mercoledì 9 settembre 2015

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- Il borgo dei lapilli -

( breve sceneggiatura surreale )


Approvvigionai la morte con calcoli matematici avvicinandomi al cumulo di penne all'ossario. In breve l'aerodinamica estrasse il pomo liturgico, con la falce colpii il frutto nel picciolo. Le due metà, ruzzolarono sul tavolo d'acqua e vetro, rotolando sul porta ombrelli laccato avorio. La morte ottenne ciò che desiderava. Le riconsegnai la falce mi concesse di alzarle il velo che le nascondeva il teschio. 
Sul martello che avevo intravisto sulle scale vi era iscritto l'eredità per uomini e donne. Ogni lettera rinsecchita dalla ruggine sarebbe caduta dall'albero, spento la luna, smorzato il sole. Allungai la mano aperta. Dal palmo decollarono un igloo di sparvieri neri. Presi il mantello lo controllai sulle spalle, nascosi il martello sotto la cinta e divisi il manico dal metallo. Lo accampai nel forno, amministrando la fusione i lapilli di fuoco la cenere. Il manico lo ridussi a piolo per la scala anemica e fruttifera sotto la chioma. Vidi la strada. Una crepa non rimarginabile  risultava umile ma gloriosa bigiotteria per l'asfalto depresso i fiori erano campanule sul verde. I viandanti col cielo terso avrebbero lambiccato nel futuro. Il trambusto dell'ordine impartito si scagliò sulle cime nevose. L'aquila nella spirale in quota, con l'ala ardeva l'occhio di fieno del cavallo nella stalla. Dalla valle il fiume friggeva calore termale, basso tra la rapide. Ruotammo la macina sui diamanti, il coltello nello scatto percorse l'aria ricamando in fil di ferro il taglio che disegnava con la lama. A tergo a passi laterali sul cornicione il cadmio inviò una lode, rovesciò i propri sentimenti senza errori. Un sermone fuggì dal risvolto dei calzoni un colibrì in ascensione si tolse il ramoscello dal becco con le dita. La campana del borgo suonò le frequenze su tre rintocchi. Il ragazzo con le cuffie da Dj ne contò di più. Era mezzogiorno il maestrale presso il cespuglio di cardi, visse l'ignoto. Gli amanti con la bacchetta centrarono il loro viso per il selfie. La slavina mirò le loro schiene. Salii di nuovo in sella galoppai l'infinito azzurro.             

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