sabato 17 dicembre 2016

279


 - Apeiron -

Il caso per i deboli sentimenti è il trono dei ladri d'amorevoli sogni. I fenicotteri tra le vie sporche, gli zingari sul divano del sonno. La pelle porpora sgualcita nube che applaude, mescola i fili del prato, allucinata ripara la cerniera nel lampo, per chiunque vi passeggi la visuale nella penombra. La lenza rimane impagliata dal poderoso jab. Sul divenire l'equazione ha i numeri che rotolano nella rassegna. Et voilà le jeux son fait, il croupier sferra la spinta. Sulla groppa il cane da cappotto fiuta la recita, tragedia in piume su cui vola l'errata corrige grappa. La felicità un fulmine di miccia esplode tattica sul rombo risorge macro. L'occhio contempla i minuti infagottati maltempo. L'acquisto la sensazione scorrevole ed idilliaca, la pancia vuota della clessidra rovesciata riempie il tempo. Mi raccomando. Di sabbie dorate, nella Chiesa sconsacrata, un pulviscolo di riso da matrimonio, refugium peccatorum dal basso premuto contrabbasso. Inutili gli angeli negli occhi, l'ingegno della danza è la natura non per caso. Festeggio l'entità dell'uomo, nasce, rinasce, rinascerà, nel farlo vede provvede. 

sabato 10 dicembre 2016

278

 - L'appuntamento -

E' la tua conversione che mi regge. In noi l'essenza profuma d'idee l'infinitesimale ci percepisce. A piedi nudi affondo nella battigia, conchiglie insabbiate s'inclinano, non riaffiorano. Di salsedine lieve la tiara depositata sulle tue labbra. Vi scorro la lingua intingendomi di umida carne, la cucio col filo per raggiungerti. L'attesa non è un dire indefinito.


Pubblicata su FB. 13 / 6 / 2021 

277



- Glam -

La vita tribola sulla cupola di zolfo, capocchia, spillo senza aver avuto l'impressione che ci siano ingerenze s'inchina a festa paesana. La posa fluttua sulla camicia al banco del pesce poco fosforo. Da li, la strada segna il vocalizzo della tragedia pop. L'impegno fuori misura ripara il non volere tranne il dibattito, caparra insoluta. Nel tramestio di gente indosso il ciglio della mantella ricoprendomi di veri bisogni. Soddisfo i calzoni chiari dalla paternità disunità del non detto. L'antipluvio dietro il ringhio spiuma dal gasolio privando il prezzo nella norma. L'avvenire inchioda l'orda del capire svicola nella prateria la tasca del comando, apre chiude l'inverno, fisarmonica d'un portone col telecomando. Tu dimmi se rimani batti il colpo, quando sull'opuscolo il desiderio si esprime tutto tondo, a grandi passi le labbra sono il bene che ci concepisce. L'oro zecchino scivola senza un perchè i nodi non giungono al pettine. Se la vita dicesse non sono per te, mi rivolterei a chiaviastello nella toppa dell'aurora.





venerdì 9 dicembre 2016

276



 - Chatouche -

Mi siedo davanti alla vetrina di fatti reali, nella lampada decò scorre il groviglio a cascata di capelli luminosi. La Musa muove nel cestello il ghiaccio aggrovigliato ipnotizzata dal sufi s'inginocchia sul bordo del tappetino. In direzione della rosa dei venti il dondolio a Cipolla d'oro regge il mare che si unisce al cielo. Divido la doppia identità nei bruchi ad intermittenza ridisegno l'orizzonte. Sul pianto qualche foglia è bava che striscia color argento dalle tenebre. Fingo la caduta rimango nell'equilibrio. Ad alta quota il fiordo di neuroni maestra di vetture con le sinapsi accende i fari a dinamite. Oltre la barriera riecheggiano di tumulto soprastante. Le slot machine a verticale d'ebrezza sono la minuscola elucubrazione. Le sentinelle sorvegliano. Il destino a pag. 302 del romanzo vede i rapinatori fuggire saltando il muro dai seni avizziti. Con le armi in pugno intrattengo il lume del caffè nella moka. Sul tavolo bambù e panno strofinano macchie solari. E' bella la mostra di sè. La pelle nero verosimile al portafogli cui tengo le banconote in fila indiana sfila. Pago il conto del ristorante, ci ripenso lo pago col tocco di fumo con cui apro la carta stagnola. L'orrore per tutti è la sagoma delle spalle armate. 

domenica 4 dicembre 2016

275


- Fine-

Le spille ti reggono i capelli lo spatitraffico ad aureola di calore galleggia al finire dell'architettura. La pupilla non ammette toni stanchi dall'odore scarso. Livree sul fiume rincorrono il mare, l'osso smosso dell'isola in noi ha il passato che ci esclude. Sopra la pelle l'intima fiaba fora l'attraversamento dei pensieri. Predico il viaggio con lo straccio implume sul molo, ribalti il diniego, al ritorno lego la cerniera ai pioli. Accendi le ali al pellicano di contrasti spazi per una sciabolata di cosmesi, la bava della tela ad occhio piange in noi. Frusto l'intima speranza nel livido dell'estensione, la preghiera che recito cola sulla testa di Dio parte di crocicchio sulla carne. Di gioia non ci si consuma. Attendo la memoria con le ciglia lunghe da prima donna, amo i tuoi occhi quando dentro c'è il mio lieto fine.

sabato 3 dicembre 2016

274


 - Flàneur -

La voce dell'aldilà ripetuta sino a diventare fatto è il canovaccio attraverso cui ti auguro l'amarezza. Le sigarette nella manica dell'inverno alla fiera delle vanità gridano lo scompiglio, rappresentano il sogno calpestato dalla voce della creazione. Il quarto di notte si sviluppa nel tranquillo e sereno fine settimana. Se ti vedo ti sento, nel caso tu sia priva di passione, cammino sulle vibrisse della voce, se non fosse possibile, senza clamore pubblicità di sorta, entro nella presenza che non c'è. Per sicurezza trasporto il tuo busto in marmo sotto l'ascella invisibile. Il collo odora di arte erotica profuma ancora infinitamente di baci su tutti i vestiti dentro cui tutti guardano: nessuno vede. La frequenza della serpe sullo sterrato è innocua, l'acquitrino sfuma la preda nuda negli artigli dell'aquila.


Pubblicata FB 13 / 6 / 2021