lunedì 25 dicembre 2017

402

come vuoi l'importante è amarti un bel da fare sul sentiero del chiacchiericcio un'orda avvoltolata in fiamme che s'invola con la lingua a promontorio nel verso sapido di morsi atterra sul corno poggiato sui pioli poi lo strumento a fiato sulla scala recita notturna il rullo cui m'intendo di suoni e la fetta di anima il lemma che ti caratterizza il corpo se danza appeso alla gruccia dei miei intendimenti 

domenica 10 dicembre 2017

401

non contengo verità oggettive da esporre solo la congiura dei colori regge il fronte la notte tu enigma di mietitura ti porgi borgo illune strappi il vento dosso di particelle in volo ovunque dalle fronde l'acqua salmastra è biacca germoglia consacrata a melodia fuoriesce pallida sotto le zampe il mondo infrascato nella faretra infilato al dardo vagisce anima letta nel vasto cratere innanzi al leggio smosso da pelle e ossa il rammarico dai gesti drammaturgici sulla vetta il tramonto drink iperboreo 

400

d'accordo questa è la politica io viceversa intendo affermare che ornato di lamelle il vento dinoccola la ruota di numerosi miagolii sui vetri dalle imposte ho percepito il giardino Italiano i cui tratturi sono brividi in fiamme creano in pieno zelo lo zip tra le antiche follie sul drappo il conto eretto esiliato dai jeans arma le cosce in contumacia rovescia i bicchieri dal pelo ricurvo le femmine sul bottone d'alto rilievo tra i denti mostrano in rose l'adagio in equilibrio dismesso sferza di continuo l'andirivieni trova lo spago di umanità sulla pagina mentre l'altra produce le nostre anime denim cosi ti ho vista sciarpa al collo vendere in cortile la ribalta d'accordi in santa pace di noi diritto all'inferno

giovedì 30 novembre 2017

399

Spingo l'uovo alla cock sul terrazzo rotola in corsia la donna nel tappeto la seppellisco a volo d'angelo misuro la carta avvolgibile edifico quattro pistoni da un piede all'altro i cilindri dentro cui nascondo il set di conigli a gambe divaricate son cromati sulla sedia trillo elettrico appendo la giacca da colazione tira la tenda lo zombie chitarra fisarmonica woofer grancassa sbiadisce la giornata di vivacità verso le dita di citronella appaiate alle rotaie l'ombra sferica insegna il testamento per la 

saldatura  nella feritoia in cui inserisco il bancomat di spalle al cielo crepa dal termine testimonia la popolarità del tubare sul filo col piccione increspato il puma registra il timone dai pedicelli cresce l'allure barbagiglio e l'egemonia della visione in controluce cava che accende l'incubo la locomotiva a cataratta si tuffa nella cascata pop eppure benedico l'orribile ed egocentrico imbozzolato dall'agonia ambulacrale il tempio turrito conversa corsaro e assorbe i colori sino all'ultimo respiro d'ossidiana 

il cacciavite grida libertà l'idea delle crune rivoli di boccioli a grucce su palle gutturali col microfono stanziale riavvolgono il sartiame esodato spingo in rada il veliero di carta la vostra dipartita straccia la nostra vitalità dinastica ad ampio raggio la stesura dell'esercito per Gratia Divina band come suona il bourbon doppio ghiaccio in riva al mare le lancette dell'ora sfilano in gabardin sul podio l'acquario circonciso appunta con Calliope l'amore di un polpaccio e quattro carte da giogo per

lo sparviero due sensi dalla Cadillac mostra il piumaggio increspato dalle pendici gli occhi accipitrali ruotano a globo l'orfanotrofio piatto tuona ossessivo recita i misteri senza architrave al contrario veste il sermone di corpo mistico la madre in lingua traspare sul binario del tramway madida di sudore dopo l'arrivo i versi rotti scontro tra il turbino e il nodo che lega i contrari in corso d'opera il vorticare mi rende forte mi abbronzo nella mimetica del ruolo sulla piattaforma come un organo.        

398

la mole d'occhi cerchiati si restringe sul capoverso la fanciulla dai denti azzurri convoca l'aeroplano in sguardi centellina il blu ghiaccio di foglie al cospetto dello sventolio inerme con le braccia lustra il gorgo panorama di tizzoni a scintille accese il tacco sommerso nutre il promontorio i tacchini in volto tempio nazista la razza con la corona slabbra di vermiglio il frantumarsi iceberg col grembiule sbircia sul molo l'attracco della figlia in modo gentile amorevole nel telaio cruna di buffet in rose d'acciaio

al proletariato in disuso scandisce la coperta della ricchezza vero disastro a questa latitudine genera prole e palestre autoctone con l'amico alliscio l'inox nel silos la gualdrappa copre la cadillac anni 50 sul cofano intrecciato nel tabacco Buddha con l'omphalos illuminato a giorno nella foglia i preliminari senza un arbitro dal maiale l'haiku dance della scrofa al confine con l'oceano che non è il mare per chi vive sulle vette i relitti nuovi sono alla deriva del lignaggio cuba libre d'accento sassone

crocchio a mandorla poi paratia con cui mi allaccio la radice della patata pelata indosso il poncho i gemellli nell'isola screziata il cappello ad ampie tese ripristino il fiume come da accordi lo lego alla buca immensa ripiano sulla cui folgore rassetto i fazzoletti con cui si saluta lo sterminio da cui erutta coriandoli plebiscitari il naso umido solenne di monopolio in casa dell'oca dove i ferrovieri tracciano sull'abito la formaldeide del tepee nella radura sto con il metro da sarto lo spaventapasseri d'un santo

misura la circonferenza lunare per stingere il passo della sfinge da cui ruota l'abisso centinaia di raggi d'asfalto si librano in volo coriacei di frequenze a radio marina l'onda d'urto spaventa le foglie di palma col delfino nello spacco vertiginoso al collo smercia con grazia il tuffo del destinatario col cero in mano si liquefa la freccia si stropiccia le tasche dall'inchiostro firmamento del futuro imbastito in piccoli miagolii nel canyon in nero si conchiude assorbe i giorni piegati a tovagliolo 

397

la palma in vetro zigrinato infila lo spago attraverso il patibolo d'individui li dismette suona la patria potestà la fanghiglia sul passo d'addio rende minor ponte al macabro l'incesto d'impotenza luccica  l'enneagramma si dibatte sull'arenile le ali prospicenti al mondo mutualistico ospiti a palazzo son scia proiettili strisciati nel bancomat rovo di more fuori stagione carezze nei baci svapora al dente il leone sul labbro col soffio sottovuoto il felino irrompe spaccia  brillanti evangelici nell'alacre latino

396

quando si ottunde la cremagliera il legno ruscellante produce odio la quiete sull'ala bascula centellina il vento fiasca tra le note di molluschi si ritrae rabbrividisce il seno plastico col fiore di uva passa in borsa si strofina illune panna sul vestro umetta le cicatrice in tangenziale tra noi la steppa indefinita inganna il tuo viso traghetta l'enclave di slip al cloroformio l'ecrù romanzato sugli albori delle tegole recita il fruscio metallico della Madonna redatta col filo di Scozia illacrimata panorama sul piatto

395





I fiori d'interiora disseminati calce sui tavoli di lacci ai piedi dal teschio dirigono lo scoglio s'intreccia nel lino scacco al pesco del buco nell'acqua la candela nostrana s'infila le calosce sul sentiero a bordo piscina saluta con la mano la agita scheletrica eburnea nei pantaloni il taglio a coltello dal manico
 
di baci a fandango ed è un passo serramanico su cui siedo sedia di cristallo il mappamondo in cucina cade rimbalza nel fuori dalla finestra vista mare in accappatoio la meraviglia orfana Moet e Chandon col barrique al polso detta la cima eretta batte gemellare dai gesuiti sul versante l'approdo lieve liuto

in bianco sottolineato blu dai mattoni con l'antico fluido di sandali rivive beige l'unghia erosa canoa per i villegianti rema fluttua rapide pittate di velluto il seno tra le rocce ritmiche del rifugio spalliere di fiori si reggono sconnessi a curcuma le sponde le ciglia la palpebra bascula si chiude si apre così di

modestia su cui il grappolo d'unto nei capelli riaffiora nero ad acque torbide nel bicchiere  l'aerografo forma la tazza sale sul promontorio il volto all'insù tiene ferma la graspa priva di acini in grembo lo scheletro bianco d'ossa tra i denti l'incavo la  fucina millenaria vuota a perdere cammina tra i panni

stesi arresi all'ennesimo giorno sera notte aurora ciak si gira un altro giorno poi si vedrà esco di prima frescura con le dita di legno reggo nella mano il destino incartapecorito cumuli nembi accesi di paglia corda fil di ferro si ritrae il corpo musicale in lana merinos recita la mattina soleggiata

l'autobus di vetro m'inietto eroina sul da farsi mi rispiego la dottrina di Talete sul muro la scritta pro Gesù " abbi fede " il nichilista controbatte " sto cazzo ! $$ " viaggio in compagnia di donne lussuose ripetitive riff di gonne sgualcite dalle parole illamate da un piacere incapucciato fitto di palestinesi 

deglutisco ragnatele argentate brina sulle foreste del sud fuggo tra i brandelli di aracnidi la spiaggia convoglia lembi al vento la frusta spezza le corse vive di un'ipotesi sulla Tiburtina dopo il cavalcavia il tempo abissale crogiuolo si dibatte il vortice s'innalza stantuffo il gufo sorveglia la radio su cui si

posa da cui esce il suono dei Negresse Vert la penna s'infila a fondo la cassa del morto le cose di peso fuori dal locale le vedo antipatiche senza il buongiorno buona sera nel dna acquisto i super tatuaggi venduti pelle fosse tela di cotone è pelle di coccodrillo zincato dal fresco ologramma spada all'interno

della scala piccola ove si conserva la statua di Diana e Apollo slip pinne occhialini ciabatte infradito smart phone nel cortile grande il rilievo della folla poichè nessuno urlerà nel deserto il tuo nome tornano alla spiaggia della meteora sulla roccia laterale tra la siepe l'hotel la scritta bombola di

spray nella voragine un paio di scarpe dalle labbra tumide l'ugola gigante dal laterizio screpola un suono al quarzo bianco nero acrilico sulle assi ricurve del quadrante ti amo anti smog lo smoking di fattura primitiva imbastita dai fiumi Secchia / Panaro redivivi li leggo dalla stampa incisi di follia

algida sussiegosa di microcosmo lanceolato si strucca l'inverosimile acetone appartiene ai petali dello zenzero sul piatto la portata  s'infiamma cinerea nell'azzurro le nubi transitano valigie si apre il troller col rossetto vermiglio dalle ruote sfodera l'amore tic tac rumoreggia biella di jeans la grazia e 

Dio l'amore la colpa che non favello il sapore hard di baciarti al freddo mi accoglie mi abbandona sui tuoi seni statua incarnata di gloria nel canto scopro che ammalia esclusivamente voce attrae conquista ingarbuglia dismette i miei livori le mie passioni decadono ad abito floscio in terra nudo

rinato sono vecchio appassito nutro la felicità del tempo che non vedrò conquisto il presente che non vedete ve lo porgo impiccato sul piatto d'argento infiocchettata a rima di un porco allo spiedo dalla daga la mela della tentazione un solo torsolo di stallatico foggiato dal miglior artista di città perdute

grattacieli delle periferie che la bellezza in grazia di Dio riduco nel pianto egemone di una maestosità avvenuta la notte incombe a metà via costoro sono indaffarati a vendere non hanno tempo di dare nome ai figli innaffio le ortensie tuttalpiù le foglie di cuoio rinsecchiscono ripiegano nel baule al sole

l'opacità del fine vita ancheggia si agita nel tugurrio il mestolo nel ragù risucchia la flebilità della bidonville modernità dell'albero rabdomante con la forza coabita al piano superiore il scespuglio all'angolo del fiume ha uno spunto spelacchiato di petali porpora sul mento depila l'orlo nei  ciliegi a

calzoni come i gangster dal film da quattro soldi cuce gli occhi nel vissuto la querelle un sempreverde dalle foglie ai bordi del filo simili alla quercia se non ti amo te la prendi per chissà cosa col soliloquio asciugo la dimora del ramificato sicuro di questo l'angelo del proseguio non s'intimorisce al cialtrone

col visone argento smuove il manubrio in controsenso frena col tallone di Achille sul gabbiano pianta l'alverare di cartone pressa le molte parole coatte s'infila in panegirici d'oro abbozza il tramonto lo cancella lo riabbozza infila in tasca l'urora ripristina il koala spruzza di talco le movenze dandy di un

copricapo falso come Giuda borghese tra la gente implume sfarina sul pianoro romba le suole dei propri passi li silenzia nel sillabario sulla sella nitrisce l'offesa al palo arzigogolato nutre la platea numerosa col monocolo raso terra il rotolar sui sassi sul piano zodiacale col germe del suono carica

la batteria affetta la vertigine vestita di ocra sebbene piova sabbia da tutte le curve le dune volano con le piume nient'altro che pula di papavero di prurigine pregano l'idillio della rotativa che sbuffa la pipa alla finestra al piano terra la chanson inanellata di paillettes sormonta la mignotta di ruggine

allo stato brado la persiana sbattuta dal vento del nord intaglia i solchi del pulviscolo tuffi del cane il capo mastro ad anelli concentrici alla riva rovista diamanti off shore pronti all'arrembaggio nella clessidra del trapezio oscilla nel tendone il demone reificato ha in programma l'ammutinamento nel

dibattito sul ponte di soffietti la fisarmonica respira nello stomaco dello starniero accompagnata dal gergo rinnova il that's all folk infila le mutande di pizzo erotica in carne rossa profuma nel delirio con un mazzo di carte in mano la lingua attorcigliata all'osso di fiume scheletrico culti primitivi a go-go il

benessere del panorama da filosofia sociale giunge la morte in grunge music le donne non compresero la diatriba carne sante e puttane piacere questo universo attrae religiosamente in anticipo la gratitudine della femminilità un ciclamino corrusco che sale la navata d'ufficio naviga lo   

stertto di Corinto in balia delle acque fulgide il palco di zinco a quattro euro il chilogrammo poggio la bottiglia di Teroldego Rotaliano sul diadema ti lappo le cosce sino all'odore di vita doglie in carne l'humus signori e signore luci rosse alla platea del bivio recito Kant all'aurora boreale tra i capelli il

virtuale strimpella sullo sgabello la litania nuda si trasfonde nell'afrore del dado è tratto la ferocia del secondo sonno mi spappola ogni organigramma di fedeltà il cartello dal negozio sghembo recita il vulnus gretto viva la foca che Dio la benedoca ti amo non ti amo nel sacco perdente  pane pesci presi

all'amo ti amo davvero ma ti canzono per non morire tra noi è uno scurrile divenire il ritrovarsi di sana pianta presso l'olmo il paesello il ponticello la contadinella di nome Maghella la dà via come pane e salame alla festa dell'unità l'impossibilità di comprendere il circolo vizioso della svalutazione 

arco del mantra seriale arato negli anni di grettezza solca la psicologia popolare dei polli da batteria sul muro di spalle i pozzi negletti gli stipiti senza testicoli le corna ricurve le vulve rinsecchite ogni pena di Dio che nessuno alato di rettitudine vi abbia in gloria al molo del porticciolo squalo d'angora

psichedelico chiude la portiera nella nuvolaglia firma autografi in filigrana frange scostate per entrare al bar del fiume mi lusinga il revolver alla cintura della castità gelatina in argento bromuro nella gestualità il nero quercus robur spiove la lenticchia in calze rosse sotto i rami polverosi.

     
           

         

giovedì 5 ottobre 2017

394

ripreso il giorno bugigattolo di sentimenti in fili plastici contengo la gocciante sterpaglia e ogni senso scarso d'equivoci fugge affondiamo nel turpiloquio benedetto ci separa fin che morte non ci colga indaffarati sul cucuzzolo dell'altro siamo illacrimabili vestiti d'oscenità la ruota della congiura scende rosa a intermittenze nelle volute di fumo il sigaro conquista inequivocabilmente le vie aeree dal percolato l'oblio cava la maschera sul volto recita la soavità d'un cuore raggiunto dal canto la visione dell'amore un tergiversare tra passione e ozio la luna al guinzaglio scende saturno dalla scalea si accoda elegante vestito  di ghiaccio l'equilibrio a catene d'argento nei fili spinati siede indesiderabile all'angolo mostra la colonna retta di acciaio in pelle nera canta i tiranti del sostegno su cui corro obliquo in mutande di plexiglass sullo sfondo il grigio pinxellato lo annoto sul taccuino di porpora

domenica 24 settembre 2017

393

areole dell'infinito senno ai margini del sommo disinteresse con cui vivo l'interregno da cui interpello il sentimento di questo luogo ameno giogo di acquaiolo su cui scorre ogni digressione umana che non disturba la mia lettura del tempo il fischio meteo al falco equidistante all'abbaiare del cane nella valle la lucertola tra le foglie indaffarata le percorre fugge nella primavera gonfia il bosco di odori colora la Dea fortuna al sole legge di questo luogo ai margini dell'infinito crea l'interesse di chi come me fa colazione le prime ore dell'alba perla nottambula stropicciata di velo la scansione congrua mesce alla palla di Diana con la faretra acquista sigarette sotto costo il sotto passo dal ventre il divenir infila la freccia di cristallo indelebile fora il tuorlo nel vulcano incandescente il pennello sghembo riflette il petto di pollo allo specchio la fureria del menù l'identità bianca idioma writter che incontra è power writer e non chiede mai come ci si chiama, sempre chiede: tu cosa scrivi ? black peace and love too ?





392

l'acqua precipita nel ventaglio traslucido imbeve la scala nella marcia da montagna supera la vetta la coppia di frastuoni indirizza lo sterzo sul pelo di lapin odora le unghie tinte nel giallo al confine autorevole apro il tunnel dal prologo la tua voce per amore darei tutto per il tuo amore un brivido di

gioia luminoso mi eccita si accorda sul palco con la renna traina la slitta di malva nel becco il beato ramoscello di sommaco piega la linea della brezza a fatica nell'ugola la traettoria dei tordi in ascisse da cui trabocca il tuo amore questa sera le stelle si accalcano in cielo per il tuo amore il fine dello

scurire l'orlo refattario del mio cuneiforme ardore squadriglia di ali per te mio colore universale con il vaso di crisantemi odo la messa nel disagio imbrattato sul muro fumettistico bianco nero ciò mi muove la necessità di sapere un'idea finita per amore la trasformazione dell'esistere continuamente   



sabato 23 settembre 2017

391

costantemente tu palude carbonifera l'entità corpo a corpo mugghia nel branco di delfini al sole dal legno il profumo d'aria l'armonia spietata blu il profondo gemito dalla povertà squaderna la dittatura impilata sulla torre di Babele pive nel sacco a squadriglia la coda tra le gambe tra i tavoli parcheggia la chiazza rosso bruna pira che sfiora il microcataclisma a cravatta di calcare affitto la mansarda dal vetro al collo in tasca le famiglie hanno il conto svampito sul dirupo il lancio dell'asso solenne in giù

giovedì 21 settembre 2017

390

non riesco a far fuggire il suo fantasma maledizione a questo vivere facile con la polo infilata nei pantaloni del lungomare le portiere di jeans aperte con cui strimpello le corde uccise dalla folgore ho deragliato il visore ho affogato la radio dal candido visone giro il pomello dell'occhio dal succiacapre sul capo dell'uccello accovacciato la gamba dell'isola tinge la nenia dal saluto legionario non è mai un abbonamento chic il giro virtuoso maledizione a questa vita un'occlusione testamentaria da nichilista

389

Nient'altro che un alambicco con cui produrre lettere al gancio dell'anfiteatro. L'altimetro boicotta la crepa al vespro, appeso tira la tenda, gli anelli scorrono nel verde li imbuca sino all'ultimo. Amo il movimento senza palla l'ombra arriva ed è la progressione tra le vie e vicoli d'ordinanza. Dalle trincee underground il cane irraggia sul battibecco sale a distanza col pettirosso sul filo. La realtà è all'interno di un sortilegio. Plausibilità senza etichette nè presente nè futuro i versi senza scadenza. Alle spalle la quercia nel ritardo del principio. La pioggia rimesta battente il cranio a gocce scistose apre le ali volano gli uccelli fuori dalla gabbia. Un grigio divenir neve si appella rapinosa alla trapunta delle siepi porge la guancia a terra poi discorre della formula, si ritrae novello. A passo di danza algebrica riposa. Pietra focaia ignota al cuore trasferisce il piano a coda legato alla corda. Il fiume sfigurato nel letto cancella la memoria sul corpo l'urna di vetro è accolta da migliaia di petali gialli.  


sabato 16 settembre 2017

388

l'oppiaceo fulge invece di profumo è assenzio al tavolino sotto la coppola lo zucchero di fiera nel cuore la cintura si accorda muore a ritmo accademico invece di ricci di mare il rosmarino radice nel carteggio ai piedi delle piante l'oro subito s'intreccia al binario tre che di vesti eleganti se ne intende sacco al sole in chiaro si rispecchia la linea dei quattro passi li scendo nel sottopasso lo scorrimano su cui rotola un obolo dai motivi blandi è il vecchio leitmotiv bellezza vermiglio l'imbracatura in rima   

387

Intingo l'acceleratore polo dalle commessure vergini filtra il tuo occhio fuoco indemoniato conosce le faville di nutrie scoiattoli roditori d'ogni genere su carta oleosa dal soffitto pende la ruota faunistica in canapa cinese a lampadina 12 volt scende il dux mea lux plana sull'isola del tesoro technicolor sulla spiaggia è l'idea del braccio di formaldeide lega il somaro di Cristo all'anello i mattoni a faccia vista riflettono la coppia scoppia nel frack cerato di crack brilla di pini nani stampati affiora sulla neve la

testa di tulipani intessuta ghiaccio nella berretta sulla fronte l'haiku in fiori di pesco rimargina lo strappo cui il filo attraversa il declivio recita gli occhi di chi guarda disteso nel fango l'emittente dell'algoritmo nel sofà l'alcoolritmo guru sul tettuccio interloquisce col braccio dalla vettura esibisco i sensi al giardino Italiano la tempra azzurra innaffia l'immancabile buffet del fascismo proibito/ il fascino nel proibito sono i fondamenti biologici della scrittura ho deciso di amarti non ti perderò per

nulla al mondo di questo mondo di sanguisughe che non è deciso se lo desiderate posso fare qualcosa col kalashnikov una fila di poltrone al cinema dell'occaso una genziana la pervinca il drink paglierino tra le gambe la rosa purpurea di Milano la svolta dei petali li piega li copre sul piede unico i cubi del ghiaccio conversano di baci sulle labbra la voglia di vederti e di fare l'amore vedimi atterro domenica durante la messa nell'ostia del mattino mi travesto da sub umano nelle città le migliori che abbiamo
  
  

giovedì 14 settembre 2017

386

Athena di Lemnia in versione pop sale i gradini d'ossidiana. Lawrence d'Arabia mi mostra la foto sull'avambraccio dell'ultimo viaggio. Doppia coppia all'asso. Il full d'assi lo attende vicino al banco in divieto di apericena. Il motore nudo della Harley Davindson parcheggiato sul penitenziario beat perde olio dalle luci stroboscopiche. La sagoma che tampona la perdita pare un portafoglio vestito in nero con l'aquila fascista. La sera è propizia. Nel petto porto a passeggio il mio cane maltese anzi è una cagna: si chiama Motown. Nera lustra il gluteo di carbone non prende mai il sole è aristocratica dal colore perfetto piumato, la vista corta la memoria lunga. L'arte non dà risposte esige il sacrificio.   

385

lo spirito non muore siamo nudi ci infliggiamo ogni pena di piacere. Le diversità il nostro lessico carnale. Non si può esser meno di ciò che si è. Infilo le mani. La nostra danza di polpastrelli sulla cute, tra i capelli incendia ogni meraviglia. Il respiro brilla nel cuore ne trafora uno poi l'altro. Il luccichio sulla pelle il ricamo lustro dell'amore nell'amore chiama ci desidera si perpetua    

domenica 10 settembre 2017

384

imbarco l'acqua in fiamme del mondo pane stinto sulla primavera nera al galoppo cavalco l'origami di cuoio apollineo il triangolo d'assenzio irraggia i guaiti la cagna morde la pentastica luna nel riverbero il canto di conchiglie volute dall'ostrica siede schiusa sul periplo della verticale scende lieve sui petali
  

sabato 9 settembre 2017

383

Così poi dal leggio la voce atona trova l'intrigo del manifesto. Al muro il singhiozzo sfaccettato tra le mani risuona di pelle vera. Il morbido avvolto al nero al cospetto di chiunque segga sogna il tuono. In attesa fulminea l'anziana rinsecchita sul calesse prima che la morte la colga scaglia l'epiteto all'albero. Cadono le foglie in ciascun occhio naviga un coca rum nel bicchiere di ghiaccio. I tacchi a spillo son seguiti dal malleolo dal polpaccio dalla finestra scintillii dalla cupola un raggio penetra secco. Dove il sole è nero il rapace vola sul palmo punge la nomenclatura eterna mi sei dentro il ruggito. La vergine disturba il cane abbaia alla lingua della Musa madre. Pulisco la lente supero la mattonella in resina. Sul ponte triangolo di brezza non soffia l'alone di cuore sul vetro si restringe: sappiamo l'amore assorbe nel silenzio. Sei in me nell'attesa del fulmine nello spazio e nel tempo.  

mercoledì 6 settembre 2017

382

Questa decorativa costumanza divieto al gesto in volo in cui non mi riconosco pindarico se non come fingitore albatros colibrì i corvi ilari dalle circonvoluzioni ctonie ingrommate dagli stupefacenti nel pudore taccio spaccio garofani di lava acustica per sordidi desideri nelle squame l'oro stà sul lastrico

381

Mi ci volle qualche pietra miliare per capire dove fossi. Calai il mondo da una fune elastica, la calai nel nonnulla dove annotta e i fori luminosi dalla civetta crearono lo spazio di cui si ha necessità nella miniera di carbone. La sfera universale sul tavolo di costoro residenti sull'onda immaginaria drenano di pervinca le labbra sulle ali solari predicano bene razzolano da assassini. Un ciglio di stucco gesso all'interno della cornice recita la poesia dall'emisfero. Tu in questo modo sei calcina bozza nel deserto ripieno di cactus. I disegni a colori creano linee dal mare. Stampato nei ricordi lambisco rampe di scale eburnee incontro la voce dialettale rete a ombrello in mano alla silhouette poi l'aurora fondente. Dal castro la brezza solleva migliaia di cappelli lettere annerite dal fumo. A chiunque nel tram in città chiedo la data di nascita. Sotto l'ascella increspato di unghie il long playng di vinile su cui registro la recita; nel fardello le parrucche sui bigliettini da visita i nomi di battaglia. Modello gli ulivi nelle piazze, il primo davanti la chiesa di San Giovanni Battista. Con le foglie cucio l'abito per la divinità. 
L'elefante sul palco a listelli gialli redarguisce l'altra parte della strada sabbia aspersa frusta saltando la ruota tumula quadrati nel gesso scritti per terra. I simboli sono sguardi sotto il copricapo delle rune di lana. L'anfitratro dai denti di avorio contiene una razza di tori in libera uscita. L'alta pressione è per coloro che filtrano spaiati di tailleur, nell'organza ripristinano l'orgasmo dialettico. Infilo la calza di nylon in testa al cavallo entro in banca nitrisco povertà con la mitra del vescovo. Dal pozzo risollevai il mondo che avevo calato nel nonnulla versai il secchio d'acqua nell'argento denim.        

martedì 5 settembre 2017

380

Lo stile è proprio il suo. Il busto storico le gambe a ics, porta gli occhiali da vista, avanza in surplace. Mai appesantito nè legnoso tra un passo e l'altro con la dinamica della dinamo in semi corsa crea raggi luminosi futuristi fiamme elettriche con cui scalda l'avvenire. Mi stimola il sorriso. L'ho riconosciuto da lontano, non so chi sia, non so cosa faccia, da dove venga, eppure la mia memoria, dal momento che l'ho visto mi ha scartabellato le foto mnemoniche raccolte in ordine cronologico. Correva casualmente lo incontravo; è trascorso del tempo dall'ultima volta. Strana questa cosa, ad un certo punto tutti quelli che compaiono nella vita che abbiano un nome siano sconosciuti, conservano nell'energia la grazia semplice e maestosa del vivere e di esserci con te sulla terra. Ignoto non so nulla di costui che si allena come altri che corrono, oppure no, semplici comparse della città, visi, volti, profili, andature, gestualità, posture, questo loro piccolo accento come in questo caso che mi si consuma dentro e crea un'immagine provocandomi una successione d'immagini sino ad arrivare ad un sorriso. Lo osservo intensamente senza farmi scorgere e nell'osservarlo riconosco il mio spazio/ tempo, magicamente focalizzo il sentimento a me non più estraneo con cui esisto. Consuetudine mediocrità cancellate. Come se i morti, i numerosi, attraverso il caso della vita dettassero le loro volontà dall'oltre tempo calandosi nel caso contemporaneo di chiunque che sia ignoto oppure no con ali della corsa lo stile proprio, ora il suo, il busto storico le gambe a ics gli occhiali da vista.   

sabato 26 agosto 2017

379

disperso cavalco il delirio del me mi travesto idiot sul palcoscenico dai tempi morti il fallo duro recito dirigo a stantuffo per le imbecilli applaude la stravacca super figa dell'ovvietà spettinato divo da due carati son gioia per la festa vanto il curriculum vitae gambe in provinciale pancia in tangenziale nel legno la testa sulla statale spavaldo sterzo lo tzunami roboante pronto moda destinazioni zero corro a perdifiato raggiungo l'ignoto l'io impalpabile qualcuno ci dev'esser a galleggiar con me nel caipirinha   

378

la girandola s'inacidisce di quattro quarti felice tu sia d'altri sulla barca unicellulare vi è un posto solo la croce tibetana sbarca contemporaneamente iella agita il forcone su questi tempi la prepotenza snob spiana tarantole metal legate alle danze domenica spiove il fieno sulla campagna vi espone la ragione espressionista dove il vortice è l'occhio del ciclone conta i filmati nove a camicia sventolante dalla portiera celeste la salma stesa colora il tavolo dell'obitorio la tavolozza mostra lo sciabordio per le stelle in polvere d'aragosta dall'ostrica s'inclina la voce atlantica col microfono del chorus dirigo di spalle la fila bilingue della voluta sul desinare vibra il peplo di petali rosa le sigarette psichedeliche in bocca ai volti arde furiosa tutti i giorni la scriminatura sulle sporgenze è logo dal circuito della follia  

giovedì 24 agosto 2017

377


- Apocalipse wow ! - 

Nel veleno l'antidoto due mandate sull'alveare della fila Eracle col cappuccio da ku klux klan calato sul cinema agita la lanterna ciondola la sfinge Eolo indossa la giacca d'ananas sonante rossa la Norma si fa chiamare Elena l'abito si trascina per terra l'oro si fionda nella psicosi a trecce nere Narciso il pensionato claudica sull'approdo sale di soppiatto s'infila giù dalla scalea si tuffa al centro dei marosi il negro ha la cravatta antincendio il tatuaggio sull'avambraccio Super G: per gli amici Zeus detemina a occhiali da sole i destini di noi immortali col fiore tra le fauci di un qualsiasi canide tara la zappa col peso ai piedi la rosa dei venti Zoso tra i denti sfodera il biscotto punk chitarra elettrica suona il riff indemoniato incede nel colubro di Esculapio la mano di Ermes lo trattiene sulla base di me and baby brother dei War in apnea sino a quel punto ora risorto come nostro Signore l'angelo dà in appalto a Sisifo l'onere del sacro scosta la pietra dal sepolcro ruzzola dietro il mixaggio don't leave me this way di Harold Melvin the Blue Notes il resto della scaletta breve colma di sterco qualcuno se la infila nella tasca dei paint black a zampa di elefante altri nella camicia con la stampa hawaiana da cui flette la mezz'ombra della luna mezza lassù obliqua surclassa di grigiori gli onomastici quaggiù il Guru ci benedice urbi et orbi col solito pump up the volume dei Marrs declama brother and sister / pump up the volume / we gonna get ya e così sia nel silenzio di una fronda la rivoluzione della frasca è l'unguento di Armin Van Buuren and out of love / miracle di Kygo nel libeccio soffia Paul van Dyk il quale ci libera da tutti i mali ci ubriaca di sana pianta semel in anno licet insanire trance / techno di tutto punto con cui mi presento col drink delle cinque e quattro sguattere del pollaio vestite di piume e pece con i tacchi nel piombo il revolver tatuato sul pube un fallo di plastica con la ventosa nella borsetta la triolagna della tizia che si fa chiamare tizio la tipa va a fornicare la ceffa con i tatuaggi sulle chiappe della Madonna era meglio sopprimerli da piccoli piuttosto che crescessero fuck off.





 
   

martedì 22 agosto 2017

376

nell'ambra un braccio immobile un ettolitro sull'asfalto il rubacuori ripara il giogo nell'aria pennella il tre di picche all'occhio pittato nell'ovvio cuce la carena per la curva la nave di carta si cura nel porto distinguo la necessità sotto l'ascella tra le dita fredde scorre la tubatura l'impianto forma l'archeologia sussidiaria al semaforo se brilla nel verde sulle spalle squittisce da perfetta tomaia lo smeraldo un ciuccio legato raglia incarnito non si distingue dagli altri ragliano anch'essi come fessi tutti legati allo stesso albero odo l'istinto dopo il distinto forse per questo ti amo sei ciò che penso

( rimaneggiata, postata su Tumbler 7 giugno 2018 )   

375

il mondo sommerso dalle gazze atterra sul nodo del fiore la chioma radice si destreggia tra le correnti il lampadario sventola i rami gestisco l'introito di baci secchi sulle labbra il rantolo di carne brucia la ferrovia chiave di violino dalle montagne russe il clamore per venere nel delta è prima della stazione traccia la verticale la cimice s'abbronza nel soppalco arricciato dal suono al suolo mi specchio nella pozza la falcata del valico la registro sul disco la memoria mi dice di là poi mi litigo.

( rimaneggiata postata su Tumbler 7 giugno 2018 )  

domenica 20 agosto 2017

374

le sardine costano il prezzo del baccalà il flipper scivola dalla pigna elettrica alla supernova funziona se incrocia il battello in acqua ogni proposta necessità della chiave su zampa da fenicottero l'altra affera le millefoglie rosa per la scimmie francesi il bruco non è la farfalla intrepreta la poesia in forma gaudente scranno per l'acrobata croce che flirta col cielo norvegese la ballerina del loto declina il ponte levatoio per il passaggio sulla clip degli zoccoli siedono neri sul trotto la ritmica dell'incastro a voce relativa seduce rende le tigri accovacciate l'arco dei trionfi sale sulla magica montagna la sedia a dondolo in vetta cavalca il cappello da equilibrista alle feste non mancano mai i garofani ispirato dal sogno che nutro non so se sia un bene o un male niente di più bello che amare il prossimo

( rimaneggiato sino alla parola flirta esclusa, postato su FB 7 giugno 2018 )
( rimaneggiato il resto: da flirt in poi, postato su Tumbler 8 giugno 2018 )  

373

divelto dalla tua apparizione stendo la passerella sulla stagione il davanzale mi mostra le gallerie due bicchieri on the rocks ci abitano traffico il loro smoking di cristallo si eleva a morale chiodo fisso il caldo brucia il raccolto nos non pluris sumus quam bullae l'orto atterra sul pube in area di rigore bigia la capitale fischia l'industria di piacere depenna abiti per la cena nudi al buio il silenzio poco prima della croce di Sant' Andrea pessima la girandola col traghetto è carta in mano il triangolo mi tintinna all'orecchio sul capo la scintilla cosmica specchia la spettrale funambolica arma da taglio indice per la festa il cimelio in ogni budella il ripieno si smorza in padella a candela arrugginisco nella posizione di statua l'invaso colma le orchidee annaffia l'ombelico granello di catena la treccia toglie l'autunno l'inverno se ne parla a primavera quando le giostre fischiano legate al suolo col filo di vento danzo sul nirvana a corpo morto aderisco allo spolvero degli steli ti vedo sul fieno se ti perdo ti ritrovo mentre scorro con l'idea di un inizio vibrante corro con l'uccello del fuori ed è una gara a chi si muore dentro
  


372

questa corsa sul ciglio della fronte non può essere che donna rampa a perdifiato il lancio al vento piega i minimi dettagli a piedi scalzi la sera diretta dai colori metrati regge l'avaria sull'istante dazio di metropolitana al sole sotterraneo la scorciatoia millesimata priva di saio per necessità con cui sello il cavallo è virtù che abita la metafisica cuce metafore sul volo archeologico crolla il lancio delle pietre desnude l'onda intonsa è accesa nidifica sul visibilio rosato sabbia d'ogni comparsata l'edera screziata l'utopia friabile lo scendiletto che colpisce il pioniere nel breve spirito bronzeo in cui vive

371

la glottide in ferro decolla dal letto di farfalle voce sul fiume corre incendia sbatte il lenzuolo sulle mani incallite il fantasma schioda la polvere sul ghigno seduto deambula goffo sinistro incede utres infilati ambulamos il collo stropicciato emerge dalla baccinella galleggia il senso digita lo strappo favella concia le mura con l'avambraccio esce di mezz'ora inviolata l'estetica brizzolata porpora di risate fa mezzasera al tavolino intreccio alghe fossili  la musa vestita blu mi bacia in segno di pace trasformo il principio con l'ago il ditale cucio le acque separo il cristallo indosso lo scacciapensieri   

sabato 19 agosto 2017

370

il viaggio è niente più che un nugolo di zanzare dal rumore secco accende il morire al funerale priva il fantasma della guardia il corpo cimice cammina su quattro idee verticali la distanza semina il calcare sul megafono la voce cura tutti i mali la grinta che non hai riposa nel nodo a fazzoletto trave di foglie sempreverdi la siccità di questi mesi arrugginisce la fanfara appollaiata a fari accesi si libra afferra il contrario lo scontro suona nelle viscere dita corte da pianista afferrano il polmone del piano agito l'elmetto vibra sonnolento l'inglese sullo sgabello dipinge apre lo sguardo al bar oltre frontiera con le lacrime agli occhi di lei osserva il dibattersi delle mosche orbe le innumerevoli vedettes dal bicchiere metà vuoto metà pieno le benda il wiskey staziona ad olio compresso sulla criniera la pensilina con un velo caldo dalle casse stereofoniche getta in piscina l'io tra cubetti e fette di limone

369

è sempre la stessa vita meravigliosa rostro dal destino fagocita i debiti lo sport copre il pendaglio lo scheletro si deforma spiaggiato ritaglia lo spirito genera il cosmo multicorde dà frecce violini archi bassi contrabbassi l'orchestra di meraviglie dentro fuori la stampa divelle il cromosoma all'addiaccio è un giorno qualunque di un mese qualunque non c'è peggior qualunquismo ritmo famoso in quattro battute per la tua voce quanto mi manca la sottolineo dall'eremo supellettile il ghiaccio avvolto nel fazzoletto vi ricama ogni mossa di carte ed entra il fiordo di porfido purpureo sul male in arnese

368


l'avambraccio pittato la sirena in cattedra l'ombra ai tigli il compasso della strega lo sviluppo funereo del bikini l'apologia al sole non penso ad altro mare sullo sfondo l'acqua il pesce turchese il gomito del fiume segue la versione remastered lo sbadiglio pronuncia l'ansa le ciminiere in suffragio qualche voluta in periferia alza il refolo d'odore al sax l'orata crea il fritto misto dalle fauci la finestra pettina addita la messa a fuoco ogni valore ha il mozzo il secchio super di ieri accende la parabola dalla rete le donne ingentiliscono il bestiame neutralizzo il killer nel triangolo triviale rivedo la forma del cartello scaleno entra il caseggiato lo slogan del piacere muore nulla dell'ottocento dice la scaletta

venerdì 18 agosto 2017

367

questo infinito tepore che abbraccio illune simile al movimento del cuore stabile variegata odo la tua voce disvela incanti fluttua svenevoli glaukopis al greto del fiume rinsecchito giaccio di pelle nei petali gofrati siamo angoli di noi corti sino al ginocchio zoom l'interminabile bacio mille altre volte tu  

giovedì 17 agosto 2017

366

le considerazioni in tempi di recupero un flash l'alto verso il basso di memoria marxista o marxiana comme que vous voulez dire lucioperca nelle acque poi all'amo non ti amo ti amo non ti amo il tiro spiaggiato la sabbia la gradazione rosa il corallo fuxia lo shock della sfera i sandali di cuoio legati alla caviglia sexy il tallone Achille l'unghia dell'anulare vermiglio ribatte il tratto di sole abbacinante la testa nei pensieri il caffè rigorosamente americano da sorbir sacrale l'accappella dopo partita l'intervista vera tutti neri in fila con l'ugola rivolta a Dio è un amabile schiaffo alla rozzezza il gospel di lei che mi bacia troviamo le nostre lingue intrecciate ad occhi aperti di sudore nudi e dentro di noi    

365

la macelleria halal serra la porta di mosche siano sulla carne vermiglio cogito il dardo trasporto vento dall'abbazzia sorrido di disprezzo l'isola per il popolo vettura s'asciuga col maltese è raro non vedere dei campioni della polvere da sparo preferisco l'odore della frutta mi distraggo la divinità adorabile inietta la civetta l'ulivo sul palmo non lo sa mastica l'hot dog il fumo una sciatteria di cui non ne hai mai a sufficienza ordino una Bud gioco a catapultarmi le cervella mentre osservo il mondo che gira conto i soldi che non ho in tasca quelli che ho speso per i libri son spesi bene lo paghi uno lo leggi tre volte per capire è il divenire per gli intellettuali dell'economia ma qui da noi non si muove foglia che Allah non voglia la tenda non del tutto sfasciata la pianta impala la recita mattutina liturgia dissennata creata di sghembo incardino la voce roca poetica senza alcunchè di memorabile " 2000 proiettili rubati " invisibili tra me e me non saprei siamo semidei non ci consumiamo certo di amore solo il tempo epico ne è capace riannodo la trama col coltello infilo il punto croce fuscello di lei diafana bella come il sole l'amo dalla magia dell'incontro desidero coltivare un giardino di speranza di affinità costruite sul dubbio incerto la possibile vittoria sulla mediocrità il mistero non si spiega a parole si sente l'amore è amore sempre c'è scarsità sii forte siamo solo noi non si fugge dalla gioia esteriore nell'intimo  macro popola il canto serve la coscienza morale ha a che vedere col micro ? m'intrufolo lì nella zona grigia in cui tutto si muove per una ragione che non so di sapere ci azzecco 

mercoledì 16 agosto 2017

364

ora giro intorno al destriero sciame lieve del margine roano valico il vetusto dal mare l'impasto un susseguirsi di atterraggi su gambe paludate di crusca riemerge puntuto al vespro il flusso sanguigno simile sabbia lava resina non dico nulla sbarco souvenir tacco di polvere lo spruzzo sul possibile selce ti ho nella testa non son matto il tempo brado non ci risarcisce ti amo a catinelle abbiamo perso se ne va il frinire l'andare sonoro prima del belvedere la primavera che funziona ha la propria stella parcheggia nella pupilla a pettine di sottecchi sul tuffo dal trampolino niente da eccepire la faccia di mezzasera  al ritorno spiega l'espressione cambia la vita è il non saper che esplode rantolo nel fiato

sabato 12 agosto 2017

363

è così l'ombra del destino da cui provengo bacia avvelena scarta per amore l'infinito unisce separa la distanza tra noi è vita nell'abbraccio avvinghia l'imo adora il sussulto filamento il lucore che vede astro il tuo pronunciare flautato verbo dall'arco della tua bocca nitida di puntuale metrica sensuale sul bacio di amanti in pectore  

mercoledì 9 agosto 2017

362

poche cose nel divenire il pallido raggrinzito cemento d'ufficio la stuoia sempreverde qualche parola fuori dai denti è un indizio benevolo il resto sul crinale del falò la vanità della lotta tra poveri un passo dietro l'altro il gambero trascorre l'orrido raggomitolato la corolla illune sta distesa sulla risacca

domenica 6 agosto 2017

361

non percepisco il tempo in linea retta esponenziali le congratulazioni costanti le diversità dell'io col sè me medesimo si abbraccia con l'imo gli strumenti dell'orchestra per la sinfonia d'una rapsodia del mio sentire è bella la scelta Robbi bella la donna la belladonna così è amarti non averti e non morire

360

fosse null'altro il sapore d'un'impressione fugace su cui ragionare pensieri compiuti è come se l'amore ci riconoscesse nemmeno sbigottiti in noi punto interrogativo di occhi e labbra ci teniamo per mano gli sguardi chiacchieriamo non saprei dirti per quale ragione mi sia innamorato di te stavo così bene

359

sono indisciplinato bacio i morti con disonore di moda sulla linea dell'equatore la fila in controluce è dei colombi sotto la linea dell'equatore il candido airone sorvola le antenne del grano bronzeo veniva dall'oro quanto mi piaci se ti sento interpreto i silenzi delle parole passo dopo passo le campane recitano il loro gong di successo dal cono spezzato l'ala della beccaccia stecca l'andirivieni interiore la caratteristica del borgo rosa sul palmo della mano è lignea le palme dal lungomare arcuato flettono dove non sopporto i corti col baricentro elevato che richiama l'ombra a mano bagnata i super ovvii gli gnomi culturali becchime color mais per l'aria condizionata fisso l'occaso sul cartone filigrana nera

  

358

col berretto d'ordinanza piego le dita sui diamanti fletto a piccoli pezzi la voce al sicuro la tormenta l'eclissi dell'imo la successione eterna spara l'aria sulle mani di gioventù calcola perle asciutte dai toni sessualmente plausibili ogni sentiero sfumatura raccoglie la cenere divelta sfatta di prossimità un bacio di baci saziami col pargolo in braccio lo stato di gravidanza getta le spelonche fuori dalla nobile nudità la fila interminabile di donne l'infelicità di congreghe i papaveri nel vasto campo di grano sul trampolino i lanci carpiati della vendetta un batter di mani consecutivi in dissolvenza la bettola più importante del mondo non è il tuo orgasmo ma il cuore che sconfigge l'alterità povera di fiabe      

357

se desideriamo vivere possiamo separarci ci spogliamo delle vecchie cose arresto la luce di contorno numeri a farfalla il divenir di luoghi il volo davanti gli occhi è qui altrove taglio l'immedesimazione a voce redarguisco le emozioni disperdo le novità chincaglieria vetusta mobilio che delira durante il sopralluogo specchio che agisce di mio conservo la sabbia bagnata dei castelli sul mare un pizzico di mors tua vita mea negli spaghetti deambulo col faro acceso l'evoluzione del motto in camicia nera la gonna bianca a doppio fondo la parure dei vini ci investe ciabatte e teli da spiaggia sui sassi bianchi 

356


solita croce fluorescente danza di notte sullo stagno non è il coraggio che manca alle pessime gambe color rapporto certo delle autorità sulla vettura scintilla la postura dalla serrata la song faccia mai vista sbraccia sul divenire il kechab sparso sulla pelle tinge il sole morbido sul frinire del tintinnio per la borsetta sale il profumo di rovescio adoro le nubi mi commuove la schiuma l'onda sull'arenile in e out un pesce gusta il raso terra del via vai la moda di punte innevate lassù l'idioma stentato la lettera erre altrove la pf  mostra il conto al tavolo col branzino tra i denti il fulmine si getta sul ciel sereno chi prende l'ala dello storno la gabbia d'identità rulla il tamburo il cane s'innamora di una gamba la coda è spiralata inforco gli occhiali la tipa in slip sul telo mi dice " ...visto che sole ? "

355



 - Renè Magritte -

Mi levo il cappotto dalle mosche gronda galvanizzato dalle elitre indebolisco le nervature ingessate dai ricordi fluttuo a mani aperte giunte in preghiera con il senso imito il ruggito dall'abbaino al lancio di fantastici aeroplanini separo l'inutile verso col mazzo di fiori la parte di eredità pancia con cui ho a che fare l'istinto del dripping a labbra sul piattino su cui deposito a schiera il canto dalla filastrocca la brucio carta illustre sul palmo di mano divampa nel coltivato gemellaggio il resto del creato forma i calli reali in equilibrio sulla linea della vita col vapore acqueo si attenua l'estratto d'acquisto dal bon ton nasce l'evoluzione rinsavisce le gabbie di orate da cui vedo il fondale di tre secoli oltre preludio da f.lli. Lumiere locomotiva sbuffa tremula foglia di vertigine l'emisfero si accalca l'appendice dal finestrino si dipana e saluta sepolture in contumacia dieci battiti d'ali sulla cassa poi il registro a testa in alto se incrocio lo sguardo introspettivo nessun lucore a corpo morto mi ballonzola estremamente dallo spirito pervertito l'antro rabbuiato è la prassi a fil di lama il fiotto di sangue eseguito veste di tutto punto il refrain viene dalla terra se ne torna in terra scompare con l'ombrello.  



354

la cecità dentro fuori di noi affogo sotto il cumulo di macerie eppure canto il non vedere mi abbaglia il reticolo di filigrana tessuto dal ragno l'oscurità si mostra elegante poi l'etica l'estetica vi è un pugno dal cuore di magenta il mondo  divampa occulto sulla mano estesa infiamma ferisce il saluto incanta ed imperla i cuori la benedizione del nostro idioma da Italiano subisco il fascino dell'uomo libero 

353

 - unplugged -

il rotear di ghiaccio nella gabbia il lauto pasto terminato ostile sulle giacche il sussulto d'alghe al seno l'urbanità del nero ove domina svolazza dal murales l'esclusivo tra le pareti solide e liquide i tavolini all'aria le gambe eburnee accavallate dal palco forme inequivocabili di chitarre acustiche il monologo la poesia stacca rende impressiona il germoglio non può separarci se ci vogliamo vivere bevo il drink  

352



ogni pedalata il ritmo alchemico un brano del corpo si sdraia unanime la capocchia del fulmine brilla balugina nell'ombra capotavola la breccia la trota silohuette verticale il salmone del palazzo la pinna caudale è saggia la sferza dei venti bussola manovrata dal milite ignoto nega disegna la privatezza in ogni palpebra ofusco il nero dei quadretti interni la vigna di riflesso ora aperta ora chiusa si rinserra il branco di alghe dalla voce porta la compilatoin fiorisce la pienezza nella trance della giornata afosa sotto tenda l'opera a coltre chiusa dal sistema si dispone nottetempo risale la corrente esponenziale lo yacht sul podio del porto è un piacere dal pontile qui la brezza muove le gonne nuove sulla terrazza la nottola di Minerva spicca il volo sul far della sera il giorno appresso l'allodola annuncerà il nuovo giorno denso di problemi da risolvere. Per ora porto in tavola piatti e vino si vedrà la piega che tira.


     

sabato 5 agosto 2017

351

la campana mi richiama ossessivamante i timpani d'una certa avvenenza battono sulla ghiera il tempo plastica sulla session di linea nera è l'underground significato da cui parte il cappello da saltimbanco sul sorcio svanisce la pulce dell'io tutto avviene sotto gli occhi parziali dell'ora dal grand'angolo sopra le teste il foro da cui la coda appare scompare nuvola si avvicina al padiglione dalle labbra il rantolo d'amore odo il sibilo s'infrange nel coro cosparge il corpo lacero di frenesie fuori i calzoni la camicia rigorosamente avio col ricamo del sole si fa propria l'esistenza sbadiglio al fresco

350

l'aria in testa mi copre l'isola muschiata picchia 4x4 sul pendio scende greffettata d'oro corre sino al blu nobile dalle vene il reticolo di fiordi traccia l'intensità di sudore dai vicoli ghette di germogli tra le scarpe sotto le suole milioni di seni mezze lune pietre sollevo il carico vestito corvino con lo zoccolo infilo il chiodo argento nel tuorlo l'uovo sanguina dalla camicia lo sperone mi si avvicina il tizio caio sempronio dal fare trafelato domanda se il lucore dello sperone quando ciondola al collo pubblicizza il firmamento pazzo fuoco l'artificio o sia realmente la festa barbarica d'un santo apostolo del passato     


sabato 29 luglio 2017

349

il pinnacolo di storie impone il vero sorbir dal vero l'incanto la purezza ingenua dall'altare s'illumina l'intreccio indipendente non sono nient'altro che l'impossibile crollo per desiderarti il resto massa fine sublime d'erbacce sotto la grazia che non riconosco per l'entità del mio scosso amore regia del cuore 

348


così è l'essenza della tua assenza, un viaggio multiforme in sella al diapason la strada su cui aver cose da non dirti per occhi all'esordio di silenzi scritti  altri brani per volerti di più vedrai mani filiali calar vertigine perle tinte dal ghiaccio subacquee preziosa è l'intensità dei tuoi seni punto croce il drink mi profuma d'infuocato proscenio a prisma indivisibile le angolature le sfaccettature le diagonali nel diagramma il mio sentimento si dipana dritto l'infinitesimale celebre pacato amore cui ti discorro nella carne   

347

La classica tinozza di mari monti apparecchia per i deboli di cuore. Staziona il tempo immemore sotto coperta d'una architettura di vetro rotaie scambi. La stiva, il mozzo brunito, il dogo argentino col collare di sonagli pensa l'avantreno di parole. Tra le mani lo zerbino di welcome in jaquard merita una riflessione battuta d'acari nel flusso. La carcassa riconosce la sosta vispa dell'autiere il profumo del panno umido faccia faccia della nequizia pezzo di vento in orbita. Meridiani e paralleli artistiche barocche ragnatele invischiano il corvo serpeggia il cordone ombelicale loquacità di esecuzione. Il cigno si abbarbica sul raglio della finestra di primavera. L'unica cosa vera è la primula che decide di andare in gita con la biga trainata da due maiali al galoppo. Il gheppio appollaiato sui nervi rinsecchiti osserva i margini del cavolo stralunato recita il mantra ci ripensa preferisce no. Nel fango d'un trailer stucco gli interstizi dell'animo sfumo sulla seggiola epistola rosso magenta una passeggita sul litorale con l'go da cucire d'alta montagna la stella alpina la ficco stola nella borsa.       

martedì 25 luglio 2017

346

Pare che tutto sia utile se vivo la bolla del caos organizzato meraviglia l'intenzione priva d'iniezioni sconta la modalità la ricetta grunge pulviscoli d'infrarossi il disappunto ancorato sul pendio popolare ama Quijotte cavalca all'aria la pala eolica lenta tesse il moto egregio riconosco rocce e connessioni di casa dalla bidonville filtra il copione arroccato dalle vertebre autorevoli la giornata in orbita sulla coscienza del grande palcoscenico redige l'opera mors tua vita mea flessibile l'oltre mobilita la grotta

domenica 25 giugno 2017

345


 - You'll never find another love like me -

Il tuffo nel lago ad oltranza lo nego umorale la vita mi scorre sul giallo delle mani raccolgo la chioma ad elastico legata al bronzo la soffoco la ritrovo alla porta apre nuda avvolta nel peplo di carta velina non abbaia nè annusa l'esteriorità del nuovo mondo taglia in spicchi la macedonia mi osserva degusto Hermes si allaccia i sandali Fidia mi scolpisce Athena di Lemnia nel cuore la capra Amaltea nutre Zeus nei rotoli i rovi di film americani in cui il sud balza nell'infinito sguardo di Sam Peckimpah, David F. Wallace, Pasolini, amanti della bandana legata al capo raccolgo capigliature forme d'eccesso d'equilibrio di profondità ed è una bella giornata per noi stesi sull'amaca a epistole cariche esplodo la penna dipingo contemplo l'orizzonte assolato in fiamme rosa vermiglio ti ho amata come ti ho visto.


* Lou Rawls  cantante statunitense RB, soul, jazz: il titolo del post è tratto da una sua canzone.   

sabato 24 giugno 2017

344



 - feel the need in me -


Il capospalla a terriccio intessuto dai gladioli profuma sulla canoa in cui vivo. Le illusioni altrettanto gamberi dalle tracce con cui s'inclina il punto saliente. Diverge l'affluente abbonda il corso la massa un falò grandangolo sulla testa. La mappa a capelli deambula primacciata tra correnti non disconosce il prorpio D.n.a. spiace l'insenatura. Lo zucchero di canna fluttua si scosta macina in grandiosi cingoli con cui annaffio la pupilla del carattere meno di così non si può. Rasoterra impugno l'egida inox, l'intrepida pietanza sulla fronte dell'hotel. Riconosco l'iceberg a orecchie in punta di piedi, la celebrità del volto d'andata e ritorno è nella businnes class. L'ossequio dall'oblò che viene da lassù. La periferia di Detroit si sviluppa in filo diffusione; qualche coccodrillo albino la metropoli sogna. Dormiamo il respiro abbracciati, sui cartelli dell'uomo sandwich campeggia la scritta feel the need in me. 


* Detroit Emeralds gruppo musicale autore della hit, feel the need in me, dell'anno 1973 
      








343


 - M. Davis -

  
Chiocca la ferraglia sulla rupe in quinta essenza scavalco il mare da cui traspare l'indigenza a valle. Abborraccio le prefiche, casette al mercato, s'invola il barbagianni nero sul ramo del quarto stato. I filosofi leggono la coda in ferro poi squadernano la sanità sul selciato. Svirgolo il destriero, frusto i legionari, la candela sempreverde accesa al levar della suola trotta sul muscolo esangue; in bocca ho la rosa di carne con cui sfioro il labbro del sole. Sul palco decade il capriccio per cui rimuovo il ciglio sotto il vuoto. In posa dall'animo estroso la cinciallegra in soggezione manifesta si desta all'impiedi, messaggia all'aria il verso m'insuffla di dobloni la beata mattinata. Un amore. Nell'assolo di pensieri azioni si riappisola all'interno del drum/ base dalla lama ritorta, il pop elettronico non spiace la sera, ora il jazz la fa da padrone. Non ho mai apprezzato il sound di Chet Baker, rammento di aver amato Bird e l'incommensurabile Miles. Sul ramo la suscettibilità della nottola contempla il da farsi. Dai talloni il cocaburra s'innalza nella voliera anatomica interna, mi aggrappo alle ali mi siedo sul rostro il tragitto ad emisfero in balia dei venti, giungiamo al ramo della sensibilità dove è fatica amare la contemporaneità che s'incendia per autocombustione. Seduto, cocaburra in spalla, palpebre chiuse.  


342


- Blondie -

Il regno si appallotola sul carroccio giallo nero kicht la terra nell'ade arde simula effrazioni diagonali. Mi avvio fuori dal locale a pomo d'adamo. Sul pelo dell'acqua il ragno scorre fusciacca resiste attorno la vita non importa è ciò che è. Tramonto a corde sminuzzate lo squittio di topi mi vibra una chanson aggira le minuscole corone ti sento siamo nell'ultima immagine noi. Per qualche istante vi rinuncio indietreggio sul manto il bacio non dato un bacio perduto isolo l'occhio ad arti spacchettati. Passeggio sui pennacchi il pensiero plana gabbiano dalla duna si vede la via piena di labili pietre abbi fede finiamo a letto sotto il naso di tutti. Dal terrazzo sale l'unghia nel levigare il segno dell'unicorno.  

sabato 27 maggio 2017

341


- Sugar Ray Leonard -


Zucchero in vetro i numeri dell'esistenza de-javù. La pupilla priva d'indumenti calma la voce cara di emozioni. Niente affanno sul barbeque, masticar parole gesti rifiorisce di propria sponte. L'intelletto non può nulla pallido non ha strumenti per la difesa. Giaccio nel corpo sfatto sul principio del lastrico il cappio mi sorregge fieramente. Solerte un brano pop il bacio in sottofondo: don't leave me this way. Il volo del cappello all'arrivo. La crociera infiamma la girandola del picchio. L'Abs psichedelico, la clessidra in tasca, recito la precia: una fiaba nel tormento. Il cuore a ghirlanda di petali, profuma.


* alcune precisazioni:

Ray Charles Leonard conosciuto Sugar Ray Leonard: uno dei pesi welter migliori di sempre. Harold Melvin & The Blue Notes gruppo musicale di Philadelphia anni 70. Rb, Doo wop, soul, disco music. 

venerdì 26 maggio 2017

340


 - L'idem sentire -

Gli oboli sonanti del cortometraggio rotolano sull'epiteto futuro di conio. Mi è negata la virtù come fosse carcassa controvento ripiena d'insetti dall'anima vermiglio. Della beatitudine che non desidero muovo le coordinate, il pozzo d'amore che chiunque riconosce sniffa la calce. Banconote avvoltolate all'abito di una Dea la bacio e il mio volto si scioglie di rapacità. L'essenza della vittoria si stampa sui boxer di cotone, tardi per gli assennati acerbi per i dissennati.  Nè Dio nè Patria mescolano i sensi nè una donnaccia di ultimo pelo. Lo Champagne ondeggia dentro i monili con cui ci relazioniamo. Non allarmatevi è la certezza del mio cuore di bue come me, indica la storia. Il vaudeville metropolitano si accorcia a tessuto di sartoria sotto la pioggia. L'epiteto del futuro sta sotto l'ombrello se lo acquisisci diverso è l'anatema. Nelle vene il marmo scorge il disco orario di pallida memoria, a strisce bianche popolari rimpinguano gli applausi. Il sarcofago lacero del pitone, solidifica la mezzanotte; da lì in poi il sottotetto è il rifugio delle rondini che riposano di vendetta che sbatte.  

giovedì 25 maggio 2017

339




- L'aquila zen -

Continuate pure con le vostre priorità, la nenia sottocoperta racconta di Re e Regine nudi sul tavolo di marmo l'etichetta sull'anulare. Mai corrotti, viceversa peculiarità dei politici: l'ambizione vi assicuro colma i vuoti d'aria, ma le parole d'aria compressa camminano con i gesti nelle depressioni. Ho riso a squarciagola di fronte ai volti spalancati distesi nella felicità. La solita spiaggia, ho sempre riannodato il foulard per via che non volasse via. L'incertezza che la vita abbia significato nel trasformarla, la vivo da maestro zen. Se qualcuno mi garantisce che il potere del danaro corrompe morte e dolore, in poco tempo mi converto. In una parola salgo per l'eternità al termine della vetta. Amo la neve, i nidi dell'aquila, le circonvoluzioni ad ali spiegate, la vita sulle verdi praterie. 


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 - La deriva -

Più scorrono gli anni più i miei pensieri equilibrati hanno un carattere eversivo. Ho i piedi per terra, non sono io che mi allontano. Riconosco sia l'acqua sia il mare. 

sabato 20 maggio 2017

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 - Diapason -

Dall'imo salgo all'equilibrio di pupille ascolto i risucchi di vortice nel vedermi passeggiare con la pertica equilibrio sulla fune. L'assenza d'organi chiesastici vien dal basso, il grattacielo si staglia nel verso esatto il cosmo sax d'erba spagna smuove i tacchi sotto il tavolo. Per il mare la spirale di gusci antiorari si rimette d'accordo guardandosi la polla. Conosco lo spartito del clacson, il pegno è nel pugno della mano. Si libra di palmo in spiaggia sino ad alveo lunare in due pezzi da cadavere occulto.
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Dal gin tonic mi si tatua in fronte un astro, la cannuccia proietta le Alpi nei suoi tornanti, legati ai lecci il leggio dei cinguettii, dal Paradiso fresco di guance chiunque si sveglia a portata di mano. 
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Immerso nella stazza taro la frusta nella cintola. Con la mano dispiego sulle rocce stentoree i flutti, pungente dipingo le coordinate coda di piano. Abbandono il bicchiere nel vino, il telaio al retrogusto d'edera sfilaccia il ginocchio. La crepa del dolore brusco, il destriero desertico, il motore rombante, la miccia tra le gambe appare il blu trafitto dall'ariete. Infilo l'ago nel portico illune la replica non tarda ad arrivare le orme invisibili in centinaia di anni creano il pubblico sul filo di cartapesta.
 

giovedì 18 maggio 2017

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- Una domenica pomeriggio -

Dopo la Benedizione ricevuta dal Papa gesuita che viene dalle terre della teologia della liberazione ( da vicino il Papa ha quella caratteristica santa che aveva anche Papa Ratzinger quando lo vidi da me a te, la santità gli rende la grana della pelle giovane ) tra via Moro e angolo via Cipressi al mattino; il pomeriggio ci vede scabriolati sul ventre del destino, due barbe bianche che chiacchierano io e Omar Biafra che guida sugli pneumatici rotolanti tempestati d'atrito sull'asfalto in curva, oggettiviamo sul presente sul passato entriamo nel futuro rimirando il paesaggio padano del fiume Po. Cerchiamo il luogo delle esposizioni, lo troviamo. Percorriamo fattualmente / visivamente lo sterrato tagliamo nel mezzo il prato che brilla al sole, parcheggiamo la vettura. La villa di campagna adibita a casa dell'arte si presenta ristrutturata con un casolare annesso di fianco fucina/ forgia per la creatività. La possanza d'un toro di bronzo, l'equilibrio plastico di un corpo senza attributi, la rassegnazione di un giovane con pudenda virili, alcune sculture ci attendono tra l'erba Inglese. Scendiamo dalla vettura ognuno con il propio rapace sul trespolo della clavicola. Il mio, dal nome latino Dux Mea Lux è un barbagianni dagli occhi di ribes che vola dalla poesia del poeta Evgenij Evtusenko sino a me ( Occhi neri di ribes nero / come dense gocce della notte / guardano e inconsapevoli domandano / o di qualcuno o di qualcosa. / Caverà lesto il tordo saltellante / gli occhi neri di ribes nero / ma i gorghi del vortice conservano memoria / di qualcuno o di qualcosa. / Non penetrate nella memoria delle amate. Temete quei vortici abissali, perfino / la vecchia tua blusa, non di te si ricorda, ma di qualcuno o di qualcosa. / E dopo morto vorrei onestamente sempre vivere / in te, come qualcuno no, come qualcosa / che ti rammenti, linea di orizzonte / solo qualcosa, solo qualcosa ) fotosensibile alla luce diurna inforca gli occhiali a specchio mi dà consigli, precisazioni, illustra fatti, capovolge sensi, oracolo vivente mi sussurra nell'orecchio con puntualità faccende umane. Il mio amico Omar Biafra, Italiano convertito all'Islam si attarda: si toglie il berretto colore caki con la stampa Kurtz di fianco ( mi viene alla mente il generale Kurtz del film di Francis Ford Coppola : Apocalipse Now. Il famoso monologo del generale Kurtz del film che mi vide giovanissimo sulla poltrona del cinema dormire di sasso, mentre Kurtz interpretato da Marlon Brando recitava; non esistono parole per descrivere a coloro che non sanno cosa significhi l'orrore. L'orrore...l'orrore...ha un volto, e bisogna essere amici dell'orrore. L'orrore e il terrore morale ci sono amici in caso contrario allora diventano nemici. Ricordo quando ero nelle forze speciali, sembra siano passati mille secoli, siamo andati in un accampamento per vaccinare dei bambini andati via dal campo dopo averli vaccinati tutti contro la polio, un vecchio in lacrime ci raggiunge correndo, non riusciva a parlare; tornammo al campo quegli uomini erano tornati e avevano mutilato a quei bambini il braccio vaccinato; stavano li ammucchiate un mucchio di piccole braccia )  lo pone nel sedile pelle bianca posteriore. Il rapace che tiene sulla clavicola è un falco peregrinus di nome Averroè. ( Nome di un filosofo arabo, con Avicenna, il più influente filosofo islamico del medioevo: sosteneva che la verità può essere raggiunta sia con la religione rivelata che con la filosofia speculativa ) Attendiamo gli amici davanti all'entrata. All'interno l'artista occhi di fuoco creativo silente, vede, a braccia conserte interpreta, riflette, si confronta, ragiona, rende l'idea di sè, favella puro di non sottomettersi al mercato dell'arte. Come Efesto ( il quale lavorava nelle viscere dell'Etna con i ciclopi suoi aiutanti il vulcano borbottava sotto i colpi del martello; Dio del fuoco, delle fucine, dell'ingegneria, della scultura, della metallurgia, brutto cattivo di carattere, grande forza nei muscoli delle braccia delle spalle tutto ciò che faceva era di un'impareggiabile perfezione, detto da Omero)  modella e nutre di cenere ogni musa dentro palazzo fuori palazzo. Nella stanza adiacente celebra la gravidanza, nell'altra passa in rassegna qualche esperienza, più in là evoca Moore ( Scultore britannico: il suo stile influenzato dall'arte primitiva tribale rompe con i canoni classici tradizionali. Ispirato dal corpo umano crea figure deformate con lunghe membra innaturalmente distese dinamiche nel gioco di movimenti ) in altre Picasso ( Pittore scultore: innovatore e poliedrico è stato lo snodo cruciale tra la tradizione ottocentesca l'arte contemporanea ) De Chirico ( Pittore scultore: della corrente metafisica, che vuole rappresentare ciò che è oltre l'apparenza fisica della realtà al di là dell'esperienza dei sensi. Il termine significa: dopo la fisica )  sostiene che non c'è ricerca nelle donne di Botero ( Fernando Botero: pittore colombiano che si caratterizza con l'insolita dilatazione che subiscono i suoi soggetti dalle forme irreali non hanno dimensione morale psicologica ) le dipinge uguali da 40 anni, dice. Ce l'ha con Damien Hirst e il suo teschio ricoperto di diamanti che vale milioni di dollari ( Damien Hirst fa parte della Young British Artist: squali tigre, pecore, mucche, imbalsamate in formaldeide il teschio ricoperto di diamanti; le sue opere più note, si interrogano sul senso dell'esistenza, sulle prospettive umane della mortalità, così come l'esosrcizzare la morte attraverso lo strumento della medicina, della religione della procreazione, o della esaltazione della materialità ) ce l'ha con le provocazioni di Maurizio Cattelan ( Cattelan con approccio critico si muove nell'avanguardismo contemporaneo nel tentativo di fondere vita / arte / realtà / fantasia ) Jeff Koons ( il quale nelle sue opere illustra ironicamente l'american way of life la tendenza al consumismo, erede di Andy Warhol esponente della pop art e Marcel Duchamp uno dei più influenti artisti del novecento fauvismo, cubismo, surrealismo, arte concettuale; reinterpreta la tecnica del ready made ) ex marito della porno diva Ilona Staller il quale secondo l'artista con gli occhi di fuoco deve la sua fama più al matrimonio con la porno-diva che per il valore delle sue opere. Mentre parla in modo concitato sposta il vaso cinese sul comò lo rimuove per dare visibilità alla tela scura dietro che ritrae un paesaggio dark con un ponticello in legno nella brughiera che mi pare Italiana sebbene ricordi la terra d'Irlanda, poco distante dal ponticello un borgo. Ascolto l'artista nel monologo. Mi volto per osservare i soffitti i muri affrescati. Il proprietario dell'immobile è distratto dal suo pavone in giardino, mi accenna che ha bisogno di una compagna al più presto gliela deve procurare, in silenzio lo osserviamo camminare tra la natura dalla finestra. La specchiera dietro l'angolo mi ritrae, mi vedo come non sono dentro; sono chiunque altro e questo gioco psicologico di ruoli a volte mi piace a volte lo detesto: passo oltre scompaio dalla specchiera. Mi concentro col mio barbagianni Dux Mea Lux e Omar Biafra e il suo falco, ai titoli delle opere dell'artista dagli occhi di fuoco esposte, mi pare sia bravo e dalla sua forgia nascono buone sculture ( quelle che ho apprezzato all'entrata sono poderose )  Artisticamente feroce nel sapere perfettamente la via che deve seguire un'artista, ha l'ispirazione retta su concetti forti, banalmente non sarebbe artista se non fosse così. Passeggio tra l'eco di stanze semivuote dalle porte assenti e numerosi oggetti: vasi quadri specchiere, tappeti, le vetrate colpite dalla luce del sole creano fazzoletti di luce sugli stesi oggetti, incontro la tela muro enorme di un pittore Francese sconosciuto: ritrae Platone e altri personaggi nell'agorà ( forse c'è il maestro di Platone: Socrate forse l'allievo di Platone : Aristotele ) in ogni caso cerco qualche indizio che non trovo per avvalorare la mia tesi mi distraggo sui testi in lingua francese disposti in una libreria seminascosta. Ne sfoglio uno che dall'odore della carta stampata mi ricorda la cultura Francese dell'ottocento ( c'è un fascino che la Francia esercita in me per essere il palcoscenico della sinistra che ho in nuce come quella fascista ) Proust, Flaubert, Maupassant, in seconda battuta quella russa di Dostojievsky, Tolstoi, mai a quella di scrittori americani che idealmente preferisco e leggo con molta più facilità e gratitudine per la modernità in cui mi ritrovo e sento. Il curatore dell'esposizione un po' stanco e un po addolcito dalla Sambuca che deve aver gustato dopo pranzo ci segue ogni tanto interviene con delle precisazioni, indicandoci dei quadri o delle rifiniture che ha avuto la villa durante la restaurazione. Di tanto in tanto sorveglia dalla finestra il giardino dove dietro un albero basso largo frondoso un pavone maschio nasconde i colori delle sue meravigliose penne. E' sufficiente che il volatile nel suo portamento esca dal verde mostrando i propri colori maestosi per destare nel curatore dell'esposizione un palpito di interesse e guardandoci riflette ad alta voce che è necessario che il pavone abbia assolutamente una femmmina e lo dice con sincera approvazione per l'idea che se mai fosse stata nell'alveo del dubbio ora che l'aveva pronunciata era sancito quasi per decreto personale.          



      

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 - Micro film d'autore -


Regia: Tullio il visionario
Sceneggiatura:  Lehahiah
Fotografia: Tov Meod


 - Anime e baci -  ( il titolo originale è: un tour des àmes et des baisers )


In sessione sulla porta a cappello monocolo didascalico, ti sussurro le bolle nel timpano monocorde. Il brandello di vino taglia e flette sul ventre la decade esce dalla moda ribolle sulle scale del gin fizz a chiave di violino, nella verticale ti si infila nei ricordi. Nettare per chi ha tempo di conquiste. Tu non hai idea di quante vittime abbia prodotto la cravatta di Lavalliere, non conosci l'invidia del dopo. Non essersi sollevati con i capelli arruffati dalle sbarre della finestra di stoffa incastonate nel domani nel dopo domani. Con la barricate in spalla a bocca torta su cui non c'è nessuno tranne qualche ciabatta costosa, una trota controcorrente indica la mutevolezza di corrente. Sul trespolo incanta il ruolo di sè il pappagallo: elegge il pianto d'ermeneutica fallace. Nient'altro che un postribolo unto bisunto tra vettovaglie, boccali di caprifogli, seni al vento, una chanson d'amour dal water closed.  Sulla parete il garcon traccia le coordinate per la volgarità diretta. La filosofia è dentro ciascuno di noi ferma sulla corsia dell'autostrada, il tempo, all'autogrill con uno sfizioso unguento tra le fauci, la rotonda in cielo una giostra di sole con i cavallucci a dondolo, il vecchio cow-boy che legge le poesie di Renè Char.
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                                                            intervallo primo tempo 
                                              

                                                         fine intervallo primo tempo
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                                                             inizio secondo tempo
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Espulso come lo sbatter di porta espelle lo straniero il cancro è il rimorso dell'accomiatarsi. Stringo le mani di sabbia, segno del deserto inequivocabile. Lo strano tatuaggio è l'ologramma dello scorpione d'oro che rincorre gli zoccoli trasparenti dell'asino a Gerusalemme. Lo dedico a chi amo quando amo visto che comprende. Elemento semplice, vertice velenoso per chi non ascolta, mostra la dannazione del vortice. Innocuo al via dell'emancipazione per quanto i corrotti ingannino se stessi viaggiano in Porche al limite di ogni Santa Barbara. L'oste versa la trama nella pentola, la mescola sul display digitale compare la figura dell'alter ego " così mi risponderesti per la dedica: sfodereresti l'aculeo mordi fuggi con cui detengo la bussola del rettile nell'angoscia double face ?  " Conservati nell'io, il non saper farcito invecchia, ricamato dai fili d'acqua è neve nella tormenta psicolabile, sorgente nella gogna del Demonio per cui stravedo. Il resto si sgretola nella mancia da vero dandy imbellettato sdoppiato triplicato quadruplicato in vita, mi metto in posa per il click, è tutto ciò che ho; il rostro non è acqua nè fuoco solo il desiderio dell'accordo di cuore che stipulo d'invidia mors tua vita mea.  

sabato 13 maggio 2017

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Poi il momento passa con la coda nella curva che recita l'addio e sventola il fazzoletto: a quel punto lo catturi. Prendendolo per quella stessa coda, si stacca come fosse di una lucertola colta nella fuga; tra le dita ti si attorciglia di vivezza e morte nel sentimento, che pervade piano piano il cuore.   

domenica 7 maggio 2017

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 - Il francobollo -
 
Raramente vivo senza l'ausilio della musica in cui nuoto subacqueo: avvolto in fili, prese, snodi, allacciamenti, inforno la finitudine umana. In comunione col mondo esterno ad occhio caldo allungo la mano cosmopolita con cui realizzo il disegno del destino per i natanti falla, cui i pesci a branchi ruotano sul gomitolo dell'oro sino allo spiazzo: contiene l'avvallamento colmo di rari piccioni liberi. Nel becco il potere della pagliuzza dalle catacombe. Arriccio i baffi nel mio io arruffato. Canticchio l'idea ritrovata, non c'è modo di capire la ragione per cui spunto l'estremità con i canini lievi. Lo schema levantino del do ut des accessorio affisso alla parete delle circostanze è bizzarro e molto improbabile. Il pontile di carne e tendini che si sviluppa a piedi nudi nel lago alza il braccio d'osso nel sdaluto. Indico la pineta a roccia di fumo lassù. Il sigaro solleva la frazione infinitesimale del giovane incisore, a testa bassa, lenti sfumate d'azzurro, finto naso bianco latte d'asina, chiude la porta dello studio èlite. Il palloncini oltrepassano il sogno in cui mi ritrovo, realizzano le realtà innalzandosi festosi, scottati dal sole e dall'alta ciminiera dentro cui lavoro con l'incudine e il martello.

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- Il bosone di Higgs -

La catapecchia con le mani in tasca crolla al limite dell'ignoto, il boato di periferia è lo scostarsi delle membra nello squarcio. Non dirmi ciò che pensi. La colpa, se vi è colpa, s'agghinda bagnata sull'abito d'altro mare. La penisola nel tichettio delle suppellettili rastrella striscia sul cornicione, il tremito d'ali muove la criniera e fluttua tra le conchiglie variopinte. Ogni mollusco apre l'ombrello. Rovisto a terra in cerca di monete, guardo l'aria, percepisco l'erba nella circonferenza dei cunicoli. Tu vedimi dalla finestra. Registro la giornata nell'osso di seppia oscurata all'ora di punta. Affilo il taglio: è l'abbraccio che odora lo stiro scaltro su cui strimpello di gioia. Clitennestra nuda. Dio l'ha congeniata in quel modo. Eccola, svirgola nella gonna sul palco; sorride. S'infila le mutande il reggipetto filigrana pittata d'acqua santiera, gesticola la polla in volto al cielo. Nel camerino imbottito di farmaci il sottovuoto, avanti in angolo sgoccia l'apoteosi musicale. L'umido della strada mi tende la mano, la notte in un colpo d'occhio dal telefono ricovera la mia voce che leviga le pupille al decollo. Sulla fronte l'intersecarsi di linee, traettorie psichedeliche rocambolesche, muore in un battacchio la luce. Sul davanzale la cucina dentro, governa lingue di fuochi fatui. Le spine avvolgono l'astro. Colline appese ai fili d'erba discutono occulte l'udito della primavera rinsecchita. Nel lusso la carrozza; deambula sul Reno, galleggia l'ardore, frusta l'albero rugginoso, di che afrore sia l'airone non so. Sventola di ramo in ramo il subliminale su cui cavalco roteando in orbita sul lazo in fiamme.

lunedì 1 maggio 2017

331

- Il 25 -

In nessun altro giorno dell'anno ho incontrato tante persone scodinzolanti al guinzaglio del concetto di libertà sulla lingua biforcuta.

venerdì 21 aprile 2017

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 - Film -
 
Se amassi tutto sarebbe concreto, ma non amo e vivo costantemente nell'illusione di vedere ciò che ho visto: mentre qualcos'altro di nuovo ininterrottamente avanza; pellicola fin che morte mi divide nuovamente. 

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 - Il passaggio a livello -

Transita il treno si alzano le sbarre si ridisegna intera la campagna, le carrozze scivolano sulle rotaie sferragliano frizzanti nell'eco. S'intona il suono rattrappito della campana in baci d'occhi va tacendo. E 'una grandiosa serata per morir d'amore: l'orchestra mi confabula saette raggelate nel frigo maculato del cielo si dipinge cocente luce poi debito crepuscolo sulle labbra mi dice: d'amore non so.     

giovedì 20 aprile 2017

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- Pulsus -

Nel conclave le meches di nubi si accoppiano ai venti lasciano le vele si ammainano tra i petali corti del vino. In carrozze enfiate mi congratulo di pensieri in bianco nero sullo specchio retrò del banco ottico appoggio il revolver. Il muro terra aria di schiena le veneziane verdi ramarro sfiorano i cavalli al galoppo. La gamba del legno passeggia priva del corpo sotto il flash dell'occhio di pesce. Non ho che una venatura sull'asfalto: s'incrina in depressione lungo l'argine dell'ulna. Poi riciclo i dossi in cui la luna ripone i muscoli di pianto Greco. La fune ritta d'attività cammina nell'improntitudine. Dall'alto del grattacielo intravedo il pianto sotto traccia che m'innonda il cuore borsistico del poncho.

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 - Locusta -

Come la frontiera della locusta in vita rinata morta a mezz'aria tinteggia di bluette vermiglio l'ordine a meridione, il telaio fuso all'ombra d'acque invisibili defluisce ad autografo in colti eventi immuni al semplice trapezio. Trapela dalla rocca l'attorcigliarsi dell'anima, bistecca sbattuta in curva lieta moda innocua rapita nel vortice scamiciato d'un nodo al ventre. Su e giu dalla pietraia ad unghie di limoni. 

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 - Flatus -

Le squame, i polsi diffratti è ciò che alimenta la bambola priva di chincaglieria. La luna incendiaria, l'antiquario sulla penna, il danaro col passo d'appuntamento nel resto dell'ora per rivederti capirmi in che amore la pesca rotola nel foro del silos. Vedi la pezza di lamiera lucente in fuga, dalla corona di borchie si tuffa nel piatto periferico. Tu m'inviti io ti soffio all'orecchio di mercurio sino all'altro lobo. Il ciuffo di capelli oscilla disequilibrio sulle labbra da cui sbuffi il futuribile. Supero la camera vuota a perdere lancio nel panorama technicolor il ponte di venti angusti vetusti. Nell'orbita dei movimenti il fuxia non perviene, vola dai rami in città in cerca di cibo sferico. Sulla punta dell'iceberg spolvero a tutta prima la minuscola arnia che affronta il cavaliere d'Italia con la lingua peduta delle gru. Sotto la seggiovia il piombo installato a tutto punto. La giacca zuccherata ad ogni curva lacera lo specchio universale con cui ci si allaccia alla regione. La ragione dell'asso è in tavola sulla verticale.




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- Vox -

 La revisione in splendida orma calza scarpe d'un lustro deceduto sulla via che parte arriva allo stesso punto. Estratto emancipato sulla muta cordigliera serafico me ciò che sono è inerte sulla foglia e non cuce all'albero l'aiuola ma circola conforme alla torma di passeri albini nella migrazione. Rosa lo scoppio ritardato a canne mozze pensa ai fatti miei nel verde brillante in te e in tutte le direzioni.