domenica 26 marzo 2017

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 - Il politico -

Sfodero il sorriso totalitario nel disimpegno di meriti che non ho. M'intingo nel dramma reggo il peso del macigno nei sensi vibratili. L'alterità non la comprendo non mi appartiene. Mi irrito di fronte a personalità dal pelo grigio. Devo capire: li detesto, me l'hanno riferito. Intuisco alfabeti altri conosco la metà di quello canonico nulla mi appartiene tutto conservo ad alternativa come un mago. 

316


- Suburra -


La testa è infilata nella tuta, tra le nocche riemerge il nero di bossoli con cui la saldo. Gli uomini dal secolo breve rincorrono le tavole d'oro cestinate. Sul palato nel disordine le stoviglie di latta graziano il percorso. Dal tostapane l'alba brucia deterge l'occhio a coda di rondine. Mi invito all'accensione della lampadina biologica non schermata. Sul tracciato la favilla a fazzoletto dell'idea primigenia vi partecipa attiva. Nel Triangolo oscuro la scalea scansa il drappo, la doccia sui rulli da cui monda le conche agita il voil di vermiglio. Gli orti su ogni mollusco muovono la loro bandiera sbrindellata. Al tripudio del forte comizio è la piantumazione delle canne che opera. La robinia sulla darsena rilegge i cani, si guardano di cagnesco si annusano. Al lazo il cavallo sotterra la criniera, i depositati sotto il sole depongono le vanghe rimodellano la buca. L'erba brillante dimentica le difficoltà. Emigrano le carpe sui sorrisi delle ragazze. Il vortice ricrea la trivella al cuore lega la ferraglia scoperchia il sentire dei lacci. Il guaire del fuoco sul candelabro di carta riempie la bocca ritorta di chi osserva. Al fondale imprigiono la vastità delle anime. Se avessi vissuto le  avrei ricoperte a tempo pieno. 






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 - Danse macabre -


Lo stelo incanta la  discriminante a doppio fondo, l'albero ricopre la sagoma tridimensionale. Braccia aperte i rami a forma di cuore le frecce s'intingono di suoni galanti.  La voce increspata a carta velina flette nell'aria a passi uno dietro l'altro li rafforza sul discorso. Un sentiero primaverile si scaglia da lassù per quaggiù, fora la pallida luna, sbuccia le suole con gli zoccoli. Il ferro di cavallo dalle labbra ricopre il refolo di vento incantato per le belle occasioni. Apro il sacco al vento il fiore nei petali diviene ombra in cui manca il sole. A bordo il cane di piccola taglia riveste i sogni di chi sveste col nobile viso l'oro in versi. Non sai il limite del raggio ad alta intensità. Trattengo a stento la mano con cui copro il seno. S'inabissa pruno la danza sociale è allo stremo. I pescatori riavvitano i carrelli, le canne si torcono ad asso nel disturbo; andandosene oltrepassano il ponte d'intrecci di rovi. Rose rubli in fiamme sguscia il tifone nel dolce, un disco sulla testa degli astanti strimpella le note. 

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 - Gibson Les Paul -

A bava di lumaca parcheggio la trama esagonale. Il tratto di piume affascina la traettoria dell'omero. Il diapason fuorilegge imbraccia la sirena di fuoco la dipingo sulla roccia intessuta ardesia. L'altare fornisce la lettera al maniscalco a colpi di martello le orbite le addormenta con lo scacciapensieri. Ribalto il tempo nell'urna dell'acquario recito a soggetto. La rottura del sogno da cui sgorga la formula dell'addio ha due zampe di leone alzate a giuramento. Insabbio il muretto a secco. Guardo il molo presso la staccionata perfetta. Il corpo in balia del volto racimola i capelli sul sentiero li bagna nel lago di sale assolato. In ali di corvi spiumate passeggia sul vento col mio cane preferito.

313


- Neon demon -

Ormeggio su tutta la sponda. L'auricolare tra le dita, la sigaretta nelle pupille, sonnecchio a girasole sull'ala del cigno. Dalle funi legate alla pagina del collare si libra multicolore espanso l'albatros. Parte il dardo. Indosso il gilet di germogli polverulenti, rivesto l'argine col tornante, squasso la gonna plissettatta d'unto. Miserrimo turchese l'alone suggestivo nel casco giace a terra svestito da natante d'alamari d'osso. E' la fonte inesauribile. Galleggia in luce d'artificio sul bosco tremulo in cui stappo l'universo turacciolo di vulcano verde da cui gli zampilli della festa son lacrime dipinte dal demonio.

giovedì 23 marzo 2017

312



 - Subappalto -

Sono senza identità son tranquillo. Del resto le cose vanno bene. Se dovessero andare male c'è chi ci pensa: non son figlio d'una gobba. Ne ho l'aria lo so. Mi hanno cresciuto dimesso. Le cose che mi attorniano hanno una punta d'inaffidabilità. Vivo l'ingratitudine a virtù  il tradimento come un dono. Se mi accontentano sono fedele sino alla morte di chi crede in me, anche se gli ho somministrato il veleno; morte che a volte non capisco, ma adeguarmi a non capire è un pregio in subappalto.

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- Ray ban a specchio -

 Obbietto, imbastisco, tergiverso, sgancio un'idea: la interpreto, mi scaldo pragmatico mi raffreddo; saggio scucio parole dal dizionario forbito, sfiato qualche espressione da suburra, la ricucio di buone intenzioni: all'orizzonte plausibile il tramonto. Non è per tutti, prendo tempo. Lo avvolgo di premure nello chic: basico sorbisco un tè, uno per chi c'è, si ragiona meglio. Il lavoro può attendere.

310

 - Pensiero al vento -

La voce del cuore leggero vede l'attimo in cui vi è tutto ciò che vorrei sentirmi dire l'amore nell'odore si ramifica nel silenzio innonda l'immaginario deforma la realtà dilata l'impercettibile crea tempo all'interno dello spazio reale inconoscibile col favore dei venti di cui non saprei dire.

309



- Buon viso a cattivo gioco -

Le piogge sono abbondanti i petali s'infrangono sulle rocce di legno. Ciascuna levigata dal tuorlo di sole arrostisce il nido. Geki scarlatti accendono il loro carbone, la modestia intirizzita spedisce la parabola presso l'hotel in cui lucida la catena. Sul divenire danza corona di maglia posticipa il palcoscenico. Tira le tende sul fiume. Il brivido dell'increspatura dell'acqua taglia la prua natante in plexiglas. Le impronte a mano sulla firma sviano l'esodo d'argilla. Gli attori vedono gl'innumerevoli anni costanti. Nessuno mi ha mai visto al lavoro. Il vento solleva le maniche, le vigne sull'emisfero dettano il programma. Sul pendio la scanalatura trae matrici dalle chiavi apparentemente austere nel silenzio fugge la rosa della carne. La penombra ghiacciata dall'anelito del vademecum tira tardi per ottenere il rinvio. L'angelo del fuoco con la solita abilità si stampa sul muro di gomma e noia.

sabato 18 marzo 2017

308


- Totalitarismo -

Sarebbe ora è l'ora giusta manca un po' penso sia passata lo sarebbe stata. La ritrovo  pronta imbastita con un sorriso di sconforto la lascio com'è. La riprendo al momento esatto quando accadrà se accadrà. A volte l'ora giusta è un mistero; in ogni caso sono d'accordo con me stesso: è tardi. Rispondo al telefono del fine settimana; le budella raggomitolate nel ventre, le gambe sotto il tavolo imbandito, il lambrusco che macchia, le ghiandole salivari che gorgogliano di piacere, gli occhi vacui da animale che razzola in cortile zampetta sotto i portici, questi i veri volitivi filosofi dell'ora giusta. 

mercoledì 8 marzo 2017

307

chi ci muove se non la metamorfosi dello spirito di cui non conosciamo l'Identità / che accresce in noi l'ordine piccolo grande simile all'universo: / fosse spirito umano annienterebbe dolore e mortalità 

lunedì 6 marzo 2017

306


- Chakra -


L'incanto al centesimo passo m'invade il chakra, cruccio dei lampi in sesterzi. Vibro l'olfatto a calotta di rame. Lancio il cappello su cui edifico la testa, con la ghiera in vetro intingo le dita nell'acqua. Lo specchio riflette il peggio del reame. Indago la trama nel ricamo d'inchiostro, batto il tempo inquieto. Alla luce dell'abat jour tolgo gli speroni del gallo alla porta, punto l'orario sotto coperta. Non si spiega il coraggio a chi non ne ha. 

sabato 4 marzo 2017

305


Io m'insinuo qui, sulla soglia della faglia del benessere; dove tutto è meritevole di essere acquisito e nel contempo, mi rende profondamente banale: simile alle cose che reputo importanti.