La garrota
lo spettacolo in marmo dilavato dall'irruenza predispone ogni cappello; a tesa larga e scura su barbe folte e concatenanti a gocce; in flussi d'amore primordiale simili a liane della morte o a Peyote schiantate tra minuscoli applausi oscillanti e rinsecchiti di corali all'addiaccio; con le mani giunte in preghiera o sul proprio ombelico le quali complicano, la sessualità d'ogni artiglio impigliato ed ecumenico se stampato al graffio così rendendo le poesie mute e immote come Dio; vuole siano muti e immoti coloro che lavorano divinamente; nell'arte silenziosa stereotipata per disgragare la nobiltà presunta e quotidiana che nell'albero della conoscenza consegna; vitamine rivestite col vestibolo greve di radici in cui l'acqua fluttua fermentando il grembo; nell'obitorio d'un nano mistico e agnostico fintamente colorato in molteplici stracci come Arlecchino; avvitato al cosmo e allo scroscio banale, che spiove sul numero 69 serrato ed accoppiato ad un alibi di fede transeunte.
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