martedì 11 aprile 2017

320


- A due chilometri -

A due chilometri da qui il sole nel nuvolo una patina di nebbia che mi avvolge celebra il santo giorno. Cammino sul lastrico da cui traspare sotto i piedi il girone dell'inferno. Si muove sguscia in lingue di fuoco dalla silhouette crotali e cavalli serpeggiano nitriscono scalpitano. Il rinsecchito sulla via della trasumanza di pensieri vagabonda con le pupille enfiate nel silenzio congeniale al suo neurone con cui di solito gioca a tennis. Lupo solitario della steppa in cui s'abbronza s'incendia il pelo sullo stomaco, tarpa le ali a farfalle alle quali in un secondo tempo d'un cortometraggio dipinge la chiglia. Con l'aerografo a pressione accende la miccia alla coda delle sirene le cui squame effondono profumi di Minerva di cui mi inebrio, mi sussurra al padiglione auricolare la propria firma sulla buca con linee di febbre; succursale del cimitero dei Ramones durante i concerti. L'uccello dalle piume di ferro che riduce la sessione ideogrammatica a cencio d'una mangiatoia per meticci col rotore mugolante sotto le gambe invia la postina dai dreadlock morbidi stopposi color del rame artistico. Inforca gli occhiali di Chagal, guarda il nulla, non mi vede, forse non ha orbite, non mi consegna una lettera in cui c'è vergato da Dio la frase aurea che mi tatuo a futura memoria sull'avambraccio tra la Madonna di Czestochowa e l'ancora di ghisa: non li indurre in tentazione ma liberali dal mare che li affoga.



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