domenica 26 febbraio 2017

304

 
 
Il declino mi ammorba nulla è più come prima cerco il plausibile nelle ali grevi del fine vita.

giovedì 23 febbraio 2017

303


- Terramare -

La canonica, il campanile, il podere, il contadino, il cavallo da tiro, il morso, il carretto, poche cose alla rinfusa sul pianale: le cesoie, la zappa, una corda; il trattore nel capanno, le galline che razzolano nel cortile, il cane che muove felicemente la coda, le balle di fieno laggiù nel casale, i sorci invisibili acquattati nell'umido del fieno, le mammelle delle vacche nella stalla, la scrofa grufola nel porcile il verro annusa l'aria, al sole sull'albero dove il gatto acciambellato ignora chiunque sorveglia chiunque, i filari di vite a perdita d'occhio, la testa della rezdora in cucina col matterello tira la pasta sul tavolo, i bambini che giocano col pallone, il sacerdote in nero chiude la portiera della sua Fiat 600, le risate sensuali di voci femminili che salgono dallo sterrato, giaciglio di serenità che s'infrange sui timpani degli uomini nei secoli, la sabbia del mare Adriatico tra le dita, le vette verdi nel cielo: laggiù gli Appennini, lassù quelle bianche delle Alpi. Svelatemi l'arcano: è questo l'amore che trovo sotto il cuscino indaffarato a tradir pensieri azioni ed opere nei fatti dell'umanità del nostro tempo ?    

302


- Cristo -

Dilavi il covo dai rettili mutevoli scaglie di proprietà delle enclavi. Col testo irrigidisci ed imprimi la rottura cristallizzata dei valori. Sciogli l'orbita di chi cattura immagini per dar lezioni comandamenti. Sovente al volo gli applausi delle ali abbattono i crani salienti. Sulla scia del disegno il crinale da cui la sorgente scroscia. Mi reggi in un fiato l'intender corpo e spirito.

martedì 21 febbraio 2017

301


Le botteghe oscure


sviamo l'interesse 
da una realtà stuprata
 tentiamo di eliminare 
 responsabilità 
 in giochi per illusionisti
 eleviamo muri 
 invisibili davanti verità 
celate ai sensi
  per chi non può e non
 deve giudicare metamorfosi
  avvenute negli anni bui
dopo il crollo 
 noi incarniamo il crollo
 laggiù nelle botteghe oscure.

300


- Carpi -


Questa umida statua che si esprime sul calco emana il senso barocco privo di affreschi nel pulviscolo. Con la giornata sotto il braccio svanita nel dolore la luna sfodera la benda sull'occhio. Il martire in cui vivo impera svestito di organza sul ramo dell'inutile mi scorgo nudo. Non dal mio eloquio cui il minimo cultore di piccole cose freme a effige piango. Bensì dal lenire che ronza attorno all'equilibrio, sull'ape dell'artifici, osservo il tintinnio dell'argento artiglio sparecchiato dietro la tenda. La circonvoluzione manierata circoscritta nel gesto donna penna calamaio sono lievi. Sensuale col lucore dell'ora in cui simuli il faro, la scena della vita in noi. Specchio a calamita liquida in cui rifletti gioie vanità spiegate nella lingerie m'innamoro della tua terra policroma. Salti nel gioco sulla linea seppur difforme tra le braccia continua la tua santa signoria per rifiatare sul dove se non adesso in noi.

   

venerdì 10 febbraio 2017

299


 - Noi della bassa -

La nebbia s'infittisce dissolvendosi pensiero. Il percorso a sabbia sul poncho sale ricamato  traccia la sezione di biada a nugoli di storni. Lo indosso ed entro in aula. L'aria pensante vibra, sul batter di mani si sgretola in grigiore a concatenazione di eventi. Arde la metamorfosi con cui mi addestra le ali distese di Rachmaninov. La solitudine mi commuove se determino la retta. Non  sfuggo al senso di tutto questo: lo spirito desidera fingerà d'esser orma poi t'inganna per la vita. L'innumerevole terra sul capo è l'osso duro, sufficiente che io guardi attorno per capire l'amore che non c'è. Scalpiccio pistone biella, acque infrante, stuoia davanti il gazebo. Bellezza, santità, l'intelligenza è una rarità acquisita. Lo sbuffo all'attracco, il molo il solito salotto cremisi di marmo le infradito millesimate creano il vuoto percepito. Sbigottito perdo il sarcofago di prìncipi, innondo di lacrime i colori sulla pietra della scalea. Lavo getto la vita sul logo. Gestito a labbra tumide muovo le nacchere a ridosso della bandiera psichica. Sventola l'iride con cui mi vedi fradicio nel garbuglio superiore.




martedì 7 febbraio 2017

298



 - Film d'essai -

Porta il paraocchi non ricorda che del completo fanno parte morso e sferza. Tra gli sbadigli il selfie a frontespizio del cocchiere compila il messaggio in cartongesso. La scarpa legata alla brughiera si infila al pied noir del viandante si disseta alla fontana. Il dorso al capolinea sul cammino della scena intrepido il gallo sul campanile nel corpo a corpo col vento del reato, sepolto addestra l'angolatura. Corollario al collo nel paesello dietro la staccionata, frusto il purosangue col rosario gli riduco lo svantaggio maledetto. Il frate in equilibrio sul ramo col tacco ticchetta ratto sulla buccia del pesco, sforna litografie dal secchio colmo di patate, spreme la vite nel vin Santo. A forza di mojito lo trapianto poi lo dipingo. Sulla terra ferma gli assatanati vivono i loro mobili di valore; v'intravedo il Luigi XVI acquistato dal rigattiere, ruba cuori presso la spiaggia nel collegio. A chi mi chiede che ci faccio lassù, confesso che l'anello debole della catena è anche il più forte perchè può romperla e tra noi è tutto un dir di cose e pensarne altre. Lo so, la storia finirà così: nei giorni seguenti col cuore immerso nel cestello del ghiaccio le porterò un mazzo di vite accese. La aggancio con un tableau vivant sul grande schermo d'autore, inietto il tangerine tango, lo guardiamo sentendolo respirare.


* alcuni chiarimenti su ciò che ho scritto


Stanislaw Jerzy Lec autore delle battute cui mi riferisco e riporto 1) Quando non tira vento anche il galletto sul campanile manifesta del carattere 2) L'anello più debole della catena è anche il più forte perchè può romperla; infine 3) Chi porta il paraocchi si ricordi che del completo fanno parte il morso e la sferza: è stato un umorista, poeta, scrittore Polacco.

 

297



- Il gusto della proprietà-  

La certezza unanime è che l'oro nero non sia più rosso.  La sospensione in volo un attimo prima di virare proclama vivida opulenza e la mediocrità interrata nel mistero. Si avvinghia in forme umane contenute redatta come spago e trama nel tappeto. Di pelo raso al femminile svetta decoro nell'imo, l'affidabilità lo rende milite al tempo ignoto dal favore temporale. Sullo scranno il bossolo in rame da cui sprigiona la molestia, abbaia la colpa razionale. Scopre la fanghiglia nella folla, dilaga l'immenso sotterfugio per chi si sente uguale di tutto se hai bisogno.



296



 - Rebus -

Da qui al campanile cigolo acrobata poi conquisto il volto nel quesito. La pineta di stelle sotto l'orsa, sfianca, irretisce, ripropone, l'illusione a piene mani nemmeno cela la creta imbastita d'agorà al lucore del vuoto. Si trasforma in albatros, schiaffeggia le nubi a pecorelle, il veliero naviga sul legno mogano, la papera rovescia la maschera nel piumaggio. Da tergo un raggio di vetro mi riconsegna la primavera in lana merinos e colbacco. La volpe ferita sorteggia la stoffa nei dadi in subbappalto. L'etere giace a costante tumulata, tra le dita snocciolo le schegge rinvenute. Mi abbottono d'intenso in prima stirpe e salgo il gradino. Scacco pazzo per te e per come stanno le cose da qui a là, che tu fosti fidata io fossi fidato non importa. All'alba l'abisso. Dal fondo della bottiglia metafisica emerge la mia metà alcolica e bissa l'oltre inquadrato in me. La vetrata all'ovile privato è percepito pubblico.