La Musa quieta di perplessità portava mazzi di fiori inveterati
costante la prima sfida, con gli occhi al contrario dove devia il cioccolato spurio d'intensità, egli mise l'edizione ombrosa cantando il ferro di pervinca; una volta ricoperto lo battè fiorente sopra gli alberi tramontati conversando nel boccale tra sè; provocando un'eco dessabbiato per ogni alba che si fosse presentata in sicurezze animate dal brunito circolante attorno al piedistallo; escogitando l'ornamento indegno che decolorava le galaverne sminuzzandole; nel rosso inadempiente tra migliaia di gabbiani a muso duro; il becco unico estratto del quotidiano ingiallito degli anni 80 dove la nutria comparve di sorpresa nell'occhiello; amica di velivoli che nel volo di ricognizione nascosero le carte arrotolandola alla carlinga; tra cibi e tronchi accumulati da cristiani di routine disponibili e d'aristocratico apparato; incisa sopra il disco di vinile, il quale saldato da un soldato al perimetro di vetriolo, usò lo stampato a macchia un'ombra proponendo l'acqua; in una figura che passeggiasse nel vaso temporale costruito ad arte.
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