Odor di latte borchiato schiacciato sul collare di mattini popolari
ogni sorta di scarpe osserva il parabrezza le galline di cemento stanno limpide; con la schiena curva piantando muri bianchi, che del rinfresco futuribile sostengono un ricordo; vago davanti a porte di nuvolaglia sgretolate da buoni rapporti, gonfiati in doccia; dove grandine e scorpioni riassorbiti in gola pasteggiano idee non deperibili; a chicchi di sguardi reperibili sulla linea del davanzale, la finestra da cui si controlla il rassesto nella botte amorevole sta; sul capezzolo del canto dove il gallo rigurgita stelle nere occultando il fiato; del canale boicottano le misure ritrovandole impiccate al filo della tensione; ingrassando la circumnavigazione dell'insetto che decolla sotto la foto del martire volando rapido ringiovanito dai fili al vento; sollevo la fune del pozzo per ogni assetato e sotto l'egida della gru che bivacca all'ombra apro le casse dalla miglior tinta di zabaglione; puntando il rimprovero su un cavallo dell'idrovora carnivora, che snocciola sarcasmo lamierato al prestigio; appuntandolo al peristilio in gran spolvero; divorandosi tra le dita il traforo denso d'acqua cassando chi disapprova nel diaspro; il cristallo imprigionandolo di linee rette col disguido, vedendolo prestato; sfuma commenti fotografoando nudo la luna per quattro, generando profonde raggiere col solarium di cinghiale messo al collo; il quale ammansisce l'affettatrice lasciando vivo l'animale.
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