Polla inquinata
La nomenclatura tace sul riflusso d'ogni irraggiamento. Nei vagoni pieni di limoni accatastati il mio tocco magico è ruota che scorre libera nell'occhio. Il girasole colpevole di ammassarsi tra consimili fugge al dramma, la certezza è la condanna che dissabbia i profughi nella fossa. Il passato danza attraverso la volé carminio di sole e spazio. Ora nell'ictus dilavo le scorte, incorono la campana nel plexiglass. Ai ferri corti, la donna accuminata odia rivolgersi a se stessa, il fuoco dell'impegno arde sul corpo, brucia avvolto nella plastilina. Superficie spessa su cui reggo dall'inizio del millennio sudari, debiti, politici incartapecoriti, nel mare sciacquo, nel salino avveleno. La gerla colma d'acqua dove siede il gabbiano dal becco ricurvo inventa linguaggi metafisici meta che riluce a sfera. Nella faretra dardi avvelenati, mi specchio la notte sulle labbra, rendo la finestra gelida e rassicurante. Immerso in questa polla d'acqua inquinata discuto con Venere rivoluzionaria la morte futura del nemico. Truce, liscio, vispo fluorescente, la smorfia arcuata a cadavere nell'orecchio di chi dissente.
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