giovedì 15 agosto 2013

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Il deretano dell'autobus infiammato


La zolla è delimitata dalle proibizioni che liberamente circolano nel flusso cibernetico di rame e zolfo a cubi friabili per la via; col dono della resina gocciolante rosa e attaccaticcia sotto l'incavo dei piedi bianchi, sottoposti alle metamorfosi giapponesi della corda tirata al polso e dalla felpa gialla dalla piega in quattro chiese morte. In ferro e sformate dalla pietra al vento, della tramontana dove una campana pendola da un'impalcatura arrugginita e cigola, nell'annunciare l'acqua al bordo del natante cinguettante sullo scollo della maglia. Finta sin dove gli occhiali  riposano a testa in giù con la sirena della griffe che seduce, con la mirra. In mano, concedendole una riposta nella schiuma della lavatrice inzuppata. Da tutti i panni con l'inchiostro della seppia che sgomita; nel carburante del motore che romba nello sputare l'olio dall'oblò oscurato. Che va vedendo l'orso che l'ormeggio lo scioglie a mano nello stile trekking: corvide con il corno del calzone variopinto dell'affresco di un'erbaccia, che sta nel tema  dalla visiera rigida d'un pugno in aria. Sulle sabbie. Le quali chiedono la pietà massiccia, mostrando il gesso umano, con cui cancellare ogni gesto di linoleum sulla scapola; dove il serpente striscia, e in un baleno attacca. L'odor. Di terra inzuppata dai capelli della cavalla, che si rappresenta in carta pesta sull'asse del legname, flettendo avanti in un sentiment borsistico.  

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