La fotosintesi della vestale in bikini
Di colori antropomorfi, ci si va iodando il capo lustrando. Il giallo. In plastiche arie di mele sparse tutte al verde, sulla curva della tangente nera dove sta il papavero arrossato. Di vele. Dalle ali di cemento iscritte, sull'affresco di una faccia rannuvolata vista; e poi rivista sulla linea della mano che snocciola un pensiero dopo l'altro. Di giornata. Come il pane, per la regola del pinzimonio. Che come un fiume nel crocicchio, si va confluendo nella fogna di un mestierante altolocato. Dalle miriadi di cubetti in porfido. Che nel latrare. Tra le tasche rivoltate di diamanti, esplode in bizzarri suoni con le ombre affilate, di candori a maniche corte. Con la vettura al sole estremo, che s'indovina essere riposta nella farfalla. Di primo acchito bianca, divenendo a pois dorati. E lilla nella sapienza del telaio con l'astuccio a quattro tempi aperto. In fuoco e fiamme siderali entrambe nell'abbraccio che divampa dimenandosi sulla rotula accatastata, sul davanzale. Con la ghiera che circolando col binocolo in riva al mare si pettina screpolato. Osservando. Mani sconosciute e innalzate, del sacerdote con la donna senza dote. Che stanno. Con un lume agli occhi, e un falò nel cuore.
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