giovedì 29 maggio 2014

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 Polmoni famelici di fisarmonica francese


La tenda dell'albume designò il buio pesto inumato di filosofie culturali; giocherellando con gli anelli sulle barre nonostante l'autopsia amoreggiasse col triangolo scaleno; introiettò la scogliosi al parco che rispose al trillo, del cellulare rimestando il pieno di gasolio sul gelato; avvinghiando la lingua nel giro della morte; filo culturista rispondendo a coloro i quali senza nubi divagavano, puntando al dorso non più sodo; seppure urbano qualcuno asserì d'esser desto sebbene nel sottopasso venisse alla mente lo scritto di Dos Passos; con l'ascella giapponese di gravità suggestiva infreddolita dal Fujiama quando aprì la finestra legò lenzuola bianche a nodi marinati; al calar di piume al fresco inchiostro e sangue vorticarono nel giardino do, fa, diesis; come un frutto alato in volo, distaccando gli occhi per porgerli sulla mano come orbite universali.

domenica 25 maggio 2014

59


 L'innocente sorveglia il brillante col cappello


Il somaro legato alla chiesa bicolore; spinge la palla al sole rotolante sulla schiena della brughiera; vestita in lino da cui traspare la storia dell'andatura; cieca al cane sotto la pensilina uggiosa; il quale crede d'aver convinto gli altri d'essere un genere superiore; dal drappeggio al collo fissato da uno schiaffo; manrovescio artistico a forma di nuraghe; con l'olfatto dell'orfano sull'impalcatura; che fuma il narghilè trafugato al festival di strass estivi; e chi promuove Dio e chi il gallo con gli spruzzi neri che fuoriescono da tergo; mentre il cartello è coperto dal fiume assiepato; nel verde che non promuove la croce bianca tra le tubature; dai rumori che puoi sentire: è l'animo della retina manufatto in marmo che galleggia sull'occhio pieno d'acque; mentre il gatto col cartello - acceso - appeso al dorso  pare non sopporti nè le porte nè le finestre chiuse.  

domenica 18 maggio 2014

58


 Che siano trasportate le magmatiche pinze a dita altrui


In questo loculo d'albero incartapecorito dove s'incarta il mondo; a bolle esagonali simili a formule dell'occhio; prelevate dall'eccesso d'un numero vincente; stampato a mosse dentro cubi d'avvenimenti anormali; senza maniche, digrignando l'effetto da suola di pagine assolate; irrorate dalla penombra a lastre color mogano per accostarsi al canto scaturito da meccanismi lineari; da cui  escono banconote a triplice senso infiorato di gherigli sulla manica di scheletri in fila; grassi, magri, storpi, con un pianeta reteante dietro l'ugola; una foto appuntata sulla costola appuntita per riconoscenza; come quando la carne ricopriva il letto al fiume; in equilibrio sul filo puntellato di formule tematiche; di falò luminosi vestiti di bianco che ondeggiavano e chi sfoggiava un tailleur; chi l'etichetta della pistola brasa sulla primavera; chi schioccava le nervature in superficie sempre un mese dopo aver cancellato l'errore sulle acque; oppure i miracoli li cuce ancora col profumo sospetto sui discorsi catalogando le mediocrità; ma con la gomma da direttrice, sono in buona compagnia nella mia fossa privata; posso uccidere o riinverdire chiunque col cuscino che mi sostiene il capo supino e la lapide a bandiera da idolo in frantumi. Mentre il vento spazza spezzando ogni cosa.

sabato 10 maggio 2014

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Lo scafandro da cui l'uomo disegna i solchi 

L'odor di tremetina dalla chiesa rifrescata; nel bidone rovesciando il canale tramortendolo d'asciutto; con le doppie selle di lambrette che sull'arcata ci parcheggiano; a minuscoli punti rosa che dall'alto il volto del contadino scaccia; tormentando le pioggie bianche accumulando il danaro dalle gemme; rincasando chi tiene tra le mani il collare borchiato dal frastuono del velivolo dentale; scambiato per l'uccello che non migra sulle vette cinguettando tra le nebbie: disorientando i tempi dell'inverno; al sudore del telaio che ne assorbe i venti caldi; mentre l'oco allunga il collo per l'affondo; il profumo si fa unica traccia di una presenza; parando le ginocchia dai calzoni corti; al limite di una ripartizione della sera che divide i colori primari dell'insegna; la quale è spenta e le donnole travasano nei pertugi la lamiera: le segue un faro testimone acceso. La musa che di spalle canta la cornice dell'orecchio; che tribolando l'auricolare via da me, mi bacia come fanno le cellule divenute icone nell'applicarsi di pigmenti al muro dell'idea; e rifiato nelle guance. Con la catena nel sacchetto con cui rigetto il mare limpido che tracima; dalle tasche piene di occhiali per non vedenti.

mercoledì 7 maggio 2014

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 Col passo le infinite querce vestite di tutto punto non esclamano


Le rondelle rubizze e forestiere, dalle proprie intenzioni, fuoriescono ardendo il tempo lento in legno tra tasche spente e menti unti; sull'ostensorio carico di sviste incombe col taschino la mammella che per quintali messaggia a sguardi distribuiti; algebrici nella formula i quali discendono dietro pagine di foglie; innervate dall'accompagnamento portato e posizionato. Sulla vetta monca il vetro zigrinato è la crepa del vassoio che chiunque afferra; adunco annunciando di superbia l'allungo orlato; damascato odoroso che il potere defiscalizzato dall'arciere sia; quinto al tavolino seduto per un drink; tramezzini alla maionese ingoiati dalla notte acciotolata; stavano sopra il cane nel rimorchio, addormentato e imbastardito dalle plurime volte scintillanti; implumi nonostante siano ognuna traccia ai fianchi d'una pallottola sempre accesa. Che diventa bossolo. 

lunedì 5 maggio 2014

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 Fluttuano acque d'oro per miopi nei cant: previdenti col pentagramma in mano


L'acqua imita il raggio di luce convertendosi in rami secchi; recisi dalle forbici il rincuorato pollice anima l'ustione spellandosi nel riff; contattando radici presso altri rami cementandoli nello sfoderare l'abbaiare folkloristico; verso il fiume: chi ricama baci sul battello, chi linee  torte lavorando in lingua la gomena frustando fronti, nicchia in darsena dove si contraggono sudori incerti dall'amante; incarto il gorgoglio in ogni grado ponendolo sui gradini tra un mazzo; di grano duro e denti estratti;  per marcare il territorio di girasoli: vendonsi pianeti; talmente finti che le celle dell'alveare stanno sotto il mento a parecchi debiti: friabili sulle dita rinfrescate dall'architettura dell'argano; la smorfia d'uno scuoiato diparte sul terzo binario, ha l'estraneità dell'opera morta sotto l'occhio di una cubatura;  funghi disarmati su cui si scivola, ridono di qualsiasi resistenza alla morte; che viene incisa e con cui distruggi l'irrisoluto direttamente; intravedendo il promontorio tinto porpora, che danza sul cespuglio di velluto verde e le lampadine dell'altare spente. Inquadrate da occhi vispi.