giovedì 13 marzo 2014

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 La libellula per contratto invecchia


Invaso la libellula rinsecchita, stendendo le nervature di ogni elitra sul petalo incolore dell'ortensia; poi chiunque le potrà mangiare col fusto di detersivo in mano; attorcigliandosi al glicine per lavarsi in bocca dai rimasugli di ogni gelso; coprendosi le vergogne fiorite su cinture di corteccia, e celando in tasca le memorie gonfiate da smemoratezze per milioni; di fusciacche provenienti dalle spirali nell'allungo d'un sinuoso accento dell'ignoto che intrappolato va degradando; riacciuffando i colori coloniali in modo verticale sulla scala a pioli, montando l'albero sulla lavatrice e centrifugato lo asciuga steso sulla corsa centripeta dell'interno di ogni formula che rassomiglia ai volti; perduti nelle acque tormentose; dove le foglie paiono ciuffi scuri tra zattere gonfie di lagname annunciato a pappagalli: variopinti; col volto scheletrico ed il tronco arso dalle malelingue poste sulla colonna d'un concetto filosofico: esempio di spettri colorati con cui le donne ridono col fazzoletto, tergendosi la fronte e un meridiano che miagola sulla parure nei parametri di guardia; mentre il busto medievale al capezzale d'un punto di morte andata e ritorno; celebra picchiando la porta del fuori orario portando una faccia idiota con due drink da sorseggiare, cantando  in falsetto il fumetto che esprime la fortuna.  

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