Col passo le infinite querce vestite di tutto punto non esclamano
Le rondelle rubizze e forestiere, dalle proprie intenzioni, fuoriescono ardendo il tempo lento in legno tra tasche spente e menti unti; sull'ostensorio carico di sviste incombe col taschino la mammella che per quintali messaggia a sguardi distribuiti; algebrici nella formula i quali discendono dietro pagine di foglie; innervate dall'accompagnamento portato e posizionato. Sulla vetta monca il vetro zigrinato è la crepa del vassoio che chiunque afferra; adunco annunciando di superbia l'allungo orlato; damascato odoroso che il potere defiscalizzato dall'arciere sia; quinto al tavolino seduto per un drink; tramezzini alla maionese ingoiati dalla notte acciotolata; stavano sopra il cane nel rimorchio, addormentato e imbastardito dalle plurime volte scintillanti; implumi nonostante siano ognuna traccia ai fianchi d'una pallottola sempre accesa. Che diventa bossolo.
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