martedì 28 maggio 2013

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 L'asprezza perturbante

Quando schiaccio l'insetto sulla tavola durante l'esperimento mi rimane il blu colore predominante, lapislazulo cruento macchia che circola dal sudore al sole sin sulla visiera. Endocrina e mansueta batte come una scacchiera nuova, diverse gradazioni guglie dalle quali sbucano rovi, cespugli, dal risparmio antico, di là i tetti. E' innegabile di quel vaso comunicante la galleria è parabola anomala.  Dal pollice col ditale regolo l'abbeverarsi al verde rame oppure all'ottone pomello a forma di cipolla il quale, per quanto boa nei riferimenti diagonali indaga il degrado sulle onde multietniche dello sparo al buio. Da un'ennesima scacchiera in quell'albero dall'alto fusto, attraverso il riquadro nero, mentre ombreggia il bianco spada  nell'impeto che trafigge il ragionamento incline allo scoglio.  



domenica 12 maggio 2013

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 L'idiota nell'orbita del cappio ellenico


brillò il sole, fulgido dalle succinte vette. Le vedemmo, col chiodo infisso nella roccia che passava con l'aritmetico rumore. Ancorato dalla braga nera al volatile. Sui coppi in vetro, che si librava. Trascolorando. Dal grigio, poi nel verde, e nell' azzurro andando, verso il treno per sferragliare in bocca. Illuminando. L'intestino del mare appuntato e scoperchiato di cupole dall'elmo ellenico. Raggrinzito. Girato dalle ruote del mulino. Nel volare cadendo in una scheggia ruzzolante, infilata nel manico del secchio. A metà, della via scoscesa. Sulla corsa verticale dentro il pozzo. Circondato da mattoni in secca. Brandendo, da una parte il cielo e dall'altra gli occhi vuoti.

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 La carrucola dal trillo lenticolare

La notte nacque dal violino sul pull over  transitava fluente sulla chiatta oscura. In quell'ora zeppa i fiori duri rilasciavano suoni parcheggiati ai bordi della piscina azzurra, col mosaico insonorizzavo i viandanti nudi e pieni. Limacciosi limati dal legno mercuriale, segaligni, mummificati, provenivano ventilati dalle lune d'oro all'alluce. Col respiro argento le polveri magnetizzate sul rivolo della linea obliqua vegliano la rottamazione. Separa Giove alla saldatura in ombra del treno. Le danze irrise al limite della gonna a balze schioccano al ritmo del fulmine sui capelli uno ad uno per poi infilarli nella cruna. Cucio con ago filo i paesaggi dal gocciante luccicore. Al nord spalanco la pulizia etnica presso il Caucaso castigo le correnti ascensionali tra gorghi e piazze colme di cadaveri dai denti in fiore.