La Porziuncola
L'albero è incappottato sulla tela dell'ombrello sezionato. Tenuto in pugno dalla mano. Chiusa e dalle dita incurvate nello stringere il manico, col pomello. Poi l'avambraccio, il gomito. E nient'altro, oltre le nubi plumbee sul deserto, dipinto sulle innumerevoli fronti di facce dagli sparuti mezzi meccanici nel movimentare, terra e acque spruzzando. Il modo di deambulare del danaro, è corrotto dalle tubature d'aria verde. Sommessa, nel refolo azzimato e curvilineo di un piano; sul palmo della mano su cui si soffia il cero rosso. Unto e bisunto, dal fuoco che come un manganello respira i colpi addizionando le conchiglie ponendole sullo stiro asciuga, del banco d'ogni pegno. Impegnandosi, a correrre saltando le provincie, le regioni illuminando le corriere di giovani inerti. Con le facce appannate, dai finestrini imbambolati dallo stupore dal nugolo di api, fuoriuscire dalle natiche del manichino. Esposto in vetrina dai commercianti. Provenienti dalla danza notturna, ballando note sorde ad alto volume, e colorando. Pop. I sorrisi ignavi di ricchezza nascosta e povertà manifesta, strappando le pagine del Genesi e dell'Esodo tramutandole in velivoli infuocati di parole che volavano; sulle teste di chiunque abbia la sporta dell'eccesso, tra le mani.
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