- Palcoscenico -
L'unico bar della zona illumina l'alba a drappo, la fine nottata scivola sul santo dalle idee buie. Ogni postura versa il giogo autunnale di riferimento la vivacità suona la mutevolezza dei fianchi. Mentre il gatto rovista i movimenti antartici, l'albero zoppica nell'ombra la schiena della dea brucia. Il bouquet a fiori profuma incondizionatamente il legno dello sgabello. Non pioverà a lungo nel calice: qualche goccia di sudore a bordo non sempre. Plausibile il sussidio della candela quando forma innumerevoli braccia, edera sui volti in chiaro. La veranda non stabilisce la cupidigia, scioglie pensieri li allinea. Così mi prodigo, dibatto a testa esplosa tra le inferiate infernali divaricate. Giaccio supino a semiluna sul mappamondo dell'amplesso, il genio dell'immortalità nelle parabole.
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