando il poncho del vulcano


La tecnologia non ama il freddo compassato su strisce pedonali; che illumina scaldando l'intimità dell'uomo; soccorrendolo da nebbie sghembe a grumi, asociali nell'inquietudine di turbinose sabbie, rosa e blu che si sollevano in un gorgo, riordinando il limite ghiacciato; che fuma di mattina nella bocca rifinita dalla banana, nera come pece sul destriero comunale, sospinto dal profilo basso: non è un tuono l'accensione della Harley Davindson, fuori dalla finestra.  

giovedì 29 maggio 2014

60


 Polmoni famelici di fisarmonica francese


La tenda dell'albume designò il buio pesto inumato di filosofie culturali; giocherellando con gli anelli sulle barre nonostante l'autopsia amoreggiasse col triangolo scaleno; introiettò la scogliosi al parco che rispose al trillo, del cellulare rimestando il pieno di gasolio sul gelato; avvinghiando la lingua nel giro della morte; filo culturista rispondendo a coloro i quali senza nubi divagavano, puntando al dorso non più sodo; seppure urbano qualcuno asserì d'esser desto sebbene nel sottopasso venisse alla mente lo scritto di Dos Passos; con l'ascella giapponese di gravità suggestiva infreddolita dal Fujiama quando aprì la finestra legò lenzuola bianche a nodi marinati; al calar di piume al fresco inchiostro e sangue vorticarono nel giardino do, fa, diesis; come un frutto alato in volo, distaccando gli occhi per porgerli sulla mano come orbite universali.

domenica 25 maggio 2014

59


 L'innocente sorveglia il brillante col cappello


Il somaro legato alla chiesa bicolore; spinge la palla al sole rotolante sulla schiena della brughiera; vestita in lino da cui traspare la storia dell'andatura; cieca al cane sotto la pensilina uggiosa; il quale crede d'aver convinto gli altri d'essere un genere superiore; dal drappeggio al collo fissato da uno schiaffo; manrovescio artistico a forma di nuraghe; con l'olfatto dell'orfano sull'impalcatura; che fuma il narghilè trafugato al festival di strass estivi; e chi promuove Dio e chi il gallo con gli spruzzi neri che fuoriescono da tergo; mentre il cartello è coperto dal fiume assiepato; nel verde che non promuove la croce bianca tra le tubature; dai rumori che puoi sentire: è l'animo della retina manufatto in marmo che galleggia sull'occhio pieno d'acque; mentre il gatto col cartello - acceso - appeso al dorso  pare non sopporti nè le porte nè le finestre chiuse.  

domenica 18 maggio 2014

58


 Che siano trasportate le magmatiche pinze a dita altrui


In questo loculo d'albero incartapecorito dove s'incarta il mondo; a bolle esagonali simili a formule dell'occhio; prelevate dall'eccesso d'un numero vincente; stampato a mosse dentro cubi d'avvenimenti anormali; senza maniche, digrignando l'effetto da suola di pagine assolate; irrorate dalla penombra a lastre color mogano per accostarsi al canto scaturito da meccanismi lineari; da cui  escono banconote a triplice senso infiorato di gherigli sulla manica di scheletri in fila; grassi, magri, storpi, con un pianeta reteante dietro l'ugola; una foto appuntata sulla costola appuntita per riconoscenza; come quando la carne ricopriva il letto al fiume; in equilibrio sul filo puntellato di formule tematiche; di falò luminosi vestiti di bianco che ondeggiavano e chi sfoggiava un tailleur; chi l'etichetta della pistola brasa sulla primavera; chi schioccava le nervature in superficie sempre un mese dopo aver cancellato l'errore sulle acque; oppure i miracoli li cuce ancora col profumo sospetto sui discorsi catalogando le mediocrità; ma con la gomma da direttrice, sono in buona compagnia nella mia fossa privata; posso uccidere o riinverdire chiunque col cuscino che mi sostiene il capo supino e la lapide a bandiera da idolo in frantumi. Mentre il vento spazza spezzando ogni cosa.

sabato 10 maggio 2014

57


Lo scafandro da cui l'uomo disegna i solchi 

L'odor di tremetina dalla chiesa rifrescata; nel bidone rovesciando il canale tramortendolo d'asciutto; con le doppie selle di lambrette che sull'arcata ci parcheggiano; a minuscoli punti rosa che dall'alto il volto del contadino scaccia; tormentando le pioggie bianche accumulando il danaro dalle gemme; rincasando chi tiene tra le mani il collare borchiato dal frastuono del velivolo dentale; scambiato per l'uccello che non migra sulle vette cinguettando tra le nebbie: disorientando i tempi dell'inverno; al sudore del telaio che ne assorbe i venti caldi; mentre l'oco allunga il collo per l'affondo; il profumo si fa unica traccia di una presenza; parando le ginocchia dai calzoni corti; al limite di una ripartizione della sera che divide i colori primari dell'insegna; la quale è spenta e le donnole travasano nei pertugi la lamiera: le segue un faro testimone acceso. La musa che di spalle canta la cornice dell'orecchio; che tribolando l'auricolare via da me, mi bacia come fanno le cellule divenute icone nell'applicarsi di pigmenti al muro dell'idea; e rifiato nelle guance. Con la catena nel sacchetto con cui rigetto il mare limpido che tracima; dalle tasche piene di occhiali per non vedenti.

mercoledì 7 maggio 2014

56


 Col passo le infinite querce vestite di tutto punto non esclamano


Le rondelle rubizze e forestiere, dalle proprie intenzioni, fuoriescono ardendo il tempo lento in legno tra tasche spente e menti unti; sull'ostensorio carico di sviste incombe col taschino la mammella che per quintali messaggia a sguardi distribuiti; algebrici nella formula i quali discendono dietro pagine di foglie; innervate dall'accompagnamento portato e posizionato. Sulla vetta monca il vetro zigrinato è la crepa del vassoio che chiunque afferra; adunco annunciando di superbia l'allungo orlato; damascato odoroso che il potere defiscalizzato dall'arciere sia; quinto al tavolino seduto per un drink; tramezzini alla maionese ingoiati dalla notte acciotolata; stavano sopra il cane nel rimorchio, addormentato e imbastardito dalle plurime volte scintillanti; implumi nonostante siano ognuna traccia ai fianchi d'una pallottola sempre accesa. Che diventa bossolo. 

lunedì 5 maggio 2014

55


 Fluttuano acque d'oro per miopi nei cant: previdenti col pentagramma in mano


L'acqua imita il raggio di luce convertendosi in rami secchi; recisi dalle forbici il rincuorato pollice anima l'ustione spellandosi nel riff; contattando radici presso altri rami cementandoli nello sfoderare l'abbaiare folkloristico; verso il fiume: chi ricama baci sul battello, chi linee  torte lavorando in lingua la gomena frustando fronti, nicchia in darsena dove si contraggono sudori incerti dall'amante; incarto il gorgoglio in ogni grado ponendolo sui gradini tra un mazzo; di grano duro e denti estratti;  per marcare il territorio di girasoli: vendonsi pianeti; talmente finti che le celle dell'alveare stanno sotto il mento a parecchi debiti: friabili sulle dita rinfrescate dall'architettura dell'argano; la smorfia d'uno scuoiato diparte sul terzo binario, ha l'estraneità dell'opera morta sotto l'occhio di una cubatura;  funghi disarmati su cui si scivola, ridono di qualsiasi resistenza alla morte; che viene incisa e con cui distruggi l'irrisoluto direttamente; intravedendo il promontorio tinto porpora, che danza sul cespuglio di velluto verde e le lampadine dell'altare spente. Inquadrate da occhi vispi.

mercoledì 30 aprile 2014

54


 L'autonomia crepata sotto il banco


La periferica presso il tempio paga l'isterico intertempo; imperfetto e reclutato a fibre autonome il quale nell'affusolarsi stima; dita in truciolato che salgono ricurvi, al collo lineari al mantello legato al magnesio oscillante dizionario di messaggi silenziosi; amato dal potassio. Fratello seminato presso il lastrico funesto della fune; sotto la terra impiombata il nodo a mare in controvento; riveduto e rialzato di cirrosi dove i nembi pagano l'inganno a menadito; fintanto una rasoiata non li colga a scaglie assaggiando circospetti ciò che è stato intinto; trionfante nei decotti al cappero per minuscoli pistilli legati sempre; di gas pubblico: il quale candida l'avanguardia a chi fiorisce l'inversione: sicuramente l'avversione alpestre, irriga la matassa.

53


 Funi radenti l'erba che sbucano dai pantaloni obliqui


ovalizzati al funereo rimbrotti neri, disegnano il legno d'orato alle pareti; e d'ufficio il gonfiore sulla strada cancella casupole e brume d'uccelli; dove le monete cadute circolano roteando l'angoscia intrecciarsi a migliaia di cappi; ovini nell'unica testa in cui pregano incrociando la ghigliottina, che non sia metallo lo spicchio di luna che calando compare; museo di canaglie fenice e iene amanti avanzanti tirando il collare distribuiscono sangue; collegato col cielo e aperto nei chicchi; di grandine magnetizzata dal ragno che alla ragnatela impallinata di bianco mescola il gioco incollando le carte: diminuendo mazzi di poesie; maquillage del raso terra presso l'omero che taglia le diagonali in lingua stringendo i panni; gocciolanti: e poi la corsa su e giù dagli angoli incatenati e rintuzzati nei rombi del separè; rugginoso amante dal sud della tratta, dove riposa la donna nel falò; romana che brucia i propri figli arrostendoli nel plesso deteriore; fioca lambada contraente di volti occasionali a piccoli quadri; appesi a sputi; fili murales richiedenti schiere infiorescenti al vertice dell'uovo; le possibilità di avere un dialogo colma gli abissi; stinti dal basco paglierino è ammirevole la ghirlanda del corteo che eccelle in filosofie. D'ufficio e di spalle applicando l'ostilità della contromarca.     




sabato 12 aprile 2014

52


 La Musa quieta di perplessità portava mazzi di fiori inveterati


costante la prima sfida, con gli occhi al contrario dove devia il cioccolato spurio d'intensità, egli mise l'edizione ombrosa cantando il ferro di pervinca; una volta ricoperto lo battè fiorente sopra gli alberi tramontati conversando nel boccale tra sè; provocando un'eco dessabbiato per ogni alba che si fosse presentata in sicurezze animate dal brunito circolante attorno al piedistallo; escogitando l'ornamento indegno che decolorava le galaverne sminuzzandole; nel rosso inadempiente tra migliaia di gabbiani a muso duro; il becco unico estratto del quotidiano ingiallito degli anni 80 dove la nutria comparve di sorpresa nell'occhiello; amica di velivoli che nel volo di ricognizione nascosero le carte arrotolandola alla carlinga; tra cibi e tronchi accumulati da cristiani di routine disponibili e d'aristocratico apparato; incisa sopra il disco di vinile, il quale saldato da un soldato al perimetro di vetriolo, usò lo stampato a macchia un'ombra proponendo l'acqua; in una figura che passeggiasse nel vaso temporale costruito ad arte. 

martedì 8 aprile 2014

51


 Si erge d'oro il pubblico salito con la fiaccola raggrumata


il buco al doppio chiodo illuminando il sole spegnersi; alle spalle del manico scalda la temperata fiamma ossidrica, tuffandosi di rovescio; inorrididendo le sfacciatagini cadenti, col lardo che narra di sè e delle fragranze di verbena; alla cittadinanza raccolta negli appezzamenti urbani di proprieta del demanio alato; discorrrendo nudi sulla velocità che tra le mani sguscia sfumando; la coscia colorata dove l'intensità divina addenta il melograno accerbato di metalli; avvolti negli stracci senza fiamme tamponate dai morsi dell'aratro, col bicchiere in mano per aver bevuto lo champagne del vitigno; mentre al tempo che lo conobbi col cappello in testa, ogni frutto illuminava la volpe fulva che spelluccava dal banchetto imbandito e disboscato, dall'avarizia di resistenze improprie sottovuoto.

lunedì 7 aprile 2014

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 Arde folto l'anello nel carico muto


se si depone in Cina, il telefono la terza lettera l'acconcia al centro; albina e sardonica come quando ogni cosa va da sè animando due direttrici nell'incedere; presso il crollo del participio dove malgrado le correnti interne, l'esterno bofonchia strutturato; in relazioni ascrittegli vis a vis d'improvviso rialzando al 13 per cento le quote divergenti; nel contratto anello della traversa di sconforto non confondendola con la pelliccia dell'esistenza; di valori retrogradi forti e a torti triturati tra i giurati pendenti e gli orecchini perdenti non lavabili dai piedi all'insù; con la piccola guida di sinistra che origlia orientadoci in roccaforti tra le foglie e le cartacce ricoperte; del mito che soffia divertito la cannuccia dietro l'impiego bollito e ritrovato; nel nugolo di fumo coltivato a spine elettriche nel conforto; varcando travagliate mulattiere piene di fori schierati col fucile; a tracolla di mezzogiorno ponendosi contro i cieli, intubato; dal veleno che discende gesticolando gestazioni e drenando sorci, uno sopra l'altro nell'imprudenza del traffico; extra urbano, limando chiazze nel fare turni di nevischio anch'egli discendente: dal turbo diesel rasato lesto; come siepe vuole curvando di sei assi. Perciò sciolsi le spade nel bicchiere calpèstando le bare ammonticchiate ponendo una mazzetta di mille grazie sulla barricata di petunie; dove il mare arretra ogni fauce, e la marea salta metri a piedi pari dentro il cerchio; portando a sè il sentiero introdotto nelle ossa, nel frattempo masticando vespe variopinte che ronzano con lo scalpello in bocca: vidi l'universo sul femore passando per il buco.   

giovedì 3 aprile 2014

49


 Odor di latte borchiato schiacciato sul collare di mattini popolari


ogni sorta di scarpe osserva il parabrezza le galline di cemento stanno limpide; con la schiena curva piantando muri bianchi, che del rinfresco futuribile sostengono un ricordo; vago davanti a porte di nuvolaglia sgretolate da buoni rapporti, gonfiati in doccia; dove grandine e scorpioni riassorbiti in gola pasteggiano idee non deperibili; a chicchi di sguardi reperibili sulla linea del davanzale, la finestra da cui si controlla il rassesto nella botte amorevole sta; sul capezzolo del canto dove il gallo rigurgita stelle nere occultando il fiato; del canale boicottano le misure ritrovandole impiccate al filo della tensione; ingrassando la circumnavigazione dell'insetto che decolla sotto la foto del martire volando rapido ringiovanito dai fili al vento; sollevo la fune del pozzo per ogni assetato e sotto l'egida della gru che bivacca all'ombra apro le casse dalla miglior tinta di zabaglione; puntando il rimprovero su un cavallo dell'idrovora carnivora, che snocciola sarcasmo lamierato al prestigio; appuntandolo al peristilio in gran spolvero; divorandosi tra le dita il traforo denso d'acqua cassando chi disapprova nel diaspro; il cristallo imprigionandolo di linee rette col disguido, vedendolo prestato; sfuma commenti fotografoando nudo la luna per quattro, generando profonde raggiere col solarium di cinghiale messo al collo; il quale ammansisce l'affettatrice lasciando vivo l'animale.


  

mercoledì 26 marzo 2014

48


 Art now


Nell'arte dei tre morsi il tracollo della ragione guarda il tempo meteo; tra gli scogli le ali si deformano in calcagni; sfaccendati al guinzaglio d'innevate malauguranti vette che si preparano le bustine al tantra; colma di sabbie mobili tra le dita; per ognuno preparate dalla suffragetta che dalla finestra getta funi; a fiumi per Luìs de Fùnès difendendo l'egualità tra i nobili e i contadini; con i commensali liberi di auto infliggersi in un troemp d'oeil la scrivania divisa nella mente, come si dividono le orecchie sul crinale di ogni cranio; coperto dall'ombrello che va coprendo da qui all'eternità l'infinitamente alto e l'infinitamente basso. Sto seduto con la pipa nel debordare fiori a sbuffi; refoli sui davanzali che nel cuore pulsano di fraternità e bouganvillee; con le ortensie disposte in alto per le basse maree nel conto alla rovescia; e alte maree sulla camicia di città gitane dove i cani scodinzolanti  fradici si leccano le zecche sulla franchigia; di vita e di dolori sull'arenile. Mentre l'abat jour del sole e qualche fiore acceso che dai mazzi spunta millenario, guarda l'anima di qualche sigillo dal palcoscenico della primavera; osservando la primula rossa adatta e pronta abbronzarsi sull'isola che bussa, con le esplosionio negli abbracci di pace e giustizia dimostrando; che la faternità non dorme e mai nemmeno russa.

giovedì 13 marzo 2014

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 La libellula per contratto invecchia


Invaso la libellula rinsecchita, stendendo le nervature di ogni elitra sul petalo incolore dell'ortensia; poi chiunque le potrà mangiare col fusto di detersivo in mano; attorcigliandosi al glicine per lavarsi in bocca dai rimasugli di ogni gelso; coprendosi le vergogne fiorite su cinture di corteccia, e celando in tasca le memorie gonfiate da smemoratezze per milioni; di fusciacche provenienti dalle spirali nell'allungo d'un sinuoso accento dell'ignoto che intrappolato va degradando; riacciuffando i colori coloniali in modo verticale sulla scala a pioli, montando l'albero sulla lavatrice e centrifugato lo asciuga steso sulla corsa centripeta dell'interno di ogni formula che rassomiglia ai volti; perduti nelle acque tormentose; dove le foglie paiono ciuffi scuri tra zattere gonfie di lagname annunciato a pappagalli: variopinti; col volto scheletrico ed il tronco arso dalle malelingue poste sulla colonna d'un concetto filosofico: esempio di spettri colorati con cui le donne ridono col fazzoletto, tergendosi la fronte e un meridiano che miagola sulla parure nei parametri di guardia; mentre il busto medievale al capezzale d'un punto di morte andata e ritorno; celebra picchiando la porta del fuori orario portando una faccia idiota con due drink da sorseggiare, cantando  in falsetto il fumetto che esprime la fortuna.  

mercoledì 26 febbraio 2014

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 Sfilata col contuso intercambiabile

Regalo nove metri alla traversa imbullonando ruote nell'orbita cromata; di filosofi asseragliati sullo stipite appollaiati a  gravide perpetue che replicano di volta in volta emanando il loro plico d' avanzi mattinieri; incartati a due olive ascolane rassomiglianti a perle dal bulbo di nuvole sfrattate al caldo; clima pillifero di pazienze agghindate al copricapo incorporato; di pellerosse circonfuse al destriero della tradizione importata; all'idrico restauro che saluta costruzioni d'alveari all'oleandro deturpato dalla fliliera approfondita; aggiungendo la bevanda al movimento ritagliato ribollendo senza pause; nè struzzi nè gallinacei all'ammontare della destra anarchica di poesie col libretto di lavoro, e il rimbalzo più arretrato sulle traversine del mio idolo malmenato dalla santa religione; si fa apostolica ed esanime, tra succhi di mirtilli sulla terra del sagittario; condito sotto l'egida di elmetti nell'incavo di topazio col dilemma; della condizionale tra dita larghe ed estese sopra il Nilo misterioso per l'mpianto; che va a ruba rotolando nella buca dello scoppio ritardato; caleidoscopio al giro dell'universo a primo acchito; colpendo in pista l'inviato in singoli a 45 giri d'un compositore forzato al seguito d'un assist, sulla corsa non pervenuta.  

giovedì 20 febbraio 2014

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 L'immodesta nuvolaglia al sole di ghirlande e fiori


Su questo palcoscenico, lurido pied a terre dove udire il proprio nome di battesimo è arte rara; distinguendo le dignità spegnendo peli glabri, dagli avanzi sulla collina; che si frantuma osservando il cielo, il quale scende paracadutando a terra l'intonaco a pezzi; nelle tasche d'angeli sgretolando il corso d'acqua d'ogni diga rimbalzando di rumore; col fiuto umido e le scintille a borsa aperta; fuoriuscite dalle nari le quali fiondano di frequenze il martello da scolpir campane agli zingari cinematografici; che osservano ciò che rimase dell'elemosina carbonizzata gravitata nell'aria, tra gocce solenni e tintinnanti; di topazio e danaro spicciolo da bufere e tifoni sulle riviera;  rivestendo con budella nastri di martore recise e linciate che masticavano; adesivi con denti anteriori scovando nel traforo innumerevoli pensieri allibiti; dondolanti sulla gruccia, del pendolo parcheggiato sopra il suit d'ordinanza; disegnato col compasso ad acquerello, che tergiversa pulendo il vetro salutando il muso; del canide fedele al tricolore della mattina; precedente ai versi di alcuni denti esemplari e conservati; alle spalle d'un angelo fotografo mentre divora il proprio glitter: luccicante quotidiano.  

domenica 16 febbraio 2014

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Gli scuri rimossi dall'ascesso


Ricamo l'indice del sole passeggiando noncurante; saltellano tra tombe monumentali e cumuli con la croce infissa a terra in un saliscendi che si fa onda marittima; presso il pettirosso, dove con un balzo surfa tra i piedi e nel vento cerca le radici dalla manica, conquistando il cibo; che scivola basso al buio e dall'avanbraccio rotola innondando le tasche della moltitudine schiarendo innumerevoli pulci allineate riverse nell'asciugatoio ad abbeverarsi; con l'insalata tra i denti e i panni strinati al forno; invetrato di verde rame e soffuso di amanti periodiche; sinuose le quali battono le ciglia sul dorso delle campane di mezzo giorno e città  mosse dagli scacchi; dell'autorevolezza in cui la torre crolla disarcionando l'alfiere dal cavallo decapitando regine; nascondendola nel sacco al re; insanguinando vetrine tremanti al freddo e braccia conserte; appannando ciascuna voce che simula persone intrattenendo perspicacia da tutti gli addendi dell'architrave.

mercoledì 12 febbraio 2014

43


 Jesusu loves the acid, impersonating God and salvations


animando il phon col trapezio del piumino d'oca lacero la polvere: ottenendo legno marcio sulle elitre d'una cassa mortuaria azzurra; con maniglie laterali color porpora prestate dal fagiano che bagna l'ostrica superficiale di terra rossa; lavorabile al tornio essiccato al peperoncino col vertice arrotondato presso il quadro rosa; a tinta unita col tulipano odoroso d'olio, se strizzato sgocciola sul pavimento il sangue d'un naufragio che avverrà; sullo scheletro di feste in alluminio e plastica brillante trapassata da luce color topazio e cornalina col motto sul cordone ombelicale - dammi retta: l'unplugged di ghiaia d'asfalto snocciola su lamiere sinfonie cacofoniche - graffiando la luna nella corteccia d'ogni passante; occasionale assemblando i rumori dell'auricolare dallo sfondo sessuale sul parabrezza; eppure quante volte la foglia nell'acqua ha simulato il pesce alla deriva tra le frasche dove ora pascola in un piccolo recinto abbracciato ad un'apocalisse minore; mentre la gazza tra i covoni di fieno vira e plana discendente sul cappello; al vertice del palo in mezzo al campo col termometro appeso: fosse un Cristo dalla temperatura di 14 gradi; mentre le reti dei pescatori usurate agitate dal vento mostrano le spalle alle campagne assolate tra palazzi periferici che saltellano di color zabaione e limone; mescolando alla vista tutti i campi sportivi illuminati dal verde sotto il sole; adombrando certi muri graffettati e archiviati dal non senso incisi da criminali a spry dilavato vivo d'innumerevoli pioggie; di questi anni scrostati.  

venerdì 7 febbraio 2014

42


 6 x ( 6 - 3 ) = 18 : 2 = 9


il fuoco ruggine dall'alto accatasta la melmosa pace rimpicciolendo il panorama; al punto da non ribattere il chiodo privo di sesso sui rumori dei laghi uno presso l'altro; lastricati in gomme e carcasse a traccia d'un edificio e la sua diagonale: estratto d'un poligono senza desideri nella propria formula 6 x ( 6 - 3 ) = 18 : 2 = 9 quintessenza di risultati fatti con le scorze; dell'arancia riempita d'acqua naturale non ghiaccciata, se poi l'orso rimette in sesto il display polarizzato; tentando lo stimolo ad uscir dall'apatia; si va al confine dello stato dove l'abitazione rosa macchia il fumo ristretto nella corsia all'aperto; e sulla strada rancorosa le melodie sono ricorrenti e fatiscenti nel saliscendi del sottopasso; col cartello pubblicitario presso la roulotte azzurro e panna; e quelle finestre d'un gelato anziano che lucidava un rolex d'argento al polso d'un amico mozzato di fresco.

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 Lo scalpello intonato al legno musicale


Il mare s'interruppe di naufragi nelle pagine d'alluminio; dove il tondo e dorato anelito reggeva nella chiave in rame il made in China suonato; raggomitolato nelle conchiglie presso la metropoli sciupata e disponibile d'innumerevoli prìncipi e innumerevoli miserie di princìpi edificate nel pongo allineati nel piombo; condividendo a cravatta metropolitana la monoraotaia sul nodo scorsoio; rovesciato in disponibili agganci sul nulla sublime; e l'ovvio egocentrico con una pennellata un po vintage e un po fanè nel tono di voce; cremosa nel burro areato col violino sull'acqua; accordato all'orologio del polso di un gabbiano che sulla zolla con i sodali cambia lente; del termometro a scacchi raggomitolati lì vicino intinti nel titano; annodati a muscoli da ricaricare con lo spinotto di fari spenti imbavagliati alle carte; su cui torme di ali inesprimibili volano a riccioli, conquistando muffe essiccabili in  un brasato gentile al ristorante; brusco di polle insulari e sassi erosi dal canto di un sarto con lo scalpello.

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 Le scarpe verdi dell'arcobaleno


Il riccio scuoiato a carne maciullata riverso; negli aculei seccati della stuoia da cui il nibbio; rovescia lo shampoo sul pavimento marmoreo intriso d'occhi; illuminati dall'albero rivestito dalla stampa nel rilievo; sull'organo ingiallito di memorie che nei salmi ripercorre il Nilo con intelligenza imbiancando di calcinacci il natante; alle falde d'un errore dove troppi nomadi inciampano osservando sul divano; agitando maturi le mani nel salutare il Mare del Nord col fazzoletto; e col cane ai piedi a marcia indietro che esploderà di lì a breve;  dilaniando bretelle asfaltate che si rincorrono mostrando il morso benedetto tra denti in plastica; come piccole terre fiorite. Di rotondità economiche patrocinando la nera che nello sputo a terra, ricalca il giornale spingendolo in un refolo di vento. Che regola le innumerevoli pagine sfogliate dei giornali, avvolgendoli rantolando a volti d'uomini attorno alle scarpe della panchina verde.

mercoledì 5 febbraio 2014

39


 La macchina circolare sul mondo eroso da molteplici trame


La bagascia si offre in sconto sull'epitaffio latino memento mori; calibrata rimane stesa recitando in God we trust lE concessionI per amore e svago; del polipo che tra le mani si muove ammaestrato attorcigliandosi a gesti epilettici; al proprio volere dettato dai cabotaggi con cui la carcassa di animali morti sfiorsce celebrando piccoli e maestosi cieli; nei quali il freddo s'addensa abbozzando su ogni piedistallo un'armonia col leggio per ogni statua; di ossigeno che nel magenta fumoso rifiorisce sulla chiave del basso, d'un violino, e una grancassa; prestando agli orbi decine di mani intirizzite che tra le nervature della palma si muovono inespresse; sul risciò ripiegato al palo di quella buca disossata e lemme abbracciata ad una fiamma che arde;  regolata dalla farfalla gialla nell'etterraggio sottostante ferma sul bivio di un ramo di fronte all'ossequiosa brezza di giostre illetterate; legate a pinne d'innumerevoli squali che nevigano su onde ghiacciate nelle molteplici coscienze; raggelate di  cella in cella dove la notte tumultuosa si sdraia riposando e sognando belle giornate abbronzati al sole e sante donne leggiadre che amano essere in una lacrima salina e dove tutto e santo: ciò che è creato poichè riallacciato alla storia dei calzoni con cui si lega il mondo liquefatto di parallelepipedi; e slogan alla moda negli stop, dove il tunnel dei led tutti accesi crea l'ipnosi per ogni uomo; che sotto la pioggia serale, si ritrova pedone con l'ombrello bianco attraversando le strisce pedonali della bandiera americana. Con le stelle in tasca.  

lunedì 13 gennaio 2014

...la poesia...

...la poesia è un modo come altri ( forse come altri: per me questo è il modo più efficace ) per esistere nel mondo, consegnando all'esperienza di chi la legge ( ma soprattutto a me che la scrivo ) un moto interiore di natura trascendentale che si diffonde nell'imo; e che va a mescolarsi con la realtà che mi vive e che è propria a ciascuno. La poesia ( secondo me ) da quella più ostica a quella più banale ( per così dire - unicellulare - ) è comunque regolata da un principio che ritroviamo nello stesso mondo su cui siamo ( e che ci circonda ) quando, il cosmo ruota alla luce del sole oppure no; imperturbabile consumando per l'eternità la propria rivoluzione affascinando noi umili e miseri ominidi tronfi, di sciocchezze e mortalità...

domenica 12 gennaio 2014

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 La garrota


lo spettacolo in marmo dilavato dall'irruenza predispone ogni cappello; a tesa larga e scura su barbe folte e concatenanti a gocce; in flussi d'amore primordiale simili a liane della morte o a Peyote schiantate tra minuscoli applausi oscillanti e rinsecchiti di corali all'addiaccio; con le mani giunte in preghiera o sul proprio ombelico le quali complicano, la sessualità d'ogni artiglio impigliato ed ecumenico se stampato al graffio così rendendo le poesie mute e immote come Dio; vuole siano muti e immoti coloro che lavorano divinamente; nell'arte silenziosa stereotipata per disgragare la nobiltà presunta e quotidiana che nell'albero della conoscenza consegna; vitamine rivestite col vestibolo greve di radici in cui l'acqua fluttua fermentando il grembo; nell'obitorio d'un nano mistico e agnostico fintamente colorato in molteplici stracci come Arlecchino; avvitato al cosmo e allo scroscio banale, che spiove sul numero 69 serrato ed accoppiato ad un alibi di fede transeunte.