sabato 30 aprile 2016

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 - Nembo Kid -

 Desolante il braccio di sole che triste sull'autostrada di paglia, rende turbinio le schegge. Damascate dal profumo di santi sono appese bagnate tridimensionali. Sul kilim color del sangue cammino vento riarso di mediorientale. L'autofficina ponte di cavalletti in legno espone il cesto d'uva. Il crick leva lo sguardo da terra di siena sugli acini innovativi, rovescia gli occhi dietro le lenti. Nel fuoco la vetrina libra i sogni impilati uno alla volta nel decollo. Il marmo in disuso è calpestato, crinale di faggeto che si ingioiella di cianfrusaglie. Il topos riceve la telefonata che fissa l'appuntamento in prima classe sul carro di buoi e vergini. Vivo astronomo dai cieli interiori levo il geko, l'ombra la incollo sulla schiena del morto. Dalla botte scorre il vino salmastro, quando il vortice dichiara la sua assenza chi muove l'orario fissa per del tempo il pendio. Sul greto del sottobosco pagine di libri spinte dai venti s'infilano a miriadi in coltelli di roccia. Fiuto la polvere: danaro che consuma glicine. Dal cuore scompaio risolto in un nembo ghiacciato con la forza di un personaggio reale. 
 

giovedì 28 aprile 2016

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 -  Il lupo grigio -

E' un film per educande edule parlato nel femmineo. La talea che rischiara nuota nel branco stilistico allo stato brado corpi filamentosi reggono la luce nell'acqua. L'educazione spiace segue l'edituo al tempo. Immola il palato, risorge dietro nubi infuocate al mosaico superbo. Nell'igiene la falsa greppia scesa dai monti impedisce la scoperta. L'ululato è ostile al miracolo chitarre acustiche di suono mavi. La vendetta ha nuvolosità nuziali in perpetua reazione dal tetto. Guardo Dio. Colma il mondo così l'anima nell'uomo.  


( IAP )

mercoledì 27 aprile 2016

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 - Panavision -

Rinnego a palpiti musicali le volontà emendate, spodesto l'app, illumino ogni giardino abbarbicato all'mmobile. L'incedere a tacco alto del semaforo è opinione dell'incrocio indossa un loden acquistato in periferia a Bordeaux secoli fa. Collant neri viso impalato la monotona espressione bacia il mondo solito circuito auricolare. Sboccia frettoloso la circonferenza fahrenheit stilla per tutti raggi laser nell'acqua s'innesta sferica sul volo. L'usignolo corvino è solista autore che rulla sospeso. L'ombra di lucore corteccia di leopardo luccica rose colmano l'abisso degli amanti. Noi non sappiamo ma veniamo a scarpe nude cuciti nell'occhio seppia che passa per la luna, la serpe striscia precia come mantra. Bisogna pur dire qualcosa all'oro. Con zampa felina apro la porta in fessura, fiero, di glorie nei mazzi sfocati di fiori. Seguo l'assolo rap governa l'acerbo che prende. Indossato è indice di parsimonia al sacco colmo di ennesime bugie.

( Ph )




martedì 26 aprile 2016

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 - L'ora della siesta -

E' un pallido giogo decostruito sulle rive del morire. Voci dalla strada sono frammenti d'epopee che limano cantici lunari, per noi. L'ancella accurata distribuisce itinerari non commuove. Spighe frutto penne dell'addio decollano sull'unicorno. A sella sgualcita, il ramarro libera la velocità sulla pietra. Nel profondo flut lego civette dialetto e bevo. Al ramo di fumo libero nebbie incombuste, battezzo grappoli d'uva sanata. Le piaghe telluriche al party girocollo sono sopralluogo al cashmere che dipinge vie notturne. In regia la difesa a zona regge la brughiera legata all'onda porta biciclette. Per me è l'ora della siesta.


( B.d'A. )

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 - L'indipendente -


Passeggiava oggi la manica diveniva moda nello spirito fiacco che arricchisce. L'unità astronomica di collette abrase contorse comete su tracce di Gesù nuovo. La fortuna ammise frasi che sarebbero state vetta su labbra d'acciaio. Nonostante fosse palese i partecipanti con dialettica il talento per chi partecipava lo videro cateratte tolte dal binario. Con la frazione anziana a braccio teso il Guru del partito limò corna cellophane infilandosi il cappello. Indossava la mantellina, guanti per affrontare venti geometrici. Lo scolaretto tifone grattava sul muro della città la discesa alpina attraverso cui sarebbe salito sull'Olimpo degli dei. Di nuovo il coro con la postura a trionfo salì sul grafico. 

lunedì 25 aprile 2016

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- Beau Geste -

Non è il caso dire due più due fa quattro e benedire terra. L'amore cavicchio detonante, sparge tessuti d'invisibile organza. Anima legnosa serra i fori all'angelo psicopompo. L'inferiata intessuta è preda soave, la luce di foreste primitive. Mezza libra di piume in dollari si riversano sul selciato poichè la diversità richiede ciò che non è acquistabile al mercato di campane religiose. Come quando in mare a ragione tiri il freno di stazionamento del mortaio: la limpidità tutto ricompone. L'effrazione è l'idea comune, vive piena di trappole nel consunto clacson. Schiero la linea di metà carpo sulla modernità, e aspetto l'umidità, favorisca la metanoia. Nel frattempo asciugai, mixavo superfici prossime, movente di ogni delitto. Mi richiudo in botte come ad agire su sentimenti friabili, aspetto l'alba raggomitolato.   

169


- Hollywood Party -

Il miracolo senza biglietto, nel sottotetto l'incanto si appollaiò sull'involtino primavera. Il baffo d'autunno compose la sera sull'immagine ritagliata nel domani. Avvolti in banconote di grosso taglio, sacerdoti in dote sfilano nel rame, l'anima è filigrana. Dal corteo al sole agli occhiali i capelli cotonati sollevati son sparsi al vento. Nubi abbottonate a farfalle, iene, complimenti, sguscia l'equilibrio in appendice, lo slogan istruisce i debiti del piumaggio. Pattina negli occhi il dorato, ricordi gioiosi mai vissuti mai condivisi. I flutti di religione color salmastro, un leone e l'omelia s'interrompe in tre minuti di pubblicità. L'ombra inmaglia bianca a conto terzi, non è un assaggio. Dio in sella trasporta il non incluso sul divano delle gradinate. Il profeta degli eventi annuncia sul tavolo l'insalata Greca pronta per la salvezza.

*( S.I. p. mal. ) 

domenica 24 aprile 2016

168

 
 - Capital -

Il giorno di panni sparsi riordina il monte, accumula bisacce nel conto e vende. Il destriero impiccato sul cornicione a cravatte, muove le corna inciampa sul molo cremato. Inclina la testa in movimenti meccanici dà il via a passi fluttuanti dentro fuori il confine ebbro di salse. La spilla rude boy sul collo di camicia serpeggia negli sguardi vacanzieri. Raggi singolari che ammiccano il crinale dell'iceberg, a biella rovente oltrepassano il petalo glabri tra brine e coca-cola la scritta withe pride è inequivocabile. Volti pelati ridisegnano l'orizzonte legano lo sguardo dal sole ai piedi, la marcia è mela tenue sulla fronte snebbiata. Lo sguardo sfugge alle intemperie mostra il falso passaporto macchiato tra le dita. Pochi minuti all'apertura dei colori primari il samovar legato sul muro lilla sbuffa fischi da treno merci. La specchiera di mattoni antichi in polvere da pochi metri quadri, agli incroci ventila e slaccia il foulard da cow boy. Cappelli a parabola volano dal secondo piano. Firmo controfigure sul gesso di rotondità da emicrania e lo smottamento lo dichiaro calibrato; stanco di ottimismo sgretolo la pioggia in bolle sul marmo. Col bel tempo porterò con me ogni capitale sociale.




* ( dec. P. m. )

167

 -Star struck -

Tra il volto secolare e la carpa il castello carminio promontorio. Il collare d'avorio dichiara le fiabe, disegna gli orpelli. Sul sentiero pavimenti a pioli, il mulo da soma parcheggia imbottito di lingotti traccia linee di confine. Il seggio su cui si animano penne di pavone, ricamano la ruota dei giudizi. Trasformo, scavo, bevo limoncello all'ombra del masso circolare. Gli ulivi sul cranio, gli immobili a maschere maestose, divergono a piede di porco in fiori da diporto. Dalla cruna la mano, la tramontana si veste di nuovo. In zona Cesarini nonostante i biglietti interviene l'occhio divelto. Scivola il cormorano nerboruto con le catene da neve sull'arcipelago dei muti. Inghiotte il viola fuma l'avvallo colma il mare di medio termine. Nel cesto cala la marea dalla finestra regalandomi la conchiglia a forma di donna. L'arco di silenzio agita l'abisso pece sulla criniera. La festa che porto a rotazione è una bella giornata inarcata sul diverbio. Filtrata dal sole germoglia l'anatema.