sabato 21 dicembre 2013

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 Imprimatur

Ascoltarono ignorando la superbia, disquisirsi risuonava schiava nell'affusolarsi imbrattata nel color della pomice affamata; staccava a morsi il pallore d'oro d'ogni diversità, e che l'ombra tenesse per cospargersi dall'effimero; da cui partivano frecce scoccate dal tripudio tronfio; nel lancio l'acqua formava lance accuminate alleate su cui scorrevano intrepidi in fila indiana; le perdite dell'inconscio al primo incrocio il semaforo lampeggiava d'ogni dubbio; appannato ad ore torbide corrispondenti ai lavoranti che sfilavano col fucile: chi a braccio e chi a tracolla allattando il lancio plurimo di sassi mimicamente lussati dai ripiegamenti in frasi; astrali abbrumate dai lavaggi d'intenti luridi; col pronome di Calliope. Uncinante negli spinaci conditi a cerchio col rametto di basilico sull'omero segmentato a fiore vascolare; ai piedi della montagna dispari colma nei dislivelli a fionda magnetica; che crogiolante di nevischio, nel groviglio di un abitato; si vide l'abitacolo ignaro salire e scendere indisturbato i gradini scorrazzando con un foulard in testa al motore coprendo il cofano con un drappo teso, e l'odore della luna che furoreggiava; sulla tangenziale in contromano accellerava una curva, per sbucare più avanti da un sentiero o mulattiera d'un emisfero scosso; e ripercorso dal filobus da cui si lanciavano martelli reticenti; nelle pozzanghere d'inteneriti fianchi. Renitenti a leve per alzare il mondo, ma con vele ricavate da un paio di remi d'acciaio, e la borsa colma di reni degli utenti incamminarsi su scale a chiocciola presso i punti cardinali;  affilati a disegni dal vapore acqueo; che salendo tracciava nella struttura il ponte frantumato. Con l'invitato in rame istoriato, dai canneti ripiegati dal rovescio; salutare per chi l'avesse riconosciuto, con quella mano di legno, e quella vera alzarsi e scomparire, col saluto di rimando. 



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