mercoledì 6 settembre 2017

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Mi ci volle qualche pietra miliare per capire dove fossi. Calai il mondo da una fune elastica, la calai nel nonnulla dove annotta e i fori luminosi dalla civetta crearono lo spazio di cui si ha necessità nella miniera di carbone. La sfera universale sul tavolo di costoro residenti sull'onda immaginaria drenano di pervinca le labbra sulle ali solari predicano bene razzolano da assassini. Un ciglio di stucco gesso all'interno della cornice recita la poesia dall'emisfero. Tu in questo modo sei calcina bozza nel deserto ripieno di cactus. I disegni a colori creano linee dal mare. Stampato nei ricordi lambisco rampe di scale eburnee incontro la voce dialettale rete a ombrello in mano alla silhouette poi l'aurora fondente. Dal castro la brezza solleva migliaia di cappelli lettere annerite dal fumo. A chiunque nel tram in città chiedo la data di nascita. Sotto l'ascella increspato di unghie il long playng di vinile su cui registro la recita; nel fardello le parrucche sui bigliettini da visita i nomi di battaglia. Modello gli ulivi nelle piazze, il primo davanti la chiesa di San Giovanni Battista. Con le foglie cucio l'abito per la divinità. 
L'elefante sul palco a listelli gialli redarguisce l'altra parte della strada sabbia aspersa frusta saltando la ruota tumula quadrati nel gesso scritti per terra. I simboli sono sguardi sotto il copricapo delle rune di lana. L'anfitratro dai denti di avorio contiene una razza di tori in libera uscita. L'alta pressione è per coloro che filtrano spaiati di tailleur, nell'organza ripristinano l'orgasmo dialettico. Infilo la calza di nylon in testa al cavallo entro in banca nitrisco povertà con la mitra del vescovo. Dal pozzo risollevai il mondo che avevo calato nel nonnulla versai il secchio d'acqua nell'argento denim.        

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