venerdì 27 settembre 2013

19




Nella curva trafficata la femminilità Islamica controlla il tallone togliendosi la scarpa slacciandola d'allucinazioni. A stringhe rigide la festa marcisce sul palato del ramarro in rapida fuga, individua il confine e mastica. Tra l'asciutto l'umido rosa della cascata dista il pezzo debole. Intervengo con la tastiera tra le rocce prive di guarnizioni fragorosa dei cingoli, avanzo pentagramma. A gran voce apra la spaccata della lama duale col melograno abbottonato digerisce la propria meridiana. Umori tracce sulla sabbia la malinconia a righe orizzontali. Confluenti al violino in jeans filigranato, dalle intemperie lei prorompe col maquillage nel denim; al passo attillato la parure. L'oca sghiaccia a monte il cestello, stesa batte il sax metronomo, la notte di piacere sul cuore, seppur spinato si mostra lentamente invescata a quadri senza applausi. Come quando ci si rammenta di vivere contraddetti nei silenzi. E la cimice acerba nella nicchia più volte in vetro svanì dagli occhi. Non può diversamente. Con il tanfo la vespa impazza di scaramucce gioia, nel dolore la schiena infila il proprio pungiglione sull'odor di uvaggio. Poi a sera. Quando si è a torso nudo sudati nell'estate il giorno superato, termina la spirale sullo sterrato fuggiasca nel fruscio per non essere calpestata. Scaravento al suolo i segni che vengono raccolti, gambe incrociate nello spruzzo. Di pere a terra da raccogliere mentre il cavalcavia va mostrando sulla groppa, il passato del distributore dismesso e rovinato dalle cartacce emerse; dal taglio di ogni filo d'erba secco o morto che sia.


friabili la spinta ombra densa decelera riposato nodo di cravatta aspro

la parure di ossidiana per il malocchio


( da terminare )

Nessun commento: