lunedì 24 giugno 2019

413

Disdice il tenero scrocco il cavo teso sulle partiture orali. L'ipofisi del bossolo, marca il passo. Dietro il dosso la pila di Alfieri sfoglia la fiaccola sempre accesa. La torre uscente svetta dal verde smeraldo, infligge con la serie di merli la sconfitta alla doppia coppia all'Asso. La lancia di Longino nel costato del portone con l'anello di rame fa il resto, spezza l'equazione fisica di Dirac. L'arrocco immerso nel pluriball sottoscala, scola la botte di wisckey durante la notte. Sguscia eufonico d'istinto dal cabaret del buffet. Si lancia in corsa sulla pista di decollo, apre le ali di compensato. Assiepata nella tinozza il sangue dell'amante cenere, bolle negli aromi. La cannella abbraccia i chiodi di garofano il succo dà il proprio contributo alla sonorità dell'ambiente. La Bionda di Fustagno si siede sul cavo teso da morire. Danza la macabra nenia per corridori da trincea. Un alfabeto mimico intriso braille per sordo muti. La luna vestita di sole intrattiene nella propria orbita la nuvolaglia. La lancia di Longino segna la propria ombra sottile sul selciato. Dal portone esce in mimetica, l'Alfiere: odora sandalo. Al confine tra l'arte e lo spirito chiede il passaporto a spingarda carica. Sui mobili di quercia qualche testa vuota mozzata e capovolta mostra decine e decine di cicche fumanti. Dalle orbite i fumaioli disegnano sul muro della finestra, file di uomini e donne ignude nel cratere. Nuotano nei lapilli di gioia e dolore antico. La vigna dell'osteria mostra i grappoli di seni materni. Sotto il sale nel capanno, giacciono gli arnesi dalle innegabili prerogative.     

domenica 23 giugno 2019

412

L'elica: un codazzo di elegie radio comando. Le frequenze: gambe rinsecchite a chiodi marittimi. Sul lungomare l'epitaffio da evoluto macina le pieghe del volto. Espressionista. Valli dentro cui i turbini abbeverano i guimpe sul letto matrimoniale a baldacchino. Il felino con gli anelli concentrici sulla coda stira il burqa nel risvolto dei jeans, poi miagola la posizione del kamasutra. Fate bene fratelli. Nel cortile incendiato di giallo paglierino la commemorazione di oche anatre sul filo della lana delle Ande. Sul dispositivo col cannocchiale il tergiversare dell'estuario, chioma in rami di latta esterna un trittico di Piero della Francesca. Da ogni finestra sinfonie facilitate dall'alfabeto per ciechi. Rullano i tamburi le pelli tese da 100 dollari. Chi canta chi suona chi ruba chi s'ingozza chi si ubriaca chi fa l'amore per modo di dire. Vive l'enduro nella carne. Le ganasce dei freni incorniciate ed esposte sulla lapide ad memoriam. La giacca in pelle la indossa il tronco d'albero. Il corteo di oche e anatre invita apre le ali le porte ai suini col papillon. Il grugnire politicaly correct della mansueta masnada a cuspide crea la notte imbiancata sulla punta delle scarpe. I fori sono proiettili per il cervello alcuni fuoriusciti altri da tatuare sull'ogiva. Decollo di suono e fuoco nella riforma.    

giovedì 13 giugno 2019

411

Il rogito la firma nel braciere mors tua vita mea: è indiscusso sul luccioperca. Vola radente il campo di grano abbattuto dallo schiaffeggio del ghibli. Le diagonali d'erba all'occhio il suono per consolarsi. Dal tempo il moto eseguito sul violino, s'imbatte sul palco sotto il cappello l'estro. Strada che precede filari miti capricciosi. L'intensità verde la pena d'ultimo ascolto, nel vocalizzo l'arco della consolle. Arpione d'affresco liquido turchese. Dal seno esce colore lucido di malocchio.