domenica 7 maggio 2017

332


- Il bosone di Higgs -

La catapecchia con le mani in tasca crolla al limite dell'ignoto, il boato di periferia è lo scostarsi delle membra nello squarcio. Non dirmi ciò che pensi. La colpa, se vi è colpa, s'agghinda bagnata sull'abito d'altro mare. La penisola nel tichettio delle suppellettili rastrella striscia sul cornicione, il tremito d'ali muove la criniera e fluttua tra le conchiglie variopinte. Ogni mollusco apre l'ombrello. Rovisto a terra in cerca di monete, guardo l'aria, percepisco l'erba nella circonferenza dei cunicoli. Tu vedimi dalla finestra. Registro la giornata nell'osso di seppia oscurata all'ora di punta. Affilo il taglio: è l'abbraccio che odora lo stiro scaltro su cui strimpello di gioia. Clitennestra nuda. Dio l'ha congeniata in quel modo. Eccola, svirgola nella gonna sul palco; sorride. S'infila le mutande il reggipetto filigrana pittata d'acqua santiera, gesticola la polla in volto al cielo. Nel camerino imbottito di farmaci il sottovuoto, avanti in angolo sgoccia l'apoteosi musicale. L'umido della strada mi tende la mano, la notte in un colpo d'occhio dal telefono ricovera la mia voce che leviga le pupille al decollo. Sulla fronte l'intersecarsi di linee, traettorie psichedeliche rocambolesche, muore in un battacchio la luce. Sul davanzale la cucina dentro, governa lingue di fuochi fatui. Le spine avvolgono l'astro. Colline appese ai fili d'erba discutono occulte l'udito della primavera rinsecchita. Nel lusso la carrozza; deambula sul Reno, galleggia l'ardore, frusta l'albero rugginoso, di che afrore sia l'airone non so. Sventola di ramo in ramo il subliminale su cui cavalco roteando in orbita sul lazo in fiamme.

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