venerdì 26 maggio 2017

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 - L'idem sentire -

Gli oboli sonanti del cortometraggio rotolano sull'epiteto futuro di conio. Mi è negata la virtù come fosse carcassa controvento ripiena d'insetti dall'anima vermiglio. Della beatitudine che non desidero muovo le coordinate, il pozzo d'amore che chiunque riconosce sniffa la calce. Banconote avvoltolate all'abito di una Dea la bacio e il mio volto si scioglie di rapacità. L'essenza della vittoria si stampa sui boxer di cotone, tardi per gli assennati acerbi per i dissennati.  Nè Dio nè Patria mescolano i sensi nè una donnaccia di ultimo pelo. Lo Champagne ondeggia dentro i monili con cui ci relazioniamo. Non allarmatevi è la certezza del mio cuore di bue come me, indica la storia. Il vaudeville metropolitano si accorcia a tessuto di sartoria sotto la pioggia. L'epiteto del futuro sta sotto l'ombrello se lo acquisisci diverso è l'anatema. Nelle vene il marmo scorge il disco orario di pallida memoria, a strisce bianche popolari rimpinguano gli applausi. Il sarcofago lacero del pitone, solidifica la mezzanotte; da lì in poi il sottotetto è il rifugio delle rondini che riposano di vendetta che sbatte.  

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