domenica 27 novembre 2016

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 - Fidel -

Sovrappongo la litania al rombo elastico che funge da calibro per farfalle, api, coleotteri, ogni cosa che possa rendere un'opportunità incluso il creato asperso a gratitudine respiro di Dio non avendone l'autorità la caratura certo. Aggancio il senso del dovere all'uguaglianza: è la divinità umana che lo richiede, conservando l'inusuale debolezza foro nell'anca, il cranio col medesimo foro, la crematura del nemico tavolozza a contrabasso su cinque corde per l'addio. Per ciò miro all'ordine dall'eternità, il tempo non è che l'augello. Tu seduta li dentro nel lessico d'istanti poi minuti da musa percepita amore ti schiudi in corolle coscienti. Petali soggettivi su gambe braccia corpo oggettivi, forestiero nel regno dell'abitudine ti scorgo nell'intùito da donna. Silente esplodi il battacchio ad animo circonflesso, con l'arco scagli frecce su cui oscilli colpendo la campana sgretolarsi nell'umido del suono di un crash. A calci lucenti rovesci le radici rinsecchite su cui cammino in controluce. Il monarca di bronzo dietro la finestra milita sacro sul desco dove ozia, gloriosa la distanta, occupa la rinascita fissandolo. La morte è fioritura molteplice, dinamica dall'estetica sorniona, taglia i fili fin dove vuole. Il giogo propone la noia dell'esistere. Tra le moltitudini mi lavo i panni interiori laggiù, nel crollo di ognuno si edifica la nostra fantomatica liason dangereuse. Al fiume il forte dolore per la zattera che riemerge in corsi / ricorsi dai flutti sventola bandiere nere. I tronchi da cui scendo odono minuscole ferite ai talloni che sorreggono gli speroni negli stivali di pitone. Barbiere hipster taglio la barba al cadavere, accurata toeletta per l'ultimo viaggio. Ad occhi vuoti galleggio nella morte, di soppiatto gl'infilo nella tasca il pass in carettere d'oro / rosso porpora, viatico per il Paradiso.


Hasta siempre.

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