- Chatouche -
Mi siedo davanti alla vetrina di fatti reali, nella lampada decò scorre il groviglio a cascata di capelli luminosi. La Musa muove nel cestello il ghiaccio aggrovigliato ipnotizzata dal sufi s'inginocchia sul bordo del tappetino. In direzione della rosa dei venti il dondolio a Cipolla d'oro regge il mare che si unisce al cielo. Divido la doppia identità nei bruchi ad intermittenza ridisegno l'orizzonte. Sul pianto qualche foglia è bava che striscia color argento dalle tenebre. Fingo la caduta rimango nell'equilibrio. Ad alta quota il fiordo di neuroni maestra di vetture con le sinapsi accende i fari a dinamite. Oltre la barriera riecheggiano di tumulto soprastante. Le slot machine a verticale d'ebrezza sono la minuscola elucubrazione. Le sentinelle sorvegliano. Il destino a pag. 302 del romanzo vede i rapinatori fuggire saltando il muro dai seni avizziti. Con le armi in pugno intrattengo il lume del caffè nella moka. Sul tavolo bambù e panno strofinano macchie solari. E' bella la mostra di sè. La pelle nero verosimile al portafogli cui tengo le banconote in fila indiana sfila. Pago il conto del ristorante, ci ripenso lo pago col tocco di fumo con cui apro la carta stagnola. L'orrore per tutti è la sagoma delle spalle armate.
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