domenica 1 maggio 2016

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 - Film d'essai -

le due stagioni invernali si distinguono uguali consecutive. Accendo il televisore imprimaccio l'osso su cui poggio il capo mi sdraio. Il paralume artistico m'inquadra le vettovaglie a centro piazza. I volti dipinti a olio amano discorrere la povertà calzando scarpe Italiane. I rivoluzionari dell'orda che verrà seguono i pirati ritoccando l'occulto nel tempio. Gli stessi volti s'involano nelle comunità ammantati di amore scheletrico a cassette di pesce a spalla. M'inmedesimo in Dio sulla scala. Provo l'umiltà che rincuora l'uva passa nel cartoccio. Sull'isola dispersa ogni ramo che avvizzisce dopo aver concesso i flutti coltiva le ostriche. Rosse conserva la temperatura, nera cambiano le cose le regole. Dall'altura la piccola francese aiuta il sogno corre perdifiato al testo della fattoria. Dinnanzi al faro dell'incendio il fuoco a labbro di lepre cavalca il ferrovecchio. L'attore principale in due tempi surriscalda la testa dell'ariete. La corsa del molosso tra le sterpaglie è ridotto all'osso per formiche e insetti. Con l'occhio batto in ritirata, non sopporto veder morire gli animali. Nei calzoni di pizzo l'antagonista intraprende il percorso infila il tunnel a piastrelle scivola come un airone nelle correnti oceaniche. Non è tempo di pettirossi solitari sui davanzali, ma abeti bianchi come corolle su rami verdi. Non c'è finale che possa ricordare tranne i suoni della danza secca nel vaso di coccio. Una scritta murale invita amore instilla invidia riflesso mondo si alligna ovunque. In dormiveglia steso sul divano davanti al film mi muovo cerco di ripigliare la trama, perdo le funi, confondo i personaggi, i significati, tra poco mi smarrirò del tutto ad occhi chiusi e a testa spenta nelle braccia di Orfeo seguirò il secondo tempo del film.    

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