lunedì 7 aprile 2014

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 Arde folto l'anello nel carico muto


se si depone in Cina, il telefono la terza lettera l'acconcia al centro; albina e sardonica come quando ogni cosa va da sè animando due direttrici nell'incedere; presso il crollo del participio dove malgrado le correnti interne, l'esterno bofonchia strutturato; in relazioni ascrittegli vis a vis d'improvviso rialzando al 13 per cento le quote divergenti; nel contratto anello della traversa di sconforto non confondendola con la pelliccia dell'esistenza; di valori retrogradi forti e a torti triturati tra i giurati pendenti e gli orecchini perdenti non lavabili dai piedi all'insù; con la piccola guida di sinistra che origlia orientadoci in roccaforti tra le foglie e le cartacce ricoperte; del mito che soffia divertito la cannuccia dietro l'impiego bollito e ritrovato; nel nugolo di fumo coltivato a spine elettriche nel conforto; varcando travagliate mulattiere piene di fori schierati col fucile; a tracolla di mezzogiorno ponendosi contro i cieli, intubato; dal veleno che discende gesticolando gestazioni e drenando sorci, uno sopra l'altro nell'imprudenza del traffico; extra urbano, limando chiazze nel fare turni di nevischio anch'egli discendente: dal turbo diesel rasato lesto; come siepe vuole curvando di sei assi. Perciò sciolsi le spade nel bicchiere calpèstando le bare ammonticchiate ponendo una mazzetta di mille grazie sulla barricata di petunie; dove il mare arretra ogni fauce, e la marea salta metri a piedi pari dentro il cerchio; portando a sè il sentiero introdotto nelle ossa, nel frattempo masticando vespe variopinte che ronzano con lo scalpello in bocca: vidi l'universo sul femore passando per il buco.   

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