sabato 27 maggio 2017

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- Sugar Ray Leonard -


Zucchero in vetro i numeri dell'esistenza de-javù. La pupilla priva d'indumenti calma la voce cara di emozioni. Niente affanno sul barbeque, masticar parole gesti rifiorisce di propria sponte. L'intelletto non può nulla pallido non ha strumenti per la difesa. Giaccio nel corpo sfatto sul principio del lastrico il cappio mi sorregge fieramente. Solerte un brano pop il bacio in sottofondo: don't leave me this way. Il volo del cappello all'arrivo. La crociera infiamma la girandola del picchio. L'Abs psichedelico, la clessidra in tasca, recito la precia: una fiaba nel tormento. Il cuore a ghirlanda di petali, profuma.


* alcune precisazioni:

Ray Charles Leonard conosciuto Sugar Ray Leonard: uno dei pesi welter migliori di sempre. Harold Melvin & The Blue Notes gruppo musicale di Philadelphia anni 70. Rb, Doo wop, soul, disco music. 

venerdì 26 maggio 2017

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 - L'idem sentire -

Gli oboli sonanti del cortometraggio rotolano sull'epiteto futuro di conio. Mi è negata la virtù come fosse carcassa controvento ripiena d'insetti dall'anima vermiglio. Della beatitudine che non desidero muovo le coordinate, il pozzo d'amore che chiunque riconosce sniffa la calce. Banconote avvoltolate all'abito di una Dea la bacio e il mio volto si scioglie di rapacità. L'essenza della vittoria si stampa sui boxer di cotone, tardi per gli assennati acerbi per i dissennati.  Nè Dio nè Patria mescolano i sensi nè una donnaccia di ultimo pelo. Lo Champagne ondeggia dentro i monili con cui ci relazioniamo. Non allarmatevi è la certezza del mio cuore di bue come me, indica la storia. Il vaudeville metropolitano si accorcia a tessuto di sartoria sotto la pioggia. L'epiteto del futuro sta sotto l'ombrello se lo acquisisci diverso è l'anatema. Nelle vene il marmo scorge il disco orario di pallida memoria, a strisce bianche popolari rimpinguano gli applausi. Il sarcofago lacero del pitone, solidifica la mezzanotte; da lì in poi il sottotetto è il rifugio delle rondini che riposano di vendetta che sbatte.  

giovedì 25 maggio 2017

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- L'aquila zen -

Continuate pure con le vostre priorità, la nenia sottocoperta racconta di Re e Regine nudi sul tavolo di marmo l'etichetta sull'anulare. Mai corrotti, viceversa peculiarità dei politici: l'ambizione vi assicuro colma i vuoti d'aria, ma le parole d'aria compressa camminano con i gesti nelle depressioni. Ho riso a squarciagola di fronte ai volti spalancati distesi nella felicità. La solita spiaggia, ho sempre riannodato il foulard per via che non volasse via. L'incertezza che la vita abbia significato nel trasformarla, la vivo da maestro zen. Se qualcuno mi garantisce che il potere del danaro corrompe morte e dolore, in poco tempo mi converto. In una parola salgo per l'eternità al termine della vetta. Amo la neve, i nidi dell'aquila, le circonvoluzioni ad ali spiegate, la vita sulle verdi praterie. 


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 - La deriva -

Più scorrono gli anni più i miei pensieri equilibrati hanno un carattere eversivo. Ho i piedi per terra, non sono io che mi allontano. Riconosco sia l'acqua sia il mare. 

sabato 20 maggio 2017

337


 - Diapason -

Dall'imo salgo all'equilibrio di pupille ascolto i risucchi di vortice nel vedermi passeggiare con la pertica equilibrio sulla fune. L'assenza d'organi chiesastici vien dal basso, il grattacielo si staglia nel verso esatto il cosmo sax d'erba spagna smuove i tacchi sotto il tavolo. Per il mare la spirale di gusci antiorari si rimette d'accordo guardandosi la polla. Conosco lo spartito del clacson, il pegno è nel pugno della mano. Si libra di palmo in spiaggia sino ad alveo lunare in due pezzi da cadavere occulto.
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Dal gin tonic mi si tatua in fronte un astro, la cannuccia proietta le Alpi nei suoi tornanti, legati ai lecci il leggio dei cinguettii, dal Paradiso fresco di guance chiunque si sveglia a portata di mano. 
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Immerso nella stazza taro la frusta nella cintola. Con la mano dispiego sulle rocce stentoree i flutti, pungente dipingo le coordinate coda di piano. Abbandono il bicchiere nel vino, il telaio al retrogusto d'edera sfilaccia il ginocchio. La crepa del dolore brusco, il destriero desertico, il motore rombante, la miccia tra le gambe appare il blu trafitto dall'ariete. Infilo l'ago nel portico illune la replica non tarda ad arrivare le orme invisibili in centinaia di anni creano il pubblico sul filo di cartapesta.
 

giovedì 18 maggio 2017

336


- Una domenica pomeriggio -

Dopo la Benedizione ricevuta dal Papa gesuita che viene dalle terre della teologia della liberazione ( da vicino il Papa ha quella caratteristica santa che aveva anche Papa Ratzinger quando lo vidi da me a te, la santità gli rende la grana della pelle giovane ) tra via Moro e angolo via Cipressi al mattino; il pomeriggio ci vede scabriolati sul ventre del destino, due barbe bianche che chiacchierano io e Omar Biafra che guida sugli pneumatici rotolanti tempestati d'atrito sull'asfalto in curva, oggettiviamo sul presente sul passato entriamo nel futuro rimirando il paesaggio padano del fiume Po. Cerchiamo il luogo delle esposizioni, lo troviamo. Percorriamo fattualmente / visivamente lo sterrato tagliamo nel mezzo il prato che brilla al sole, parcheggiamo la vettura. La villa di campagna adibita a casa dell'arte si presenta ristrutturata con un casolare annesso di fianco fucina/ forgia per la creatività. La possanza d'un toro di bronzo, l'equilibrio plastico di un corpo senza attributi, la rassegnazione di un giovane con pudenda virili, alcune sculture ci attendono tra l'erba Inglese. Scendiamo dalla vettura ognuno con il propio rapace sul trespolo della clavicola. Il mio, dal nome latino Dux Mea Lux è un barbagianni dagli occhi di ribes che vola dalla poesia del poeta Evgenij Evtusenko sino a me ( Occhi neri di ribes nero / come dense gocce della notte / guardano e inconsapevoli domandano / o di qualcuno o di qualcosa. / Caverà lesto il tordo saltellante / gli occhi neri di ribes nero / ma i gorghi del vortice conservano memoria / di qualcuno o di qualcosa. / Non penetrate nella memoria delle amate. Temete quei vortici abissali, perfino / la vecchia tua blusa, non di te si ricorda, ma di qualcuno o di qualcosa. / E dopo morto vorrei onestamente sempre vivere / in te, come qualcuno no, come qualcosa / che ti rammenti, linea di orizzonte / solo qualcosa, solo qualcosa ) fotosensibile alla luce diurna inforca gli occhiali a specchio mi dà consigli, precisazioni, illustra fatti, capovolge sensi, oracolo vivente mi sussurra nell'orecchio con puntualità faccende umane. Il mio amico Omar Biafra, Italiano convertito all'Islam si attarda: si toglie il berretto colore caki con la stampa Kurtz di fianco ( mi viene alla mente il generale Kurtz del film di Francis Ford Coppola : Apocalipse Now. Il famoso monologo del generale Kurtz del film che mi vide giovanissimo sulla poltrona del cinema dormire di sasso, mentre Kurtz interpretato da Marlon Brando recitava; non esistono parole per descrivere a coloro che non sanno cosa significhi l'orrore. L'orrore...l'orrore...ha un volto, e bisogna essere amici dell'orrore. L'orrore e il terrore morale ci sono amici in caso contrario allora diventano nemici. Ricordo quando ero nelle forze speciali, sembra siano passati mille secoli, siamo andati in un accampamento per vaccinare dei bambini andati via dal campo dopo averli vaccinati tutti contro la polio, un vecchio in lacrime ci raggiunge correndo, non riusciva a parlare; tornammo al campo quegli uomini erano tornati e avevano mutilato a quei bambini il braccio vaccinato; stavano li ammucchiate un mucchio di piccole braccia )  lo pone nel sedile pelle bianca posteriore. Il rapace che tiene sulla clavicola è un falco peregrinus di nome Averroè. ( Nome di un filosofo arabo, con Avicenna, il più influente filosofo islamico del medioevo: sosteneva che la verità può essere raggiunta sia con la religione rivelata che con la filosofia speculativa ) Attendiamo gli amici davanti all'entrata. All'interno l'artista occhi di fuoco creativo silente, vede, a braccia conserte interpreta, riflette, si confronta, ragiona, rende l'idea di sè, favella puro di non sottomettersi al mercato dell'arte. Come Efesto ( il quale lavorava nelle viscere dell'Etna con i ciclopi suoi aiutanti il vulcano borbottava sotto i colpi del martello; Dio del fuoco, delle fucine, dell'ingegneria, della scultura, della metallurgia, brutto cattivo di carattere, grande forza nei muscoli delle braccia delle spalle tutto ciò che faceva era di un'impareggiabile perfezione, detto da Omero)  modella e nutre di cenere ogni musa dentro palazzo fuori palazzo. Nella stanza adiacente celebra la gravidanza, nell'altra passa in rassegna qualche esperienza, più in là evoca Moore ( Scultore britannico: il suo stile influenzato dall'arte primitiva tribale rompe con i canoni classici tradizionali. Ispirato dal corpo umano crea figure deformate con lunghe membra innaturalmente distese dinamiche nel gioco di movimenti ) in altre Picasso ( Pittore scultore: innovatore e poliedrico è stato lo snodo cruciale tra la tradizione ottocentesca l'arte contemporanea ) De Chirico ( Pittore scultore: della corrente metafisica, che vuole rappresentare ciò che è oltre l'apparenza fisica della realtà al di là dell'esperienza dei sensi. Il termine significa: dopo la fisica )  sostiene che non c'è ricerca nelle donne di Botero ( Fernando Botero: pittore colombiano che si caratterizza con l'insolita dilatazione che subiscono i suoi soggetti dalle forme irreali non hanno dimensione morale psicologica ) le dipinge uguali da 40 anni, dice. Ce l'ha con Damien Hirst e il suo teschio ricoperto di diamanti che vale milioni di dollari ( Damien Hirst fa parte della Young British Artist: squali tigre, pecore, mucche, imbalsamate in formaldeide il teschio ricoperto di diamanti; le sue opere più note, si interrogano sul senso dell'esistenza, sulle prospettive umane della mortalità, così come l'esosrcizzare la morte attraverso lo strumento della medicina, della religione della procreazione, o della esaltazione della materialità ) ce l'ha con le provocazioni di Maurizio Cattelan ( Cattelan con approccio critico si muove nell'avanguardismo contemporaneo nel tentativo di fondere vita / arte / realtà / fantasia ) Jeff Koons ( il quale nelle sue opere illustra ironicamente l'american way of life la tendenza al consumismo, erede di Andy Warhol esponente della pop art e Marcel Duchamp uno dei più influenti artisti del novecento fauvismo, cubismo, surrealismo, arte concettuale; reinterpreta la tecnica del ready made ) ex marito della porno diva Ilona Staller il quale secondo l'artista con gli occhi di fuoco deve la sua fama più al matrimonio con la porno-diva che per il valore delle sue opere. Mentre parla in modo concitato sposta il vaso cinese sul comò lo rimuove per dare visibilità alla tela scura dietro che ritrae un paesaggio dark con un ponticello in legno nella brughiera che mi pare Italiana sebbene ricordi la terra d'Irlanda, poco distante dal ponticello un borgo. Ascolto l'artista nel monologo. Mi volto per osservare i soffitti i muri affrescati. Il proprietario dell'immobile è distratto dal suo pavone in giardino, mi accenna che ha bisogno di una compagna al più presto gliela deve procurare, in silenzio lo osserviamo camminare tra la natura dalla finestra. La specchiera dietro l'angolo mi ritrae, mi vedo come non sono dentro; sono chiunque altro e questo gioco psicologico di ruoli a volte mi piace a volte lo detesto: passo oltre scompaio dalla specchiera. Mi concentro col mio barbagianni Dux Mea Lux e Omar Biafra e il suo falco, ai titoli delle opere dell'artista dagli occhi di fuoco esposte, mi pare sia bravo e dalla sua forgia nascono buone sculture ( quelle che ho apprezzato all'entrata sono poderose )  Artisticamente feroce nel sapere perfettamente la via che deve seguire un'artista, ha l'ispirazione retta su concetti forti, banalmente non sarebbe artista se non fosse così. Passeggio tra l'eco di stanze semivuote dalle porte assenti e numerosi oggetti: vasi quadri specchiere, tappeti, le vetrate colpite dalla luce del sole creano fazzoletti di luce sugli stesi oggetti, incontro la tela muro enorme di un pittore Francese sconosciuto: ritrae Platone e altri personaggi nell'agorà ( forse c'è il maestro di Platone: Socrate forse l'allievo di Platone : Aristotele ) in ogni caso cerco qualche indizio che non trovo per avvalorare la mia tesi mi distraggo sui testi in lingua francese disposti in una libreria seminascosta. Ne sfoglio uno che dall'odore della carta stampata mi ricorda la cultura Francese dell'ottocento ( c'è un fascino che la Francia esercita in me per essere il palcoscenico della sinistra che ho in nuce come quella fascista ) Proust, Flaubert, Maupassant, in seconda battuta quella russa di Dostojievsky, Tolstoi, mai a quella di scrittori americani che idealmente preferisco e leggo con molta più facilità e gratitudine per la modernità in cui mi ritrovo e sento. Il curatore dell'esposizione un po' stanco e un po addolcito dalla Sambuca che deve aver gustato dopo pranzo ci segue ogni tanto interviene con delle precisazioni, indicandoci dei quadri o delle rifiniture che ha avuto la villa durante la restaurazione. Di tanto in tanto sorveglia dalla finestra il giardino dove dietro un albero basso largo frondoso un pavone maschio nasconde i colori delle sue meravigliose penne. E' sufficiente che il volatile nel suo portamento esca dal verde mostrando i propri colori maestosi per destare nel curatore dell'esposizione un palpito di interesse e guardandoci riflette ad alta voce che è necessario che il pavone abbia assolutamente una femmmina e lo dice con sincera approvazione per l'idea che se mai fosse stata nell'alveo del dubbio ora che l'aveva pronunciata era sancito quasi per decreto personale.          



      

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 - Micro film d'autore -


Regia: Tullio il visionario
Sceneggiatura:  Lehahiah
Fotografia: Tov Meod


 - Anime e baci -  ( il titolo originale è: un tour des àmes et des baisers )


In sessione sulla porta a cappello monocolo didascalico, ti sussurro le bolle nel timpano monocorde. Il brandello di vino taglia e flette sul ventre la decade esce dalla moda ribolle sulle scale del gin fizz a chiave di violino, nella verticale ti si infila nei ricordi. Nettare per chi ha tempo di conquiste. Tu non hai idea di quante vittime abbia prodotto la cravatta di Lavalliere, non conosci l'invidia del dopo. Non essersi sollevati con i capelli arruffati dalle sbarre della finestra di stoffa incastonate nel domani nel dopo domani. Con la barricate in spalla a bocca torta su cui non c'è nessuno tranne qualche ciabatta costosa, una trota controcorrente indica la mutevolezza di corrente. Sul trespolo incanta il ruolo di sè il pappagallo: elegge il pianto d'ermeneutica fallace. Nient'altro che un postribolo unto bisunto tra vettovaglie, boccali di caprifogli, seni al vento, una chanson d'amour dal water closed.  Sulla parete il garcon traccia le coordinate per la volgarità diretta. La filosofia è dentro ciascuno di noi ferma sulla corsia dell'autostrada, il tempo, all'autogrill con uno sfizioso unguento tra le fauci, la rotonda in cielo una giostra di sole con i cavallucci a dondolo, il vecchio cow-boy che legge le poesie di Renè Char.
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                                                            intervallo primo tempo 
                                              

                                                         fine intervallo primo tempo
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                                                             inizio secondo tempo
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Espulso come lo sbatter di porta espelle lo straniero il cancro è il rimorso dell'accomiatarsi. Stringo le mani di sabbia, segno del deserto inequivocabile. Lo strano tatuaggio è l'ologramma dello scorpione d'oro che rincorre gli zoccoli trasparenti dell'asino a Gerusalemme. Lo dedico a chi amo quando amo visto che comprende. Elemento semplice, vertice velenoso per chi non ascolta, mostra la dannazione del vortice. Innocuo al via dell'emancipazione per quanto i corrotti ingannino se stessi viaggiano in Porche al limite di ogni Santa Barbara. L'oste versa la trama nella pentola, la mescola sul display digitale compare la figura dell'alter ego " così mi risponderesti per la dedica: sfodereresti l'aculeo mordi fuggi con cui detengo la bussola del rettile nell'angoscia double face ?  " Conservati nell'io, il non saper farcito invecchia, ricamato dai fili d'acqua è neve nella tormenta psicolabile, sorgente nella gogna del Demonio per cui stravedo. Il resto si sgretola nella mancia da vero dandy imbellettato sdoppiato triplicato quadruplicato in vita, mi metto in posa per il click, è tutto ciò che ho; il rostro non è acqua nè fuoco solo il desiderio dell'accordo di cuore che stipulo d'invidia mors tua vita mea.  

sabato 13 maggio 2017

334

Poi il momento passa con la coda nella curva che recita l'addio e sventola il fazzoletto: a quel punto lo catturi. Prendendolo per quella stessa coda, si stacca come fosse di una lucertola colta nella fuga; tra le dita ti si attorciglia di vivezza e morte nel sentimento, che pervade piano piano il cuore.   

domenica 7 maggio 2017

333

 
 - Il francobollo -
 
Raramente vivo senza l'ausilio della musica in cui nuoto subacqueo: avvolto in fili, prese, snodi, allacciamenti, inforno la finitudine umana. In comunione col mondo esterno ad occhio caldo allungo la mano cosmopolita con cui realizzo il disegno del destino per i natanti falla, cui i pesci a branchi ruotano sul gomitolo dell'oro sino allo spiazzo: contiene l'avvallamento colmo di rari piccioni liberi. Nel becco il potere della pagliuzza dalle catacombe. Arriccio i baffi nel mio io arruffato. Canticchio l'idea ritrovata, non c'è modo di capire la ragione per cui spunto l'estremità con i canini lievi. Lo schema levantino del do ut des accessorio affisso alla parete delle circostanze è bizzarro e molto improbabile. Il pontile di carne e tendini che si sviluppa a piedi nudi nel lago alza il braccio d'osso nel sdaluto. Indico la pineta a roccia di fumo lassù. Il sigaro solleva la frazione infinitesimale del giovane incisore, a testa bassa, lenti sfumate d'azzurro, finto naso bianco latte d'asina, chiude la porta dello studio èlite. Il palloncini oltrepassano il sogno in cui mi ritrovo, realizzano le realtà innalzandosi festosi, scottati dal sole e dall'alta ciminiera dentro cui lavoro con l'incudine e il martello.

332


- Il bosone di Higgs -

La catapecchia con le mani in tasca crolla al limite dell'ignoto, il boato di periferia è lo scostarsi delle membra nello squarcio. Non dirmi ciò che pensi. La colpa, se vi è colpa, s'agghinda bagnata sull'abito d'altro mare. La penisola nel tichettio delle suppellettili rastrella striscia sul cornicione, il tremito d'ali muove la criniera e fluttua tra le conchiglie variopinte. Ogni mollusco apre l'ombrello. Rovisto a terra in cerca di monete, guardo l'aria, percepisco l'erba nella circonferenza dei cunicoli. Tu vedimi dalla finestra. Registro la giornata nell'osso di seppia oscurata all'ora di punta. Affilo il taglio: è l'abbraccio che odora lo stiro scaltro su cui strimpello di gioia. Clitennestra nuda. Dio l'ha congeniata in quel modo. Eccola, svirgola nella gonna sul palco; sorride. S'infila le mutande il reggipetto filigrana pittata d'acqua santiera, gesticola la polla in volto al cielo. Nel camerino imbottito di farmaci il sottovuoto, avanti in angolo sgoccia l'apoteosi musicale. L'umido della strada mi tende la mano, la notte in un colpo d'occhio dal telefono ricovera la mia voce che leviga le pupille al decollo. Sulla fronte l'intersecarsi di linee, traettorie psichedeliche rocambolesche, muore in un battacchio la luce. Sul davanzale la cucina dentro, governa lingue di fuochi fatui. Le spine avvolgono l'astro. Colline appese ai fili d'erba discutono occulte l'udito della primavera rinsecchita. Nel lusso la carrozza; deambula sul Reno, galleggia l'ardore, frusta l'albero rugginoso, di che afrore sia l'airone non so. Sventola di ramo in ramo il subliminale su cui cavalco roteando in orbita sul lazo in fiamme.

lunedì 1 maggio 2017

331

- Il 25 -

In nessun altro giorno dell'anno ho incontrato tante persone scodinzolanti al guinzaglio del concetto di libertà sulla lingua biforcuta.